giovedì 23 marzo 2023

Dico bugie ma lo faccio perché tanto nessuno controllerà. Come i media manipolano la realtà.

Ho spiegato già diverse volte come alcuni giornalisti e politici stiano cercando di riscrivere la realtà sulla pandemia Covid per motivi politici e personali. Raccontano di complotti e misteri mai avvenuti e che non hanno alcun riscontro oggettivo. Per ottenere una realtà che a loro fa comodo devono crearla, falsificarla, modificare parole, contesto e dati.

Vi ho già spiegato come si fa e oggi vi faccio vedere un esempio. Uno pratico, come si fa nei corsi.

È successo in una trasmissione televisiva, di quelle notoriamente "urlate", con un conduttore che sbraita e si sbraccia rumorosamente, che usa titoli a effetto, musiche da film giallo e frasi da scoop incredibile. La trasmissione va molto in voga negli ambienti novax perché insiste, in maniera paranoica, su presunti misteri, complotti, segreti e imbrogli dei politici della parte (chiaramente) avversa.

Che già questo sarebbe una scorrettezza. È giusto denunciare imbrogli di qualsiasi parte politica, perché alla fine chi ne paga le conseguenze è sempre il cittadino, specie quello in difficoltà. Inutile demolire la parte "avversaria" e santificare quella "amica", perché così si dice una bugia, doppiamente sporca perché si fa solo per convenienza, interesse personale.

Ma vediamo questo tipico trucco per manipolare la realtà. La trasmissione insiste sul fatto che le autorità sanitarie (AIFA in particolare, l'Agenzia italiana del farmaco) abbiano nascosto dati gravi sui vaccini antiCovid, abbiano negato e mascherato effetti collaterali pericolosi, eventi avversi, conseguenze dannose. Ovviamente nessuna prova, nessun dato chiaro o oggettivo ma solo mezze frasi, inquadrature misteriose, parti di discorsi. Niente di chiaro, tutto un po' confuso e fatto apposta per generare il dubbio. Come in questo caso.

Si mostra una parte di un foglio, con qualche riga evidenziata e un dito che ne segue il decorso.


Leggete la frase: “La probabilità di osservare un decesso in un anziano vaccinato da poco è elevata”.
Cosa capite? È una notizia normale o allarmante?

Ora leggete la frase: “Nei paesi europei ogni giorno si verificano migliaia di decessi che riguardano, in maggioranza, persone anziane. La probabilità di osservare un decesso in un anziano vaccinato da poco è, per questo, elevata e una eventuale responsabilità del vaccino può essere stabilita solo dopo aver escluso altre possibili cause attraverso opportuni accertamenti diagnostici”. Questa è la frase completa, non solo quella evidenziata ma tutta, senza tagli o sfuocature.

E questa seconda frase (che è il contesto della prima) cosa vi dice? È anche questa allarmante o rivela cose strane? Tranquillizza o allarma?

In pratica nel programma “Fuori dal coro”, esempio di giornalismo urlato, in mezzo alle solite musiche del terrore e immagini da complotto anni ’70, hanno parlato di presunti misteri e segreti dell’AIFA che avrebbe nascosto ai cittadini italiani grandi e gravi effetti collaterali dei vaccini. Se uno fa caso, le frasi riportate non dicono nulla. Il solito fumo negli occhi.
Prendi una parola, una frase, lasciala lì, lanciala tra le urla del conduttore e il mistero è servito. Però per capire questo sottile gioco psicologico bisogna essere preparati, svegli, consapevoli. Anche la frase che ho riportato fa parte di questa pesca al credulone. 
Se dico che la probabilità che muoia un anziano dopo la vaccinazione sia altissima sto dicendo una cosa grave, cioè i nostri anziani invece di essere protetti morirebbero come mosche, dopo aver fatto il (a questo punto pericolosissimo) vaccino e proprio questo ha urlato scandalizzato il conduttore della trasmissione, accusando i vertici sanitari del nostro paese di attentare alla vita degli anziani.

