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sabato 22 dicembre 2012

La fine del mondo

La fine del mondo non c'è stata.
Sicuri?

Sicuri sicuri??

La notizia che sia stata approvata la proposta della "gruppo tecnico interregionale medicine complementari, coordinato dalla regione Toscana", ovvero il fatto di dover regolare l'attività dei professionisti delle "medicine complementari" (omeopatia, agopuntura, osteopatia ed altre) assomiglia all'apocalisse.
Non tanto per quello che dice perchè in realtà cambia poco, già tutti gli ordini dei medici italiani hanno un albo per praticanti le medicine complementari che richiede, per l'iscrizione, particolari requisiti di legge e di formazione. Non è questa quindi la notizia ma la "fonte" della proposta.
Si tratta del già citato "gruppo tecnico" toscano che regola l'attività di diversi ambulatori pubblici negli ospedali della sua regione nei quali si praticano medicine "non convenzionali". Non mi dilungo.
Si sappia solo che questo gruppo è formato da 17 rappresentanti delle regioni (e 17 sono anche i professionisti che lavorano nel centro di medicina complementare toscano "Fior di prugna") e che non sarebbe un caso se questo numero ricorra così tante volte.
Che sia già "curioso" (sono buono, è Natale) che in un ospedale pubblico si pratichino cose come l'omeopatia o i "martelletti fior di prugna" (o la coppettazione...) è sicuro, ma che vi sia una ragione profonda che spieghi il ricorrere del numero 17 nel caso del centro toscano è ancora più curioso. Secondo il bollettino del centro Fior di prugna infatti:
"il 17 ha un profondo significato esoterico e iniziatico: è formato dall’uno - che rappresenta l’unità, l’essere creatore, Dio, il polo radiante e in poche parole il Serpente Ourobouros - mentre il sette rappresenta sapienza, conoscenza, saggezza e ricerca delle verità. Nei tarocchi il 17 simboleggia l’equilibrio fra uomo e creazione e ha una valenza molto positiva, mentre nella cultura popolare e nella Smorfia gli si è attribuito un significato negativo..."
Avete capito bene. Considerate le basi di partenza, possiamo dire che la desiderata "regolamentazione" degli operatori del "non convenzionale" assume un significato importante, direi quasi paranormale.



In ospedale e nella regolamentazione delle medicine non convenzionali, quindi, finalmente abbiamo l'ingresso trionfale dei tarocchi, dell'esoterismo e della "Smorfia". Se non è questa la fine del mondo...

Io intanto vado a procurarmi una tunica ed il pendolino, c'è la crisi (cit.).

Ne approfitto per augurare a tutti i miei lettori buone feste, soprattutto serene e senza stress. Visto come si sta mettendo la situazione degli ospedali italiani, sappiate che vi ho voluto bene.
Ohmmmmm.....

Aggiornamento: Per ridarvi il buon umore sappiate solo che Andrew Wakefield, il profeta dell'antivaccinismo, l'ex medico autore di una delle frodi scientifiche più vergognose della storia, è stato insignito del premio "Golden duck award" quale ciarlatano dell'anno (ha preceduto il principe Carlo d'Inghilterra, noto seguace dell'omeopatia), contattato, il vincitore non ha ancora ritirato il premio.

 

lunedì 17 dicembre 2012

Il caso Tamiflu: la trasparenza è tutto, il silenzio è peggio.

