martedì 9 ottobre 2018

Gli ultimi cinque giorni di Riley.

Facendo un lavoro che a volte ti mette a contatto con la sofferenza e la morte, ogni volta che leggo qualcuno minimizzare gli effetti delle malattie o la realtà di certe sofferenze cerco di giustificarne il comportamento.

Nella mia vita ho "ovviamente" visto di tutto. Madri perdere i loro figli e figli perdere le loro madri. Non ti abitui mai, nemmeno se è una cosa che ti aspettavi. Devo dire che, da quando sono diventato genitore anche io, non riesco a resistere davanti alla sofferenza di un figlio che perde uno dei genitori, è un dolore molto forte che, da padre, non riesco a razionalizzare.
Ma sono quelle cose che fanno parte del lavoro che faccio, si va avanti e si continua.
Per questo quando sento persone che dicono che "di morbillo non è morto nessuno" o "le malattie esantematiche sono poca cosa" resto stupito ma poi mi rendo conto che finché da certe cose non ci passi sembra che non possano toccarti mai.

Ho sempre detto che i virus o i batteri non scelgono secondo la simpatia di ognuno di noi o perché siamo alti o bassi, vanno a caso, è il loro destino. Colpiscono chi capita. Spesso fanno male, a volte addirittura uccidono.
Per questo sostengo che impedire che queste sofferenze avvengano è un dovere per tutti, soprattutto per chi ha la responsabilità, come dei genitori, di bambini piccoli che non possono scegliere. Come possiamo proteggerci da queste malattie?
Oggi abbiamo la possibilità di farlo in due modi.
Vaccinandoci e vaccinando i nostri figli. C'è una piccola finestra nella quale non è possibile (sono troppo piccoli) vaccinare i bambini, può farlo la madre in gravidanza. Nel periodo della gestazione è infatti indicato vaccinarsi per l'influenza e per difterite, tetano, pertosse (con il vaccino acellulare). Proteggeremo nostro figlio appena nato.

Quando si parla di vaccini capisco perfettamente quei genitori che si fanno assalire da paure e fobie, perché la maggioranza dei genitori antivax sono semplicemente ansiosi, amano i loro figli come tutti i genitori ma si lasciano assalire dall'ansia instillata da furbetti e ciarlatani. Però non li capisco quando si intestardiscono nel trovare scuse per giustificarsi. Le malattie infettive sono pericolose per definizione. Possono causare disturbi seri quando va bene, possono diventare rischiose per la vita, possono uccidere.
Dipende da tante cose, poche controllabili o prevedibili. Può succedere a tutti, i virus e i batteri che colpiscono l'uomo sono fatti per contagiare, semplice.

Credo di essere cosciente di queste cose, non solo perché essendo un medico le ho studiate ma anche perché ho visto gli effetti devastanti di una rosolia in gravidanza o di una "banale" influenza sempre in gravidanza.
Perché ho visto il morbillo in un bambino e la pertosse in una bambina.
Per scelta e carattere non uso mai immagini impressionanti o storie strappalacrime, preferisco parlare di medicina spiegando in maniera razionale le cose ma qualche giorno fa mi sono imbattuto in una storia che inizialmente mi ha incuriosito, poi mi ha preoccupato e infine, con l'immagine finale, mi ha scioccato. Un pugno nello stomaco che vorrei arrivasse a quei genitori che fingono di credere alle malattie "buone" e gentili che non colpiranno mai i loro figli. Non ci sono malattie buone, non ci sono sofferenze "dovute" per i nostri bambini. Se è possibile prevenire una sofferenza abbiamo il dovere di farlo.
Per questo racconto questa storia e lo faccio anche perché lo hanno fatto i genitori di un bambino per sensibilizzare gli altri genitori.
Un ricordo della vicenda si trova anche su una pagina Facebook (che ha dei video impressionanti).
La storia mi ha colpito non per il finale, purtroppo comune a tante di queste storie ma per l'impatto dell'immagine che chiude la scena, che ho trovato incredibile, drammaticamente dura e forte.
Così non voglio girarci troppo attorno. Vi racconterò questa storia esattamente come l'ho appresa io, veloce, rapida. Non mi dilungherò con le parole, vi dirò quello che ha detto la mamma del piccolo.

È la storia di Riley Hughes, un neonato australiano, i cui genitori hanno deciso di raccontarne i primi giorni di vita.
Riley nasce a febbraio del 2015 a Perth, in Australia, in buona salute. Allattato dalla madre si mostra subito vivace e attivo.
Riley, due settimane dopo la nascita, con la sorellina.
Come ad ogni nuovo arrivo, la casa diventa una festa. Amici, parenti, tutti vogliono vedere Riley, che è veramente molto bello. Purtroppo il bambino, all'età di 27 giorni, inizia a stare male. Dorme più del solito e non si nutre bene.
I suoi genitori lo portano in ospedale. I medici iniziano degli esami e, a parte una leggera tosse ed uno stato un po' strano di quiete, il bambino non mostrava segni preoccupanti.
Riley viene quindi ricoverato per sicurezza e analisi più approfondite.

Il primo giorno di ricovero Riley mostrava una strana "stanchezza", dormiva molto e non si allattava come i primi giorni di vita. L'unica cosa che si evidenziava era una tosse insistente ma non tipica della pertosse.

Il secondo giorno di ricovero, i medici, vista la mancanza di altri dati, iniziarono a sospettare una pertosse atipica, la tosse era sempre più forte e Riley doveva essere nutrito a forza.


Al terzo giorno di ricovero le condizioni di Riley si fanno più serie. Nonostante non siano ancora pronti i risultati degli esami i medici sono quasi totalmente concordi nel parlare di pertosse. La situazione è difficile. Riley era troppo piccolo per essere vaccinato e la pertosse nei neonati può essere gravissima.


Le difficoltà respiratorie di Riley sono sempre più evidenti, sono necessarie terapie e lo stato di completo abbandono del bambino è chiaro. Trasferito in rianimazione, arrivano i risultati degli esami che confermano: è pertosse.

La mamma di Riley racconta un particolare da brividi. Il reparto di rianimazione è pieno di pubblicità di agenzie funebri per bambini e questo la fa entrare in uno stato di terrore e ansia incredibile.


Riley sta malissimo. I medici dicono di non nutrire molte speranze. Il papà gli canta la sua canzone preferita, in rianimazione cala il silenzio. Ormai gli organi del piccolo sono al collasso.


La sorella di Riley decora la piccola bara che contiene il corpo del neonato.


I genitori di Riley hanno espresso il desiderio di impegnarsi affinché queste cose non capitino ad altri bambini, ora sono coinvolti in iniziative di divulgazione, nelle quali spiegano l'importanza dei vaccini, soprattutto in gravidanza, che possono salvare tante vite, dalle sofferenze e dalla morte.
Così da rendere la morte di Riley, il loro neonato, utile a qualcuno.

Alla prossima.

***

"Nessun bambino o genitore deve passare attraverso questo dolore non necessario. Semplicemente non è giusto". Catherine Hughes, mamma di Riley.

La famiglia Hughes vuole essere sicura che la morte di Riley Hughes non sia stata inutile spiegando alle famiglie l'importanza della vaccinazione, cosa che hanno fatto collaborando con la Immunization Foundation of Australia per raccontare la storia di Riley sul Light for Riley Project.