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lunedì 14 dicembre 2020

Dove sarà finita la pinza!

L'argomento è affrontato molto raramente e spesso diventa argomento di cronaca solo in casi eclatanti, è pure trattato con ironia (forse per esorcizzarlo) e, se per gli utenti è qualcosa di sconosciuto, i medici (in questo caso i chirurghi) ne parlano poco, come fosse (e un po' lo è) un argomento "tabù".
Avrete sicuramente già sentito parlare di strumenti dimenticati nell'addome (o da altre parti ma per motivi chirurgici è l'addome la parte del corpo più interessata) di un paziente sottoposto a intervento chirurgico.
Pinze, garze, strumenti, le cronache ci raccontano storie che sembrano incredibili e probabilmente qualcuno, leggendo questo articolo, si stupirà che l'incredibile, come spesso accade, non lo è poi così tanto.

Già, perché la prima cosa che devo dirvi è che l'evenienza di dimenticare un oggetto nel corpo di una persona sottoposta a intervento chirurgico è sicuramente rara statisticamente (secondo le statistiche siamo attorno allo 0,06% dei casi di intervento), rarissima ma non è impossibile. Anzi, vi dirò di più: se parlate con un chirurgo con il quale avete confidenza (perché, come detto, ne parlerà poco volentieri) vi dirà che si tratta di un'evenienza ben presente nella testa di tutti i medici che operano con le mani nel corpo delle persone.
Si tratta inoltre di una possibilità che esiste da sempre, studiata, analizzata, che negli anni ha visto tante persone adoperarsi per ridurre questo rischio, che vede metodi e tecniche ideate per ridurlo ancora di più.

In un intervento chirurgico classico si usano molti strumenti, quasi tutti di acciaio inossidabile, spesso grandi e pesanti ma non sempre. Si tratta di pinze con le punte lunghe o corte, forbici appuntite o smussate, strumenti che allargano il campo operatorio e poi garze, piccoli tamponi o grandi teli, fili, aghi. Tanti strumenti che sono usati con precisione e accuratezza. Ci sono però alcuni momenti in cui il chirurgo ha molta fretta (quando per esempio un vaso sanguigno inizia a perdere sangue, il chirurgo si sbriga a chiuderlo, un problema che richiede intervento immediato) oppure è distratto (cosa che non deve succedere mai in sala operatoria ma a volte succede). Di regola il chirurgo non stacca gli occhi dal "campo operatorio" (la zona che sta operando) ma anche questo può succedere. Altre volte ci sono degli imprevisti. Tutto questo si unisce a varie caratteristiche tipiche di ogni intervento chirurgico ma due in particolare sono molto subdole. La più evidente è che una garza (soprattutto se piccola) che si impregna di sangue (come si può immaginare questo durante un intervento succede normalmente) diventa spesso indistinguibile dal resto del campo operatorio. Bisogna ricordare che siamo ad "addome aperto" (quindi abbiamo tra le mani gli organi addominali, che sono come un ammasso di tessuti).


La stessa garza o uno strumento possono inoltre cadere in mezzo alle anse intestinali e, in quella matassa di tessuti aggrovigliati, attorcigliati, ingombranti, diventa quasi impossibile vedere un batuffolo di garza o una piccola pinza, letteralmente "vanno persi", si immergono nei tessuti addominali e spariscono alla vista. Ancora peggio quando da uno strumento (per esempio una pinza) si stacca un pezzo (una vite, una molla o altro) molto piccolo. Ritrovarlo è veramente difficile. Per capirci. Se mettessi anche volontariamente in mezzo all'intestino una garza o un piccolo strumento chirurgico la possibilità di "perderlo", non vederlo più è altissima e avrò probabilmente difficoltà a ritrovarlo anche sapendo dove cercarlo.

Non si tratta perciò di qualcosa di "impossibile". Si arriva quindi a un bivio. Se un oggetto si perde nel corpo del paziente le possibilità sono due: il chirurgo (e l'equipe, l'intervento chirurgico è un lavoro di equipe) se ne accorge e quindi non smetterà di cercare fino ad averlo trovato (quindi tutto risolto) oppure nessuno, né chi opera né chi assiste, si rende conto di quell'errore (perché questo è considerato un errore, tra i più gravi) e il corpo estraneo sarà dimenticato dentro il corpo del paziente.
Ma il finale è quasi sempre positivo.

Negli anni sono stati raffinati diversi metodi per ridurre questo rischio.

Mettiamo la prima ipotesi: l'equipe si rende conto di avere un pezzo (facciamo una garza) mancante. Il chirurgo inizierà a cercare, letteralmente frugando in mezzo agli organi ma anche il resto dell'equipe si metterà in moto cercando se per caso l'oggetto non sia a terra, in uno dei sacchi dei rifiuti o da qualche altra parte. Vi assicuro che in questi casi la ricerca è frenetica.
Spesso però il chirurgo sentirà con le mani la garza e la metterà fuori dal campo operatorio, tutto risolto. Ma se questo non succede, se nonostante le ricerche non troviamo il pezzo mancante, non resta che chiamare la radiologia. Tutti i pezzi che si usano in sala operatoria sono "radio opachi", una radiografia, cioè, riesce a vederli (anche le garze, hanno intessuto su di esse un filo visibile alle radiografie).
Il radiologo farà una radiografia e l'equipe capirà esattamente dove si è nascosta o infilata quella garza. Risolto nuovamente.
Garze chirurgiche: il filo blu è "radio opaco", una radiografia quindi lo noterà.

