venerdì 10 gennaio 2020

Quello che non conosciamo ci fa paura.

Partiamo da un dato di fatto, se non conosciamo una cosa, soprattutto se si tratta di qualcosa di complicato, dal meccanismo difficile da comprendere o che ottiene risultati inaspettati, ne siamo diffidenti. Se poi questa cosa potenzialmente interviene sui meccanismi della salute o della vita di tutti noi possiamo arrivare ad averne paura. Quando non avevamo confidenza con l'aereo, la paura di volare era comunissima, ora molto di meno ma presente, volare è poco "umano", è un eccezionale risultato dell'ingegno ma innaturale, contro le nostre leggi fisiologiche, per questo in molti ne hanno diffidenza anche se, dati alla mano, si tratta forse del più sicuro mezzo di trasporto esistente. Succede per molte cose della medicina. Finché non ci abituiamo a una tecnica o un farmaco ne siamo diffidenti. È successo per ogni scoperta e innovazione, anche per le più incredibili. Le teorie del complotto nascono proprio per questo, un argomento che non è alla nostra portata (per cultura, formazione, per facilità di comprensione) è misterioso e cerchiamo spiegazioni alternative, complicate, per spiegarlo, non possiamo crederlo possibile.

Nel 1900 l'elettricità fu una vera e propria rivoluzione, soprattutto quando arrivò nelle città e nelle case. Vedere che premendo un pulsante sul muro riuscivamo a illuminare una stanza che fino a quel giorno era stata appena schiarita, tra fumi e cattivi odori da una candela o un lumino a petrolio, sembrava una magia. Ancora più incredibile quando apparvero i fili per le strade. Quei cavi che trasportavano energia elettrica da una casa all'altra, da un punto all'altro della città, facevano paura. Quale diavoleria scorrerà dentro quei cavi? Quale sortilegio permetteva di accendere una lampadina a chilometri di distanza? Cosa era quella misteriosa energia, quel fluido magico? Sarà pericoloso? Avranno ragione quelli che dicono che trasporta il male e che ci uccide lentamente? A nulla valevano i discorsi tecnici degli scienziati, quei professoroni che pontificavano dalle loro cattedre, tanto erano i cittadini, i più poveri, che vedevano penzolare sulle loro teste, quei minacciosi cavi elettrici tenuti in piedi solo da travi di legno.

Finché arrivò il giorno nel quale tutte le paure e le ansie si materializzarono.
D'altronde qualcuno aveva avvertito. Si diceva che i cavi trasportassero un'energia mortale, che poteva uccidere un uomo a distanza e che, anche se non uccideva subito, lo faceva ammalare.
La potenza di quella energia era stata usata a scopo dimostrativo su un cavallo che, toccato da un cavo, crollò al suolo immediatamente, morto. Era la prova che quello era il male, non una cosa benefica.
Come poteva essere quindi utile una cosa del genere?

L'11 ottobre 1889 a Buffalo, nello stato americano di New York, un autista della Western Union, John Feeks, stava lavorando su dei cavi telegrafici di una linea delle strade di Manhattan, in quel momento affollatissime, quando afferrò con una mano un cavo poco distante. Fu investito da una potente scarica elettrica, morì all'istante, folgorato e il suo corpo restò per più di un'ora penzolante tra scintille, fumo e scariche elettriche con il pubblico inorridito per quello spettacolo terribile.
Questo fu un episodio che scatenò ulteriormente le paure dei cittadini, finì su tutti i giornali e pure molte autorità iniziarono a diffidare delle linee elettriche.
I quotidiani titolavano: "I pericoli delle linee elettriche", diffidando le compagnie elettriche e spaventando ulteriormente i cittadini. Ci fu chi chiese l'arresto per "omicidio colposo" dei responsabili della compagnia elettrica che gestiva la linea coinvolta nell'incidente e si parlò a quel punto di "panico da cavo elettrico".
Le persone evitavano accuratamente di passare o camminare sotto i cavi. Molti cittadini evitavano di accendere le luci, altri arrivarono a rinunciare all'allacciamento elettrico. Quella nuova energia preoccupava tutti.
I media d'altronde non aiutavano.

Il quotidiano di New Orleans The Times-Picayune scrisse: "La morte non si ferma sull'ingresso di casa ma entra diritta dentro e basta aprire una porta o accendere il gas per morire". La popolazione era talmente allarmata che si susseguivano dibattiti sui giornali e qualcuno cercò pure di approfittarsene, come lo stesso Thomas Edison (uno degli imprenditori più noti, famoso per la produzione delle prime lampadine) che suggeriva di usare la corrente continua (DC) e non quella alternata (AC) che era usata ai tempi (ma lui era proprietario del sistema che la distribuiva, quindi non proprio disinteressato). Edison suggerì anche di abbassare il voltaggio delle linee elettriche e sconsigliò di mettere i cavi sotterranei al posto di quelli aerei perché il pericolo sarebbe solo "nascosto" alla vista. George Westinghouse, industriale, proprietario di molte linee elettriche delle più grandi città americane (che invece usavano proprio la corrente alternata fece presente che in confronto alle 5 vittime folgorate nell'ultimo anno, ci furono 87 morti da incidenti d'auto e esplosioni di gas. I due erano concorrenti anche sul mercato e quindi si parlò di "guerra delle correnti" perché ognuno sembrava pensare più ai propri affari che alla sicurezza del cittadino.