Un ciarlatano è un individuo che si approfitta della debolezza (da tutti i punti di vista, anche l'ignoranza è una debolezza) del prossimo per imbrogliarlo, facendogli credere che un suo prodotto, una sua idea, qualcosa in suo possesso, possa giovargli, quasi sempre per problemi di salute. Si tratta di una delle figure più patetiche e vergognose nel panorama umano. Il ciarlatano, ne ho parlato, è in genere una persona fallita, personalmente o professionalmente ed ha come scopo finale il guadagno di denaro, a qualsiasi costo. Smascherare un ciarlatano non è difficilissimo (almeno per un medico), basta avere voglia, tempo ed intuito.
Molto più difficile smascherare chi si traveste da persona seria ma poi si comporta esattamente come un ciarlatano. Il termine quindi, se spesso identifica una persona di basso valore umano e professionale, può applicarsi anche a chi, ufficialmente attendibile ed onesto, compie atti talmente disumani e scorretti da trasformare la sua attendibilità in disonestà. Per questo motivo identificare un ciarlatano "evidente" è molto più facile di smascherarne uno "nascosto". Un medico serio che tradisce i fondamenti della professione e dell'etica è un ciarlatano. Un operatore della salute che mette davanti ai diritti dei malati quelli personali è un ciarlatano.
E' successo, non poche volte e qui racconterò una vicenda che rischia di trasformare un operatore della salute presumibilmente serio in un ciarlatano della peggiore specie.
Le aziende farmaceutiche fanno un lavoro eccezionale. Senza di esse non avremmo farmaci o strumenti chirurgici, non riusciremmo a procurarci le medicine senza sforzo particolare. Il nostro benessere lo dobbiamo in larga parte alla loro produzione.
In cambio le aziende guadagnano una marea di denaro: poco male, è uno scambio inevitabile, per me possono pure arricchirsi, basta che si comportino con onestà, correttezza e trasparenza.
Tra aziende, medici e cittadini (i tre personaggi che si susseguono nella "catena della vendita di farmaci") deve esserci un rapporto di fiducia, è fondamentale e scontato.
L'azienda crea un farmaco e con correttezza lo mette in commercio perchè serve a qualcosa, a curare una malattia, non importa se grave o meno, lo scopo è nella stessa definizione di "farmaco".
Il medico prescrive quel farmaco perché l'azienda gli ha detto che si tratta di un prodotto sicuro ed efficace e se qualche insicurezza esiste bisogna renderla nota. Così il medico potrà prescrivere quella sostanza in scienza e coscienza, nell'interesse del malato. I successivi guadagni, stratosferici o meno, sono un altro capitolo che a me interessa meno, come ho detto, se un'azienda produce un farmaco salvavita o efficace ha pieno diritto di guadagnarci, anche tanto.
Trasparenza ed onestà quindi: finché esiste sono disposto a perdonare persino l'errore in buonafede (nonostante questo possa costare vite umane e sofferenza, ma che è sempre uno dei limiti umani).
Purtroppo in questi giorni si sta assistendo a qualcosa che fa crollare la fiducia che un medico (e di conseguenza i pazienti) deve riporre in un'azienda farmaceutica.
E' la storia del Tamiflu, vicenda che da noi stenta a diventare pubblica ma che sta squassando il mondo delle aziende farmaceutiche, della ricerca e della medicina. La molecola attiva del Tamiflu si chiama oseltamivir, è un antivirale prodotto e commercializzato per combattere l'influenza e diminuirne le complicazioni. Venduto in farmacia è stato acquistato da diversi governi per far fronte ad un'eventuale pandemia influenzale. Visto che l'influenza è una malattia inguaribile (quasi sempre benigna ed a guarigione spontanea), se non dovesse bastare il vaccino per prevenirla, potrebbe essere necessario ricorrere a farmaci ulteriori. Il Tamiflu è nato per questo. L'azienda produttrice, la svizzera Roche, ha ricavato grossissime cifre dalla vendita del farmaco, soprattutto dalle scorte che i governi si sono assicurati.

Ma qualcosa in questa vicenda non quadra.
Visto che da noi è arrivato solo un flebile eco, vediamo se riesco a farla conoscere come si deve.

