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venerdì 5 febbraio 2021

Anticorpi monoclonali, trovata la cura del Covid?

Come sapete sono dell’idea che in tema di salute, soprattutto per malattie serie, non bisogna mai (MAI) mentire ai pazienti. Non è solo questione di salute, non puoi dare una falsa cura per illudere gli altri ma anche di onestà e rispetto. Per questo motivo non faccio sconti, nemmeno piccoli, alle false cure. Non è giusto. Nemmeno se si parla di effetto placebo o di dare una speranza, non si illudono le persone, non si mente ai malati. C'è poco da essere teneri. È disonesto spacciare per efficace una cura che non lo è ed è disonesto, allo stesso modo, nascondere o "insabbiare" gli effetti positivi di un'altra.

Quante medicine vendute in farmacia sono veramente utili? Quante funzionano? E quante cure che potrebbero funzionare sono nascoste per altri interessi? Non è facile dirlo e se ne discute.

Certo, le discussioni tecniche, i particolari e le finezze si discutono ai congressi, non sui social ma in tanti leggono e si informano su internet, quindi semplificando è sempre bene, dicendo la verità, spiegare le cose che ci propone la medicina e di cui si parla.

Ora siamo in periodo CoViD e, chissà per quali strani motivi, forse il bisogno di dare risposte, speranze, non lo so, sono state indicate periodicamente cure sicure e efficaci. Da bufale campate in aria a farmaci. Tutte funzionavano benissimo, guarivano le persone. Per due settimane, poi scomparivano nel nulla. Prima gli antivirali “esotici” (russi, giapponesi, fa sempre “moda”), poi le vitamine, le proteine del latte, la candeggina, l’aglio, l’argento: balle.

In realtà questa malattia, come tante malattie virali, non ha cure. Si può prevenire con il vaccino, si può contenere con alcuni farmaci e l’unico che davvero sembra cambiare (sempre relativamente, non è una cura che guarisce) sembra il cortisone. In realtà appare chiaro che se la malattia colpisce duramente c’è poco da fare, le speranze sono poche.

Ora in questi giorni si parla tantissimo degli anticorpi monoclonali, farmaci moderni e potenti. Bisognerebbe vederli come una sorta di "sistema immunitario" concentrato. Avete presente il "plasma iperimmune", altra terapia di cui si è parlato in queste settimane? Si prende il plasma dei guariti dal Covid, che è pieno di anticorpi (la malattia stessa ha creato questi anticorpi nell'organismo del paziente contagiato) e si infonde a chi è colpito dalla malattia. Quegli anticorpi, già pronti, attaccheranno il virus. Certo, bisogna farli al più presto, non possono "curare" i danni del virus ma "cancellare", attaccare il virus prima che causi danni. Gli anticorpi monoclonali sono invece un tipo di anticorpi che derivano da una sola cellula, da un solo anticorpo. Non si prende il plasma del malato ma un solo anticorpo e si copia, tantissime volte, in modo da avere come una "fiala" di anticorpi. Si prepara tutto in laboratorio ed ecco pronto il farmaco. Quell'anticorpo, con tutte le sue copie, attaccherà il Coronavirus.
Ottima idea, come quasi tutte le idee della scienza. Questa pandemia ci sta stimolando per nuove scoperte e applicazioni. Ma una cosa non mi è piaciuta a proposito degli anticorpi monoclonali. Il tifo da stadio, le pressioni politiche: sempre sbagliato.

C’è quasi un’incomprensibile crociata a favore di questi farmaci e ancora più incomprensibile l'aggressione violenta da una parte e dall'altra: chi ne parla positivamente è insultato e aggredito e chi mette in dubbio (non nega, mette in dubbio) l'utilità di questi farmaci lo stesso. Tifo da stadio? Non va bene.

