Link veloci

venerdì 8 aprile 2022

Coronavirus, vaccini e immunità: saperne un po' di più (Parte II).

Nella prima parte dell'articolo (scritto dal dott. Giuliano Parpaglioni, biologo), abbiamo visto cos'è una cellula, un virus, come fa questo a contagiarci e come viene attaccato dal sistema immunitario. Quando questo non fosse sufficiente potrebbe succedere il disastro, il virus prenderebbe il sopravvento con danni gravi. Per questo la scienza ci mette a disposizione un mezzo di protezione eccezionale, i vaccini. Sappiamo di cosa si tratta? Ne parliamo?
Ecco la seconda parte dell'articolo di Giuliano.

Vaccini e varianti

Arrivano i vaccini

Da che mondo è mondo, la ricerca scientifica non si ferma solo perché c’è una pandemia in corso, anzi, mette le ali ai piedi. In tempo di record sono stati sviluppati vaccini contro SARS-CoV-2, vaccini che hanno sfruttato nuove o nuovissime tecnologie, in modo da facilitare la produzione e la diffusione di questi importanti farmaci. Ho già scritto tempo fa un post introduttivo a riguardo, da allora i modi per creare un vaccino sono aumentati e quelli di cui si discute di più sono quelli a DNA e quelli a RNA. 

Abbiamo detto che una volta che il virus entra nell’organismo, alcuni linfociti B si attivano, si moltiplicano e producono anticorpi specifici contro di esso e per far questo ci vogliono giorni o settimane. Non sarebbe più bello, invece, se in caso di infezione avessimo già il numero di linfociti B giusto per produrre immediatamente le nostre difese efficacemente? Ecco, questo è lo scopo di tutti i vaccini. Qualsiasi sia la tecnologia vaccinale, l’effetto è sempre lo stesso: andare a svegliare le nostre difese prima che arrivi il patogeno, in modo da averle pronte nel caso in cui arrivasse.
Abbiamo vaccini che presentano l’intero patogeno inattivato (ovvero incapace di moltiplicarsi, morto), oppure patogeni indeboliti (tecnicamente attenuati, ma non si usano molto ormai, perché sono i più rischiosi), o magari solo pezzetti di patogeni o tossine rese innocue. Da qualche tempo, si usa anche un’altra tecnologia: invece di immettere qualcosa di estraneo nel corpo, lo si fa produrre direttamente al corpo.
I vaccini contro SARS-CoV-2 attualmente in commercio funzionano proprio in questo modo: fanno produrre al nostro organismo una singola proteina del virus, che verrà riconosciuta dal sistema immunitario e contro la quale si attiveranno i linfociti B. Questo traguardo lo si raggiunge in due modi: virus a DNA o liposomi con RNA. Nel primo caso, un virus reso innocuo contiene il DNA che codifica solo per la proteina spike, lo fa arrivare dentro al nucleo della cellula (senza integrarlo nel DNA della cellula stessa: servono enzimi e parti specifiche per farlo e, semplicemente, queste cose non ce le mettiamo), lì verrà prodotto l’RNA messaggero che uscirà fuori dal nucleo e produrrà la proteina; nel secondo caso una vescicola di grasso (chiamata appunto liposoma) contiene l’RNA messaggero che codifica solo per la proteina spike, si fonde con la membrana della cellula, anch’essa grassa, e libera l’mRNA, con gli stessi risultati. Tutto ciò dura pochi giorni, trascorsi i quali non c’è più traccia dei componenti del vaccino nell’organismo.


Se ci si pensa, è l’uovo di Colombo: istruire le nostre cellule a produrre temporaneamente il bersaglio contro cui il sistema immunitario deve scatenarsi, sfruttando così la più fisiologica delle attivazioni dei linfociti.
Come detto, esistono anche altre tecnologie vaccinali e probabilmente in futuro vedremo anche in commercio cose differenti, ma per il momento abbiamo queste soluzioni. In tutti i casi, una volta immunizzati, se si viene a contatto con il virus lo si può combattere in maniera efficace da subito, scongiurando la malattia o, comunque, riducendone di molto il fastidio.