Ma la frase completa dice ben altro, anzi proprio l’opposto. Dice che visto che in Europa muoiono (ovviamente) molti anziani (in periodo Covid ancora di più) e che il fatto che tanti muoiano dopo aver fatto il vaccino è una cosa comprensibile, una possibilità per nulla allarmante, come ne muoiono tanti dopo aver fatto il bagno o una camminata e che, prima di legare le due cose, bisogna accertarsene, controllare. Insomma, quello che chiunque dotato di buon senso e normale intelligenza sa diventa un complotto segreto ai nostri danni. Nessun mistero né scandalo, nessun urlo scimmiesco.

Ovviamente così si tratta il pubblico come fosse una massa di stupidi che crede a qualsiasi cosa si dice. E un po’ è vero. Le persone meno critiche, spesso con scarse basi culturali o con disagio personale si allarmano e diventano complici di queste bugie. Ovviamente io posso solo spiegare come alcuni manipolano la realtà, non sta a me indagare, punire o iniziare a fare assumere le proprie responsabilità a chi diffonde notizie false, allarmanti o chiaramente terroristiche. E allora chiudiamo con le parole esatte contenute nel documento che avrebbe rilevato i gravissimi segreti dell’AIFA sui rischi della vaccinazione anti-Covid:

I dati di farmacovigilianza pervenuti in Italia fino a oggi non indicano l’opportunità di modificare le indicazioni di somministrazione dei vaccini approvati dato il favorevole bilancio tra il beneficio per i pazienti e il rischio di reazioni avverse anche nei soggetti anziani”.

La realtà è stata capovolta e venduta con altro significato, opposto a quello vero.

Capito come ci prendono in giro? Capito come si costruiscono le bufale? E questa bufala è stata poi ripresa da altri (politici, medici, novax) che, come un bufalaro qualsiasi, ha semplicemente diffuso una falsa notizia.

Alla prossima.

lunedì 20 marzo 2023

Ora va meglio.

Ora, tre anni fa.

Arrivai in ospedale chiamato in reperibilità. Sapevamo di un'epidemia e di una nuova malattia e facevamo ipotesi dei giorni che servivano perché passasse. Una settimana, meglio aspettare il picco, forse passerà basta aspettare altre due settimane, speriamo. Forse a fine mese.

Posteggiai nel parcheggio dell'ospedale, velocemente andai verso la porta e passai tra due camion che caricavano qualcosa. Erano salme. Sacchi con salme che non entravano in obitorio. Iniziai a capire. Ci avevano detto di non diffondere il panico. Chiedevano di non girare in ospedale con le mascherine perché le persone potevano spaventarsi. Ma tanto mascherine non ce n'erano e le poche rimaste si usavano per giorni. Avvenne pure che le rubassero, assieme ai flaconi di gel disinfettante. Erano finite anche le bare.
Si usavano i sacchi.

Cosa stava succedendo?


Sembrava un film ma ancora si pensava a qualcosa di passeggero, di breve durata ma ogni giorno era un colpo. Un pomeriggio vidi entrare un giovanissimo, forse 20 anni, intubato. Poi una ragazza, giovane, intubata anche lei.
"Strano - mi disse il collega anestesista - "in genere sono tutti uomini e anziani". "Il tipico vecchietto da bar". Così definivano gli anestesisti miei amici i pazienti più gravi: anziani, sovrappeso, fragili. Morivano in tanti, senza grandi speranze.

Mai vista una cosa del genere.
Due gravide in intensiva. Poi il primario di un altro reparto, morto.

E arrivò la notizia della sospensione delle sale operatorie. Scesi a vedere cosa fosse successo. Tutte le sale, otto, erano diventate stanze di terapia intensiva. Decine di persone intubate, a pancia in giù, sedate. Era un incubo ma bisognava viverlo. Tornavo a casa cambiandomi all'ingresso. Dormivo in una stanza isolato mentre su internet si leggeva di gente che non ci credeva, che parlava di finzione, esagerazione. Una cura segreta. Per qualcuno era tutto finto e i media esageravano ma la realtà era peggiore di quella che si vedeva in TV. La paura ti assaliva. Morivano amici, colleghi, uno, cinque. Dieci. E tanti erano davvero degli eroi, anche se la retorica dell'eroe non l'ho mai amata. Tanti si ammalavano, qualcuno guarito diceva che era stata dura, altri mancavano per settimane. Sentivi di amici morti, parenti che non ce l'avevano fatta. Un incubo? Forse. Poi arrivarono i vaccini. Improvvisamente crollarono i decessi. Ancora spaventati ma andava meglio. Chi si ammalava spesso ne usciva fuori. Non si parlava di morti ogni giorno e i colleghi tornavano al lavoro dopo la malattia.