I dati a favore ci sono, sono incoraggianti, da approfondire. Perché dunque non tentare un sperimentazione approfondita? Una prova? Non partiamo da zero. I dubbi sono ovviamente tanti per un farmaco, in via di sperimentazione, su una malattia nuovissima, si tratta di medicine i cui effetti sono ancora non del tutto sperimentati sul Covid, con risultati relativamente chiari sulla loro efficacia, con possibili effetti collaterali anche gravi, costosissimi, delicati, che devono essere somministrati in ospedale, su precisi gruppi di pazienti. Certo che dobbiamo mettercela tutta per sconfiggere l'epidemia del secolo, certo che qualsiasi nuova idea deve essere studiata ma attenzione anche ai facili entusiasmi.

Sono usciti degli studi con risultati come detto incoraggianti ma molto lontani dal dirsi esaltanti o che dimostrino grande efficacia. Negli studi sono analizzati sia il risultato di un solo anticorpo monoclonale che quando ne sono somministrati due insieme (dal nome difficile: bamlanivimab e etesevimab).

Diciamo che in tempi di urgenza e disperazione anche un piccolo risultato potrebbe essere utile o interessante ma bisogna anche stare attenti a non presentare una "possibilità" di cura in più con la cura definitiva, altrimenti giustificheremmo i ciarlatani che, davanti alla disperazione, propongono soluzioni che tutto sono fuorché efficaci. Ci sarebbe tanto da dire, molto anche di tecnico. Ne dico due al volo ("no" significa che il dato non è dimostrato):

Questi farmaci fanno morire di meno i malati di CoViD? Non lo sappiamo.

Sono più pratici (si fanno a casa, per esempio) delle attuali terapie? No.

Sono più economici? No (un ciclo di cure costa circa 10.000 dollari).

Sono più sicuri? No.

Sono da somministrare a tutti? No (hanno un effetto solo in pazienti a rischio se non hanno sintomi e li usano entro i primi tre giorni dalla diagnosi).

Possono salvare vite? Hanno qualche utilità? Forse.

Sappiamo dagli studi che potrebbero addirittura peggiorare la malattia in chi presenta già sintomi importanti (come quelli respiratori) e c'è il sospetto possano vanificare l'efficacia di un eventuale vaccino già fatto. Diciamo che, ottimisticamente e se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, qualche piccolo effetto, in gruppi selezionati, forse c'è. Se invece fossimo pessimisti e giù d'umore potremmo dire che questi farmaci riducono un po' gli accessi delle persone in ospedale e i ricoveri per Covid e per farlo dobbiamo fare accedere le persone in ospedale, spendere una marea di soldi e organizzare un percorso specifico.

Calma, quindi.

Anche per questo, probabilmente, le autorità sanitarie americane (come il NIH, National Institute of Health) sconsiglia l'uso routinario di questa terapia (di tutti gli anticorpi monoclonali oggi esistenti per il Covid). Stessa posizione della società americana di malattie infettive. La FDA (Food and Drug Association, ente regolatore dei farmaci statunitense) ne ammette cautamente l'uso (in emergenza) per certe categorie di pazienti (che "potrebbe", dice "essere efficace nel trattamento del Covid non grave"). La stessa AIFA (l'agenzia italiana del farmaco) sottolinea come i dati siano molto scarni e poco approfonditi. Ma forse la posizione più evidente è quella dell'azienda produttrice stessa che evidenzia come non ci sia sicurezza di un beneficio, anche basandosi sugli studi: "l’azienda concorda con l’osservazione che la correlazione di tali esiti con la riduzione della carica virale non appare attualmente dimostrata."

E poi c’è l’aspetto pratico. Questi farmaci sono da somministrare nei primissimi giorni (massimo 10) di (eventuale) malattia (prima che il virus abbia danneggiato l’organismo lo scopo è distruggere il virus, il farmaco non può curarne i danni) in questa condizione i malati sono migliaia, sono i contagiati “paucisintomatici”, con pochi sintomi e che spesso non sono nemmeno identificati (si pone quindi un'altra grande difficoltà). La terapia va somministrata in ospedale, oltre alle reazioni allergiche (paragoniamole alle trasfusioni di sangue, per capirci) ci possono essere altri effetti indesiderati, non è pensabile di somministrare la cura a casa e l’infusione dura qualche ora. È vero che gli effetti indesiderati più gravi (anafilassi) sono rarissimi (su 850 individui partecipanti agli studi solo 2 hanno avuto reazioni così gravi) ma ci sono.