La seconda ipotesi è più preoccupante.
Nessun componente dell'equipe, né il chirurgo né i suoi assistenti, si renderà conto del pezzo mancante.
L'intervento finirà ma la garza (dell'esempio) resta lì, dentro l'addome del paziente.

Inizialmente niente di strano.
Nei giorni seguenti, probabilmente pochi giorni dopo ma a volte anche settimane dopo, il paziente soffrirà di alcuni disturbi. I tessuti umani tendono a creare una sorta di tessuto fibroso, quasi una protezione attorno al corpo estraneo, è fisiologico. Potrebbe in teoria non succedere niente ma, spesso, si assiste alla comparsa di fastidi, infezioni, febbre e dolori, sintomi che possono diventare davvero gravi e allarmanti, persino letali e questo porta a sospettare (non subito, perché ovviamente è la possibilità più remota) quello che è successo. L'unico rimedio è quindi operare di nuovo il paziente (anche a distanza di anni!) per rimuovere il corpo estraneo. Ovviamente i disturbi e i problemi dipendono anche dall'entità del corpo estraneo dimenticato: una garza di cotone probabilmente creerà meno problemi di un grosso e pesante ferro chirurgico. Una pinza appuntita può creare problemi gravissimi (perforare un organo, creare un'emorragia) e non è escluso che in certi casi non ci sia nessun disturbo particolare e la persona conviva, inconsapevolmente, con un corpo estraneo nel proprio addome. In ogni caso dimenticare un oggetto nel corpo del paziente durante un intervento chirurgico è considerata una "dimenticanza" grave, lo stesso chirurgo la vive con un profondo senso di colpa. Esistono dei modi per evitarla?
Ebbene sì (fortunatamente). Sono stati messi a punto molti metodi per ridurre al minimo questo tipo di errore.

Il più diffuso e sicuro (nella sua quasi artigianalità) è la conta
Basta farla bene e con attenzione e contare strumenti e garze può aiutarci a non sbagliare. Come si conta?
La maniera più tipica è quella di fare una conta ripetuta e incrociata in modo da ridurre gli errori (sempre in agguato!).

Le centrali di sterilizzazione (che preparano per esempio i pacchi di garze e tamponi) invieranno solo pacchi standard (esempio, con 10 garze, 10 tamponi, 10 teli, senza numeri a caso o variabili). Gli infermieri di sala operatoria che fanno parte dell'equipe, all'apertura di quei pacchi conteranno due volte e con una persona accanto che conta anch'essa, il numero di garze.
Devono essere 10? Sono dieci? Sono dieci? Sono dieci.
Bene. Sappiamo che inizieremo con 10 garze. L'intervento inizia e alla fine prima di chiuderlo definitivamente, il chirurgo chiede se la conta delle garze è regolare. Da quel momento di garze non se ne useranno più: l'infermiere conferma, conta garze regolari. Dieci erano, dieci sono, non abbiamo dimenticato nulla e possiamo finire l'intervento.
Questo consente alle equipe chirurgiche di minimizzare il rischio di dimenticanza. Sappiamo però che tutto è possibile e che l'errore zero non esiste in nessuna attività umana e così i casi di dimenticanza di oggetti nel corpo del paziente in corso di intervento chirurgico ci sono ancora oggi.
Sono state realizzate anche ricerche e statistiche che analizzano il fenomeno e possiamo dare qualche numero. Se da un lato può sembrare preoccupante bisogna rendersi conto di due cose: il numero di interventi chirurgici che si fanno ogni giorno sono tantissimi, migliaia di una sola nazione (immaginiamoci nel mondo) e il rischio è alla fine molto basso. Inoltre è ormai abitudine cercare di affinare le tecniche anche di riduzione del rischio. Ogni reparto dunque ha delle procedure validate che evitano, fin quanto possibile, questi errori.

Una curiosità che emerge da alcune statistiche è che nell'80% dei casi, i corpi estranei dimenticati lo erano in interventi nei quali la conta finale risultava corretta. Probabilmente quindi, come emerge da molte ricerche, si tratta di un problema di comunicazione nell'equipe.