Ora sembra tutto diverso.

E mentre tanti costruivano e aiutavano, emergeva la parte peggiore di noi. Quella che insultava, disprezzava, demoliva. Politici, giornalisti, medici, alcuni hanno mostrato il peggio di ciò che sa essere l'uomo. Non ci hanno aiutato, non hanno fatto niente per tutti gli altri. Anzi distruggevano, screditavano, aggredivano. Mentivano. Oggi qualcuno sui social diffonde il tag #ionondimentico. Non bisogna dimenticare chi ha fatto e chi ha ostacolato. Chi ha dato tutto per gli altri e chi, dagli altri, ha preso tutto, ha rubato speranza e forza. Oggi, la parte più brutta di noi c'è ancora e ancora distrugge, scredita, mente e aggredisce. Allora come oggi.
La parte più brutta di noi sta provando a riscrivere la storia, a piegarla a proprio uso e farne una revisione. E, proprio guardando a quei giorni, serve ricordare due cose su tutte. Chi ha lavorato per gli altri e gli altri che non ci sono più. Non perdiamo quello che di bello ci ha portati fino a qui.

La parte brutta di noi deve essere sommersa da quella buona. Che non parla ma lavora e aiuta come può, costruisce. Ci sono stati anche loro. Gli egoisti sono sempre esistiti. Ma non dimentichiamo che ci sono anche gli altruisti. Ci sono e ci saranno. E ci hanno aiutati in questo periodo assurdo e che nessuno avrebbe mai immaginato qualche anno fa. 

Non dimentichiamoli.


Il 30 gennaio 2020 i primi due casi di Covid-19 in Italia.
Al primo gennaio 2023: 25.143.705 contagiati, 184.642 deceduti. 379 medici morti.
Vaccinato circa l'86% della popolazione vaccinabile.

lunedì 6 marzo 2023

Ora MedBunker anche su Podcast.

 Ho creato un Podcast che raccoglie molti degli argomenti che ho trattato in questo blog. Per chi non lo sapesse il "podcast" è un racconto audio nel quale si possono ascoltare contenuti di vario tipo. E ne esistono di tanti tipi. Il mio, come al solito, è originale, nel senso che parlare di medicina e di "strane medicine" su internet resta anche dopo tanti anni una cosa "strana".

E quindi una prima serie di episodi, che si fermerà a 10. Se poi fosse il caso ne creerò un'altra.

Se vi piace il genere, buon ascolto!
S.


venerdì 15 luglio 2022

Meglio comprare i miei libri o essere ignoranti, poveri e senza casa?

In politica ma ormai anche nel dibattito pubblico, si usano spesso le “fallacie”, dei trucchi retorici che servono a sostenere le nostre opinioni. Sono scorrettezze, furbizie. Ne avevo parlato in passato riguardo le discussioni in medicina.

Una di queste è il “falso dilemma” (o fallacia della "falsa dicotomia"). Un esempio che riprendo dalle dichiarazioni sulla guerra in Ucraina ascoltate in questi giorni. Essendo argomento ormai di cronaca quotidiana è una buona fonte di esempi di logica e trucchi retorici.
Sostiene un opinionista in televisione che sarebbe conveniente “accontentare” la Russia, agevolare le mire di Putin in Ucraina, pur di evitare ulteriori scontri, allungare la guerra. Meglio accontentarlo e finirla qui che allungare la guerra provocando altro dolore e morte.
Per sostenere questa sua (curiosa) posizione l’opinionista fa un esempio. “Per un bambino meglio essere vivo in dittatura che morto sotto le bombe”, certo, condivisibile, anzi ovvio. Meglio un bambino vivo che vive in uno stato dittatoriale che però non per forza tratta male i cittadini o i bambini, che forse avrà sostentamento, alimenti, vestiti, divertimenti, scuola, molto meglio questo che morire bombardato per una guerra. Logico, quindi forse l’opinionista ha ragione, il suo discorso fila, è giusto.
Ma sono le uniche possibilità?
Cioè un bambino o vive in una dittatura o muore sotto le bombe?
Potrebbe ipotizzare un’altra possibilità meno estrema?
Ovviamente sì. Ecco perché quello che abbiamo visto è un trucco, un gioco di parole che serve a convincere chi ci ascolta che abbiamo ragione.
È una fallacia, la fallacia del “falso dilemma” o della “falsa dicotomia”. Due possibilità estreme così da rendere una delle due (quella che ci conviene) più accettabile per logica, per ovvietà. Se l'alternativa a una posizione è drammatica e paurosa meglio la posizione anche scomoda o sconveniente ma non così terribile.