Le mutazioni, la biologia molecolare dell’evoluzione

In tutto ciò, c’è una caratteristica degli esseri viventi (o parzialmente viventi, come i virus) da tenere in conto: cambiano nel tempo. Quando una cellula si moltiplica, deve duplicare il suo DNA. In questo processo possono capitare degli errori e potrebbe succedere che certi geni non funzionino più come prima. Questo rischio c’è ogni volta che la cellula si moltiplica: tecnicamente, si dice che può avvenire una mutazione.
Attenzione: le mutazioni non sono per forza negative, magari quel gene mutato funziona addirittura meglio dell’originale, risultando quindi vantaggioso. Ecco, la stessa cosa succede con i virus: ogni volta che si moltiplicano, il loro materiale genetico può mutare. La maggior parte delle volte queste mutazioni causeranno un danno, ma talvolta potrebbero migliorare l’efficienza del virus e favorirlo. La realtà, in effetti, è molto semplice: più il virus si moltiplica e più la possibilità di mutazione aumenta; più questa aumenta, più è probabile che spunti fuori una nuova variante, con effetti diversi sul nostro organismo. Non c’è una ragione specifica dietro alle mutazioni virali, sono semplicemente errori che fa il virus durante la sua replicazione. Questo le rende imprevedibili, ma tutto sommato c’è anche un limite a quel che può succedere: la proteina spike non può mutare più di tanto, altrimenti non riconoscerebbe più il recettore ACE-2 sulla cellula. Allo stesso modo, dato questo limite, gli anticorpi creati dal vaccino o da precedenti infezioni sono comunque abbastanza efficaci contro il virus. Per spiegarmi meglio facciamo un esempio.

Mettiamo caso che le parole fossero oggetti concreti e che i linfociti B abbiano prodotto anticorpi contro la parola PROTEINA. Data l’alta specializzazione dei linfociti B, abbiamo anticorpi che legano la parte EIN o la parte OTE della parola. A un certo punto, la parola muta, e possono succedere varie cose. Un primo caso è che diventa PROTEINE. In questo caso, entrambi i tipi di anticorpi riescono ancora a legare OTE e EIN senza problemi. Magari diventa PRATEINA, a quel punto abbiamo gli anticorpi anti-OTE che fanno fatica a legarsi, magari ci riescono ancora ma non bene come prima. Abbiamo PRATEANA e la difficoltà è per entrambi i tipi di anticorpi: si legano entrambi, ma molto meno bene. Quando infine diventa PRATAONA, però, il legame è debolissimo… ma è anche possibile che la proteina in questione funzioni male, perché troppo mutata. L’evoluzione del virus è quindi figlia di un equilibrio tra l’efficienza della sua replicazione (e diffusione) e la capacità di sfuggire alle nostre difese: più riesce a moltiplicarsi e più muta. Dalla nostra parte, abbiamo la ricerca scientifica che può aggiornare i vaccini in caso di bisogno.

Due parole finali sulla microbiologia medica

Si legge spesso in giro la frase “i patogeni tendono a diventare meno pericolosi per adattarsi meglio all’ospite e diffondersi facilmente”. Questa frase è falsa e pericolosa. È sicuramente vero che esistono patogeni che danno malattie quasi del tutto senza sintomi, ma come ho detto l’evoluzione è un fatto casuale, non ha una tendenza predefinita. Esistono malattie estremamente pericolose e dannose che hanno anche un’alta capacità di diffondersi nella popolazione, non lo fanno solo perché incontrano persone vaccinate. Penso ad esempio alla difterite, che ha una letalità del 10% anche tra chi viene curato o al morbillo che nei paesi occidentali può uccidere da una a tre persone ogni mille casi e causare sequele molto gravi. Sono malattie molto facilmente trasmissibili, ma anche molto pericolose se si diffondono.
Il punto fondamentale è che non ci si può basare sulla pericolosità del patogeno: il dato importante è la facilità di trasmissione, che può essere alto anche con una alta pericolosità della malattia. Quello che possiamo fare, quindi, è combattere la diffusione del virus, impedirgli di riprodursi (e quindi mutare) e cercare di contenere la diffusione.

Al momento in cui scrivo, la variante di SARS-CoV-2 chiamata Omicron sembra effettivamente essere meno pericolosa in termini percentuali, ma è anche molto più efficace nel diffondersi. Attenzione: meno pericolosa non significa non pericolosa: causando molti più malati ha portato, in quest’ultimo periodo (inizio 2022) fino a oltre 400 morti al giorno in Italia.

La ricerca scientifica va avanti, ma le strategie più efficaci sono quelle preventive: vaccinazione, lavarsi le mani, mantenere la distanza, usare la mascherina quando necessario.

---
Vi è piaciuto?
Ora sapete qualcosa in più. Grazie al dott. Giuliano Parpaglioni.


Alla prossima.