Negli Stati Uniti le linee guida (simili alle nostre) raccomandano una conta ripetuta degli oggetti in sala operatoria: prima dell'intervento, ogni volta che viene aggiunto un oggetto, quando l'intervento sta per finire, quando è totalmente finito.
Come detto all'inizio il rischio di un incidente del genere è molto basso ma, soprattutto negli Stati Uniti, dove la pressione legale è altissima, sembra che i dati siano molto sottostimati, si dice perché il personale di sala operatoria tende a nascondere situazioni note (cioè si accorgono di aver dimenticato qualcosa nel corpo del paziente ma preferiscono non dirlo) per evitare denunce o sanzioni, sperando che non succeda nulla.
Sembra che cose come l'obesità del paziente operato e la difficoltà o l'emergenza dell'intervento aumentino il rischio di dimenticanza e che la prima causa sia la distrazione dell'equipe chirurgica. Sembrerà esagerato ma una distrazione banale (come un telefono che squilla) può condizionare e diminuire le capacità tecniche di un chirurgo, cosa che, ovviamente, si ripercuote sulla qualità del suo lavoro.

Una ricerca canadese ha mostrato come negli anni sia aumentato il numero di oggetti dimenticati all'interno del paziente (forse per il contemporaneo aumento dei trattamenti chirurgici anche se qualcuno sottovoce parla di super lavoro delle equipe mediche) portando i casi a 9,8 ogni 100.000 interventi.
Il problema è così sentito che è stata sperimentata addirittura una sorta di "scatola nera" chirurgica, uno strumento che registra tutto quello che succede e si dice in sala operatoria e che evidenzia errori e distrazioni. Uno strumento molto utile anche per rivedere e correggere procedure ma che, nei suoi primi utilizzi, ha mostrato che nel 64% dei casi si è registrata almeno una distrazione in corso di intervento chirurgico, evento banale ma che può diventare pericoloso e dannoso.
Insomma, si cerca in tutti i modi un modo per evitare l'errore, sempre in agguato e umano ma che, soprattutto in questo campo, deve essere ridotto al minimo possibile.

Alla prossima.

9 commenti:

  1. Interessantissimo, come sempre. Mentre leggevo pensavo proprio alla radiografia e poi, in effetti, si fa'proprio così. Mi domando, quindi, perché non fare una radiografia al termine di ogni intervento per fugare ogni dubbio? In alternativa, pensavo a mettere un filo ad ogni benda o garza, in modo che si possa vedere il filo che esce dalla zona sottoposta ad intervento. Ma immagino che ci abbiano già pensato.

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    1. Perché se la conta delle garze conferma che sono tutte fuori, non c'è motivo. E perché le radiografie non sono innocue: sono radiazioni che vanno somministrate solo se necessario (per quanto la radiografia addominale a cui fa riferimento abbia una dose relativamente bassa, rispetto ad altre investigazioni).
      Sulla sua idea di mettere un filo collegato ad ogni garza, le più grandi (specialmente quelle per interventi addominali) hanno effettivamente un filo radiopaco più lungo che viene fatto uscire dal campo operatorio, ma averlo per tutte é improponibile per ragioni puramente pratiche.

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  2. Gentile dottore e cari lettori di questo blog, appena finito di leggere questo articolo, che ho letto con attenzione e interesse, non posso fare a meno di dire quanto sia bello informarsi e leggere articoli scritti così bene(linguaggio semplice ed efficace, ma mai superficiale) ... Argomenti o problematiche che fino a poco fa ignoravo adesso, sebbene ne abbia solo una conoscenza superficiale almeno è già qualcosa, un punto di partenza per approfondire in futuro. Grazie per trovare il tempo per scrivere tutte queste informazioni per noi. Il suo modo di comunicare argomenti complessi in modo comprensibile anche a non addetti ai lavori, mi fa capire quanto il suo obiettivo di divulgazione sia adempiuto con onestà e diligenza.
    Cordiali saluti.

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  3. Perché non usate garze riassorbibili durante gli interventi?Così anche se malauguratamente una venisse dimenticata/persa nel corpo umano non creerebbe nessuna conseguenza, fermo restano che NON deve succedere, venendo semplicemente riassorbita nel corpo umano nell'arco di un paio di giorni (niente infezioni nè altri problemi9. Cosa osta a fare ciò?Non mi dica che è perché costano di più, sto ipotizzando una sua possibile risposta, perché sono convinta che quando c'è di mezzo la salute e la sicurezza del paziente non si debba badare a spese.

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  4. Invece, quanto c'è di mezzo la salute e la sicurezza del paziente, BISOGNA badare alle spese. Non sto parlando del caso in particolare delle garze riassorbibili, ma in generale. Contrariamente a quanto crede la gente, le risorse in sanità sono limitate e vanno (andrebbero) gestite con attenzione

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  5. Cosa osta a fare ciò?

    Semplicemente il fatto che i materiali riassorbibili non riuscirebbero a fare ciò che fanno le garze normali. Non assorbono bene, non sono resistenti, non sono maneggevoli (si "appiccicano" alle mani") e quindi sarebbero più un ostacolo che un aiuto.

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  6. A mia madre era capitato un problema simile, anche se non identico: a causa di un incidente automobilistico in gioventù (aveva sfondato il vetro dell'auto) le è stato scoperto e rimosso un vetro rimasto silente nella parte posteriore delsetto nasale più di quarant'anni dopo.

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