Ma l’opinionista della guerra è stato l’unico a usarla? E la guerra è stato l’unico argomento che stimola l’uso di questi trucchi?
No.

Lo abbiamo visto anche in ambito medico. In discorsi politici, in televisione, in tutti i media nei quali si tenta di coinvolgere lo spettatore o di condizionarne l'opinione, il "falso dilemma" regna alla grande.
Il nostro premier, Mario Draghi, ha già durante la campagna di vaccinazione per il Covid, usato questo "artificio retorico": "o ti vaccini o muori".
Certo, si può capire il suo tentativo di incoraggiare alla vaccinazione, di semplificare un concetto difficile e che tanti non riescono ad afferrare ma "o ti vaccini o muori" è una fallacia.
Se ti vaccini sei più protetto dalla malattia e molto protetto dalla morte. Se non ti vaccini sei protetto pochissimo dalla malattia (dal caso, fondamentalmente) e poco dalla morte (se la malattia è in forma grave e l'individuo a rischio la possibilità di morte è decisamente reale ed elevata). Se quindi non ti vaccini non è detto che morirai ma è molto più probabile che vaccinandoti. Riassumendo: conviene vaccinarsi ma se non ti vaccini non è detto finisca male.
Ecco, una frase così, più corretta, articolata e argomentata è stata sostituita dalla più breve, efficiente e convincente "o ti vaccini o muori". Uno slogan.



La stessa cosa è stata fatta di nuovo dal primo ministro sempre a proposito della guerra tra Russia e Ucraina: "preferite i condizionatori o la pace?". Detto a proposito della possibilità di non acquistare più gas russo per l'embargo deciso nei confronti di questa nazione. In realtà se voglio la pace posso pure sperarla senza o con il condizionatore. Una cosa non pregiudica l'altra. Forse poteva dire: "se vogliamo indebolire l'aggressore dobbiamo creare le condizioni per farlo e questo potrebbe comportare sacrifici e rinunce anche per tutti noi, per esempio in campo energetico: luce, gas, acqua e servizi, siamo disposti a sostenerli?". Lunga e difficile eh?
Per arrivare a tutti meglio uno slogan, rapido e veloce. Potrebbe essere fatto anche in buona fede ma non si fa, non vale. È scorretto.

Sì, le fallacie si usano anche in campo medico e in epoca di discussioni virtuali e internet è facile cadere in questa trappola.
L'omeopatia è una sciocchezza, non contiene nulla e non cura le malattie. Giusto?
"Allora è meglio imbottirsi di medicine e intossicarsi? Meglio l'omeopatia".

Ecco, chi ha detto che bisognerebbe imbottirsi di medicine o addirittura intossicarsi?
Bianco o nero senza grigi?

Posso non prendere nulla se non sto particolarmente male, posso cambiare lo stile di vita, curare l'alimentazione, resistere finché possibile. Cioè non si può validare una presunta cura come l'omeopatia (che chimicamente e farmacologicamente corrisponde al nulla) perché l'alternativa sarebbe diventare schiavi e dipendenti dai farmaci: non è vero. Semplicemente non è vero e semplicemente non è quella l'unica alternativa, anzi, ne esistono diverse e quasi tutte migliori del "non far nulla" assumendo una caramella omeopatica.
Quindi è scorretto, non si dovrebbe usare questa fallacia in una discussione.

E per il fatto che l'omeopatia corrisponde al nulla e scientificamente non ha alcun riscontro, c'è da dire che "solo un ignorante potrebbe credere all'omeopatia".
No?
No. Anche questa è una fallacia, un trucco che si usa spesso nelle discussioni.