Il panico, anche per questa confusione, restò identico e le compagnie erano impegnate a risolvere decine di richieste per risarcimento danni causati dalle linee elettriche.
Nacquero anche i movimenti anti elettricità (proprio come i nostrani "no vax" o quelli "anti 5G") che chiedevano di fermare quell'energia omicida e di salvaguardare la salute del cittadino e si basavano quasi esclusivamente sulla paura e sul disorientamento causato dalla novità. Usavano a questo scopo propaganda, manifesti e spazi sui giornali, avvertendo la popolazione di diffidare di quella strana energia omicida e dannosa.

Uno dei manifesti di propaganda anti-elettricità: l'energia che uccide. Siamo nel 1890 circa.

Fu solo il tempo (e gli accordi tra compagnie elettriche) a far passare la questione in secondo piano, progressivamente l'elettricità arrivò in tutte le case, alimentava industrie e aziende, permetteva il funzionamento di mezzi di trasporto, frigoriferi, servizi e negozi e diventò normale, parte integrante della nostra vita di tutti i giorni. Diventò addirittura utile, fondamentale, anche per la salute. Permetteva infatti una buona conservazione dei cibi, l'eliminazione di batteri, infezioni, muffe, si rinfrescava l'acqua, si illuminava e riscaldava la casa, si avevano a disposizione strumenti e utensili utilissimi e mai visti.
Ecco come una delle scoperte e applicazioni della scienza più utili, diffuse e fondamentali sia stata, inizialmente, oggetto di paura e diffidenza.
Certo, eravamo agli albori, tecnicamente c'era tanta strada da fare, mancava esperienza, forse progresso e qualche conoscenza in più ma non era l'energia ad essere pericolosa, era (ed è), come sempre, l'uso che se ne fa.
Questo vale per tutto: farmaci, vaccini, chirurgia, alimenti. Non c'è un pericolo di morte assoluto in qualsiasi cosa o azione, il pericolo si trasforma e si crea quando una cosa la usiamo male. Le stesse armi non sono "cattive" (casomai è chi le usa per fare del male ad esserlo) ma possono essere un mezzo di difesa o di caccia (quando ce n'era bisogno). Così le medicine: sono utilissime ma dobbiamo saperle usare, averne paura a prescindere è segno di ignoranza e chiusura mentale.

I farmaci sono sostanze molto potenti. Possiamo usarle per avvelenarci o per curarci da malattie gravi. Le scie di condensazione che lasciano gli aerei in cielo, se non le conosciamo, le chiamiamo "scie chimiche", i satelliti artificiali che ci aiutano a comunicare, se non li conosciamo, non li capiamo, li chiamiamo "UFO, oggetti volanti non identificati", abbiamo paura di quello che non conosciamo. Per essere ancora più precisi, la paura sorge dalla nostra immaginazione. Non conoscendo qualcosa ne immaginiamo le conseguenze, l'evoluzione, gli effetti e, ovviamente, li immagineremo in base alle poche notizie che abbiamo. Saranno così le "voci" incontrollate, le notizie sul giornale, su internet, quello che dicono i nostri conoscenti a condizionare la nostra immaginazione e quindi la paura e la diffidenza.
Per questo, il modo migliore per affrontare le novità, è provare a conoscerle in prima persona, informarsi personalmente, rivolgersi a persone di cui ci fidiamo e di competenza.
Lo studio, la ricerca ed il progresso ci servono proprio a non aver paura.

Abbiamo anche un esempio curioso e di casa nostra di fobia dell'elettricità, un frammento del grande romanzo di Giovanni Verga, i Malavoglia:
"Il mondo è pieno di guai, chi ne ha pochi e chi ne ha assai», e quelli che stavano fuori nel cortile guardavano il cielo, perché un’altra pioggerella ci sarebbe voluta come il pane. Padron Cipolla lo sapeva lui perché non pioveva più come prima. - Non piove più perché hanno messo quel maledetto filo del telegrafo, che si tira tutta la pioggia, e se la porta via.
Compare Mangiacarrubbe allora, e Tino Piedipapera, rimasero a bocca aperta, perché giusto sulla strada di Trezza c’erano i pali del telegrafo; ma siccome don Silvestro cominciava a ridere, e a fare ah! ah! ah! come una gallina, padron Cipolla si alzò dal muricciuolo, infuriato, e se la prese con gli ignoranti, che avevano le orecchie lunghe come gli asini. - Che non lo sapevano che il telegrafo portava le notizie da un luogo all’altro; questo succedeva perché dentro il filo ci era un certo succo come nel tralcio della vite, e allo stesso modo si tirava la pioggia dalle nuvole, e se la portava lontano, dove ce n’era più di bisogno; potevano andare a domandarlo allo speziale che l’aveva detta; e per questo ci avevano messa la legge che chi rompe il filo del telegrafo va in prigione.
Allora anche don Silvestro non seppe più che dire, e si mise la lingua in tasca. - Santi del Paradiso! Si avrebbero a tagliarli tutti quei pali del telegrafo, e buttarli nel fuoco! incominciò compare Zuppiddu, ma nessuno gli dava retta, e guardavano nell’orto, per mutar discorso."
Giovanni Verga. I Malavoglia, 1881

Proviamo quindi, se ci troviamo di fronte a una novità o un nuovo passo del progresso, a non averne paura a prescindere ma a studiarlo, capirlo, documentarci. Potrebbe esserci utile e potrebbe rappresentare, persino, un balzo avanti nel progresso per l'intera umanità.

Alla prossima.