Dove possiamo fare le cure se gli ospedali non sono solo sotto pressione ma pieni di persone a rischio?

Se il principale problema di questa malattia (credo sia un dato assodato) è proprio quello di saturare i reparti, come può essere “utile” una cura che li saturi ulteriormente?

E poi, questa cura, risolverebbe o no il peso sugli ospedali causato da questa malattia?
Nello studio considerato, somministrando il farmaco sono andati in ospedale (pronto soccorso o ricovero) il 2% dei malati, con il placebo (quindi senza somministrare niente di attivo) il 6%.
Tradotto in numeri. Semplificando e banalizzando per capire, se in una città si ammalassero 2000 persone e la metà non facesse niente, mentre metà facesse la cura, andrebbero in ospedale 60 persone che non fanno cure e 20 che prendono l'anticorpo monoclonale (che però già, nei giorni precedenti, in 1000, si sono recati in ospedale per fare le infusioni). Attenzione, non abbiamo "salvato la vita" a 40 persone (le parole sono importanti) ma abbiamo evitato che queste andassero in ospedale. Ottimo? Buono? Normale? Pessimo? Io, opinione personale e senza basi scientifiche, lo vedo come un dato incoraggiante, da studiare e perfezionare, senza trionfalismi né pessimismo.

Voi, come vedete questo risultato?

Incidenza di accesso in ospedale per i vari gruppi dello studio. Varie dosi di farmaco, placebo.

Allora?

Analizzando tutti i dati emerge quindi una possibile efficacia su alcuni gruppi di pazienti con certe caratteristiche ma anche una difficoltà organizzativa e un costo economico non indifferente. Come decidere?
Forse bisognerebbe fare quello che si fa sempre, nel campo scientifico, prima di cantare vittoria: controllare, riprovare, approfondire. Ci sono diverse analisi critiche e dubitative sull'efficacia di questi farmaci (ci sono anche ovviamente analisi a favore, ottimistiche ma quasi sempre da parte del produttore). Non le riporto tutte per non complicare il discorso.

Quindi per ora l’unica cosa che sembra ragionevole da fare è l’invito a chi promuove questi farmaci con tanto entusiasmo (che sarebbe giustificato in caso di efficacia altissima), a mantenersi, nei toni e nei termini, nei limiti della scienza, di spiegare bene di cosa parliamo, di non diffondere false speranze e illusioni. Facciamo il nostro dovere, non pubblicità, critichiamo i fenomeni da baraccone che fanno rumore tanto per farsi notare, non facciamoci notare anche noi. Parlino i dati, gli studi, i risultati, discutiamone, sarà un bene per tutti e ovviamente speriamo saranno confortanti. Al contrario, per ora i dati sulle vaccinazioni, sugli effetti, gli eventi avversi, sembrano davvero confortanti, con una finestrella di speranza che sembra dirci che funzionino veramente e tanto. Ecco, esaltiamo questi risultati, più utili (sarebbe meglio prevenire la malattia, non rincorrerla) e reali. Allo stesso tempo chi non li ritiene utili, chi non ci crede, chi non riesce a vederci nulla di buono, faccia la stessa cosa. Si mantenga nei limiti dei dati, dei fatti, senza aggredire o alzare i toni.

Lo dico, con tutta la tranquillità del mondo, perché poi le persone restano deluse, si fanno domande, non capiscono e chi ci perde sono in due: il paziente e il medico che gli ha promesso la soluzione. Allo stesso tempo negare una cura ipoteticamente efficace (ovviamente che ha delle basi, non campata in aria) è dannosissimo allo stesso modo.

Il tormentone "dicono tutto e il contrario di tutto" nasce proprio da qui, se si dice che c'è una cura efficace perché "l'hanno detto su internet" (proprio come l'aglio o la candeggina) ma poi questa cura non si somministra perché non funziona, come glielo spieghiamo alle persone? Come diciamo che la medicina è meglio dell'aglio?

Alla prossima.

[articolo aggiornato dopo la pubblicazione iniziale]