Non solo non è tassativo (e d'altronde gli omeopati sono medici, laureati, non "ignoranti") ma è vero il contrario, nel senso che è dimostrato che l'omeopatia è gradita e conta molti estimatori proprio nelle persone con un titolo di studio medio-alto.
Non è questo che la valida, non è questo che la rende medicina. Ma non è neanche il contrario che la cancella o la rende non credibile: è un "non argomento", una furbizia, la fallacia che si costruisce per sostenere il mio pensiero, per appendere la mia opinione a un comodo gancio.
Lo stesso metodo lo ritroveremo nelle discussioni sul Covid (o meglio, sui vaccini per il Covid). "I vaccini proteggono dalla malattia" (che è una frase direi ovvia) e la risposta carica di fallacia ma tipica è: "e allora corri a farti la quarta, la quinta e la sesta dose". L'esagerazione, il concetto spinto al limite per esagerare il punto di vista opposto e renderlo vincente. Se fai i vaccini farai dosi infinite (e chi l'ha detto? E perché?), quindi è sbagliato a prescindere. Insomma, "non è certo obbligatorio comprare i miei libri ma se non lo fate evidentemente preferite ammalarvi".

Capito?

Certo che è difficile, quando si è impegnati in una discussione, mantenere un comportamento corretto e onesto, soprattutto se colui che abbiamo di fronte non lo fa. Se ci colpisce con scorrettezze e argomenti poco onesti è facile essere tentati dal farlo anche noi. Ma conoscere gli artifici retorici è già un buon punto di partenza, consente di riconoscerli e difendersi. Questa del "falso dilemma" è tra le più usate.

Sarà poi la nostra competenza e preparazione a farci emergere almeno agli occhi di chi legge o ascolta.

Alla prossima.

mercoledì 11 maggio 2022

Amarcord

Avevo forse otto o nove anni quando mio padre prese me e mio fratello per le mani e ci disse "andiamo, sotto casa dello zio c'è un lupo mannaro che sta distruggendo tutto". Mio zio abitava a poca distanza. Andammo a piedi verso una piccola folla radunata proprio sotto il palazzo nel quale abitava.

Tutti fermi, guardavano una persona (forse) che urlava e dava pugni ai muri, alle saracinesche dei garage, agitata. Io, bambino, pensai "ecco il famoso lupo mannaro". Si era materializzato in quella persona. Ovviamente non la ricordo bene ma il ricordo vago l'ho mantenuto negli anni, probabilmente perché un bambino che "vede un lupo mannaro" resta colpito, sconvolto. Si trattava probabilmente di una persona con problemi mentali o un ubriaco e mio padre, vecchio stampo, pensò bene di "giustificare" quel comportamento aggressivo e "strano" con la licantropia: il lupo mannaro era un essere umano che si trasformava in animale in certe situazioni. In fondo non era un concetto totalmente campato in aria. Una favola, non qualcosa di reale, forse per non impressionarci con la cruda realtà.

Dopo tanti anni in una cena con i miei fratelli abbiamo ricordato l'episodio, abbiamo parlato del "lupo mannaro" di come lo avevamo visto, dei particolari e la mia curiosità era quella di capire qual era il ricordo di mio fratello di quel "lupo mannaro". Saranno passati almeno 40 anni, probabilmente di più, mio fratello è di poco più giovane di me. Cosa è rimasto nella mente di due adulti del ricordo "sconvolgente" di un fatto visto da bambini? Più di 40 anni prima? Con un condizionamento ("vedrete un lupo mannaro") importante, soprattutto per menti di bambino?
Allora feci una prova: disegnai su un foglio quello che ricordavo di quella sera e chiesi a mio fratello di fare lo stesso (lui non vide il mio disegno).
Ecco il mio:

Ed ecco quello di mio fratello:


La somiglianza tra i due disegni è impressionante.

In fondo ricordavamo la stessa cosa ma, se fate caso, molto stilizzata, schematica però praticamente identica. Ovviamente non poteva trattarsi di un "lupo mannaro" ma di un uomo che, come ricordavamo bene, batteva sulle saracinesche. La memoria coincideva. Non c'erano esagerazioni, non avevamo "trasformato" un uomo con probabili problemi mentali in un "animale" o un essere strano, nonostante fossimo bambini e nonostante il tempo passato. Si può dire che la nostra memoria era integra. Non funziona sempre così.

Per molti di noi la memoria è un bene prezioso e perfetto. Ricordiamo tante cose: date, volti, nomi, persone, storie, luoghi, tantissime. Ogni tanto un buco, una distrazione ma il  nostro "software" è sempre pronto a riportare le cose al loro posto, a ricordare perfettamente ciò che abbiamo visto e vissuto. Beh, non è così.

La memoria non è un film che possiamo portare indietro se non ricordiamo una scena. Non possiamo ingrandire un particolare o risentire una battuta. Ciò che è successo è passato e sarà il nostro cervello a ricostruirlo, sostituendo i pezzi mancanti, adattandoli alla situazione, modificandone i particolari che non ricordiamo e creando una storia credibile. Un ricordo può essere talmente modificato da risultare completamente falso, inattendibile, anche se per noi sarà preciso, lucido, perfetto. Possiamo avere un falso ricordo totalmente inventato o un altro in parte (più o meno consistente) modificato. Uno studio su quasi 500 persone notava come se un argomento ci appassiona o è da noi ben conosciuto si tende a "completare", aggiungere particolari, crearne di nuovi trasformandolo quasi in un falso ricordo. Un po', nel pratico, come quando ricordiamo una nostra impresa, magari casuale o ordinaria ma che ricordiamo come incredibile, ricchissima di particolari precisi e spesso esagerata.
Moltissimi di quei particolari o di quelle esagerazioni potrebbero essere false, aggiunte dalla nostra memoria per rendere "epico" un fatto ordinario. La nostra memoria è insomma fedele per le cose importanti ma tutto può essere condizionato dal contesto creando aggiunte e rifiniture che trasformano completamente la realtà. Dallo stato d'animo, dallo stress, dal nostro stato i salute, dal tempo che trascorre e persino dal sonno che rielabora e "riscrive" ciò che conserviamo in memoria.

I falsi ricordi sono una realtà e dipendono dal fatto che la memoria non è una macchina ma una reazione chimica che, per esigenze di sopravvivenza, deve adattarsi alla realtà attuale, non resta ferma e fissa, si "sistema" per essere subito recuperabile. È condizionata certamente dall'ambiente esterno e, come ho scritto, da vari fattori ma ha basi "organiche", è il nostro sistema nervoso che la regola. Nella costruzione di falsi ricordi per esempio, sembra sia coinvolta una regione del cervello chiamata "ippocampo" (che tra i suoi compiti ha proprio quello di "conservare" ciò che viviamo rendendolo "memoria") mentre la corteccia prefrontale tende a "sistemare", "correggere" questi errori.

Per questo se il nostro cervello non ricorda il colore del vestito di una persona che ricordiamo dopo 10 anni lo crea, lo rende "credibile", per poter riportare alla luce quel ricordo. Altrimenti ricorderemo cosa, una persona con un vestito senza colore? No, il colore c'era, non lo ricordiamo e il nostro sistema nervoso lo sceglie, in base alle nostre esperienze, ai gusti, alle mode, all'attualità. Spesso sbagliando (in buonafede, ovviamente) e a volte anche indotto a farlo. È infatti possibile "impiantare" falsi ricordi. Tramite alcune tecniche (comuni alla psicoterapia) è possibile creare dei falsi ricordi (meglio se "stressanti") e queste tecniche sono usate (in malafede) da sette, gruppi estremisti, culti religiosi, per soggiogare gli adepti o renderli coscienti di una realtà che non è mai esistita. I falsi ricordi possono essere belli o brutti, indifferenti, possono condizionare le scelte e le opinioni. Esistono esperimenti che hanno provato a "inculcare" un falso ricordo come quello di aver provato disgusto nel mangiare un alimento e questo, falso, ha condizionato i gusti di chi fu sottoposto all'esperimento che ha provato disgusto a mangiare quel cibo fino a quando non gli è stato rivelato si trattasse di una finta.


Ho parlato di ricordi e memoria in questo sito anni fa ma l'argomento resta sempre interessante.

Se lo studio della memoria (e della costruzione dei falsi ricordi) è utile scientificamente (comprendere come funziona il nostro cervello aiuta a comprendere come funziona il nostro approccio alla vita) e sicuramente affascinante, pensate a cosa può comportare la correttezza di un ricordo o lo studio della memoria in cose importanti: la scienza, la sicurezza o la giustizia. Esistono casi famosi di "falso ricordo" culminati in testimonianze che hanno condizionato drammaticamente la vita di tante persone. Le testimonianze sbagliate in tribunale e nei processi sono notoriamente cause frequenti di scambi di persone e (purtroppo) di veri errori giudiziari. Sono migliaia le persone condannate (o uccise, dove esiste la pena di morte) perché qualcuno ha ricordato male. Esistono anche casi famosi condizionati da falsi ricordi e si stima che una buona parte (circa il 36%) delle testimonianze oculari possano essere errate e queste percentuali possono essere condizionate anche da convinzioni personali, pregiudizi (sociali, razziali, economici o politici), stato d'animo. 
Possiamo ricordare il caso di George Franklin, accaduto nel 1990.

Nel settembre del 1969 una bambina di otto anni Susan Neson, scomparve mentre giocava con dei suoi amici nei pressi di casa, a Foster City, in California. Il suo corpo fu trovato senza vita dopo tre mesi poco distante dal luogo di sparizione. Dopo qualche indagine il caso fu chiuso senza trovare un colpevole.
Circa 20 anni dopo, nel 1989, Eileen Franklin, raccontò di essersi ricordata che il rapimento e l'omicidio della bambina fu opera del padre, George Franklin, vigile del fuoco della cittadina californiana. La ragazza raccontò molti particolari e indicò luoghi e fatti che condussero all'arresto di George con successiva condanna all'ergastolo per omicidio pochi mesi dopo, nel 1990. Il rapporto di George franklin con i suoi familiari non era certo idilliaco. La moglie chiese il divorzio e raccontò come lui fosse violento e abusasse psicologicamente e fisicamente delle figlie e loro stesse raccontavano del completo distacco emotivo dell'uomo nei loro confronti. La figura di George non lo aiutava di certo. Compreso il suo silenzio. Non provò nemmeno a scagionarsi e non rispondeva alle domande degli inquirenti, tanto che lo stesso giudice disse che "quel silenzio pesa più dell'oro nel giudicarlo colpevole". Il perito psicologo nominato dal giudice dichiarò credibile la testimonianza della figlia di George ma non fu trovata nessuna prova fisica, nessun indizio oggettivo che inchiodasse l'uomo alle sue responsabilità e anche i tratti "malvagi" e abusanti dell'uomo erano stati esagerati (non c'era prova di abusi o di violenze domestiche) da sua moglie per ottenere il divorzio alle migliori condizioni possibili. La sua condanna era basata fondamentalmente solo sulla testimonianza della figlia.

Passarono cinque anni quando la sorella di Eileen (quindi l'altra figlia del condannato), raccontò che la "confessione" di Eileen nei confronti del padre emerse dopo una seduta di ipnosi e che tutti i particolari precisi su luoghi e fatti erano stati ricostruiti soprattutto in base alle letture dei giornali dell'epoca che raccontavano la tragedia. Eileen era stata particolarmente colpita dal fatto in quanto la bambina scomparsa era una sua compagna di giochi e le due si volevano particolarmente bene.

Il giudice esaminò di nuovo il caso e la svolta avvenne quando furono disponibili gli esami di analisi del DNA che, promossi dal nuovo giudice che si occupava del caso, scagionarono definitivamente George e accusarono un suo vicino, Rodney Lynn Halbower, che fu processato e riconosciuto colpevole di quello e altri omicidi della zona. George Franklin fu scagionato pochi mesi prima.

Il caso Franklin fece scuola perché dimostrava come una persona poteva "raccogliere" e ricostruire un'intera vicenda che non aveva per niente vissuto.
In base alle notizie lette, probabilmente "unite" alla conoscenza dei luoghi e al rapporto con l'uccisa, la testimonianza basata su un falso ricordo era credibile e precisa. Non è un caso che la ragazza per anni non parlò per niente del caso ma all'improvviso, dopo 20 anni, lo confessò raccontando particolari cruenti e impressionanti.

Questo non è l'unico caso e neanche il più eclatante ma può dimostrare come i falsi ricordi possano essere creati in risposta a traumi o a "richieste" del momento, adattarsi al caso e plasmarsi alle evidenze. Se si tratta di un argomento fondamentale delle neuroscienze, il falso nella memoria è sicuramente anche attuale e utile, per colmo, a capire la nostra realtà.

Alla prossima.