Prima di raccontarla la introduco con una curiosità, quella che riguarda uno dei tormentoni dei ciarlatani e dei "naturale a tutti i costi". Questo con la storia c'entra poco con l'argomento centrale ma ne approfitto parlandone al volo.
Quante volte si sente dire "quel rimedio non sarà mai prodotto dalle case farmaceutiche perché deriva dalle piante e non si può brevettare!", oppure "ricavare quel prodotto dalle piante costa poco e nessuna azienda si sognerebbe di venderlo, non ci guadagnerebbe nulla!".
Sono affermazioni ambedue false. La prima: non è vero che un prodotto che deriva "dalla natura" non si possa brevettare. Naturalmente non è possibile brevettare una pianta o un fiore ma un suo derivato per uso medico (o di altro tipo) sì. Esempi noti: l'acido acetilsalicilico (la comune Aspirina) ed il Taxolo (un chemioterapico derivato dal Tasso, un arbusto che cresce spontaneamente). La seconda: il processo di purificazione, sintesi e produzione intensiva di un derivato "naturale" (termine improprio, qualsiasi sostanza è "naturale", anche il petrolio...) può essere costoso e complicato. Il caso del Tamiflu è un esempio lampante. La sostanza principale che compone il farmaco (l'acido shikimico) deriva dall'anice stellato. Il processo di purificazione è complicato e difficile. Il Tamiflu è coperto da brevetto e costa tantissimo, questo nonostante sia un farmaco del tutto "naturale" e derivato da una pianta. Chiudiamo quindi una volta per tutte questo inutile argomento.
Ma come detto non è questo il problema riguardante il farmaco.
Come per qualsiasi sostanza farmacologica posta in vendita, anche il Tamiflu, prima della commercializzazione, è stato sperimentato ed i risultati dei test (in particolare lo studio del prof. Laurent Kaiser, svizzero) dicevano che fosse efficace per migliorare i sintomi dell'influenza, modificarne il decorso e diminuire il rischio di complicazioni.
Esperimenti riusciti, vendita autorizzata, milioni di confezioni vendute in farmacia ed ai governi di mezzo mondo. Tutto lineare e standardizzato, quando si parla di medicine.
Le affermazioni della Roche sul suo farmaco erano piuttosto precise e dettagliate, come spiegato dal BMJ (British Medical Journal, una delle riviste mediche più prestigiose al mondo) che nel frattempo aveva iniziato a seguire la vicenda perché direttamente coinvolto nella pubblicazione delle ricerche sulla molecola:
Oseltamivir (brand name Tamiflu) is a multi-billion dollar drug that Roche claimed reduced hospital admissions by 61% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009); secondary complications (including bronchitis, pneumonia, and sinusitis) by 67% in otherwise healthy individuals; and lower respiratory tract infections requiring antibiotics by 55% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009). These statements, Roche said, were based on the conclusions of the Kaiser paper.

(trad.) L'oseltamivir (nome commerciale Tamifli) è un farmaco che fa ricavare miliardi di dollari e che la Roche definisce capace di ridurre i ricoveri del 61% (Tamiflu media briefing, 7 settembre 2009), le complicazioni secondarie (incluse bronchiti, polmoniti e sinusiti) del 67% in soggetti sani ed infezioni delle basse vie respiratorie che richiedono antibiotici del 55% (Tamiflu media briefing, 7 settembre 2009). Queste affermazione, dice Roche, sono basate sulle conclusioni del lavoro di Kaiser
Anche la maggioranza dei governi che decisero di fare scorta del farmaco si basarono sullo studio di Laurent Kaiser per il quale però sorgeva un "piccolo" problema, anche se in realtà già nel 2000 la FDA inviò alla Roche un avvertimento per pubblicità ingannevole sul farmaco.

Visto che la vicenda è intricata e complessa provo a schematizzarla, non è possibile raccontare tutti i particolari (vi è una corrispondenza fittissima, tantissimi documenti ed un numero impressionante di dati, servirebbero pagine su pagine e diventerebbe tutto molto complicato) e quindi tratterò solo quelli essenziali per comprenderla meglio.
Un pediatra giapponese, Keiji Hayashi, cominciò a dubitare dei risultati di quegli studi che sembravano confermare l'efficacia del farmaco (lo studio di Kaiser e le revisioni che ne seguirono). Andando a scavare più in fondo, gli stessi autori di alcuni di questi studi si chiesero se non fosse il caso di ricontrollare i dati, le statistiche, i numeri alla fonte, questo perché ciò su cui si basavano queste "conferme di efficacia" era troppo poco (studi presentati solo a congressi, non pubblicati, report di riunioni aziendali, eccetera).
Fu così la Cochrane (organizzazione scientifica specializzata nella revisione degli studi scientifici su un certo argomento) che chiese all'azienda produttrice di fornire tutti i dati a sua disposizione per ricontrollarli e revisionarli, ma arrivò un no.
Non secco, inizialmente un "tira e molla", un continuo rimandare la consegna di quei dati, poi una nuova promessa ed un altro rinvio uniti a misteriosi smarrimenti di report (il prof. Kaiser, autore del primo studio che misurava l'efficacia del farmaco parlò di smarrimento dei dati invitando a contattare direttamente la Roche), insomma, dopo anni (e fino ad oggi), la Roche non ha consegnato tutti i dati (che sosteneva di possedere) relativi al suo prodotto.
Ci fu un altro episodio "strano".
Tom Jefferson, italiano, componente proprio di quella Cochrane che doveva ricontrollare i dati, fu invitato dalla Roche a firmare un documento in cambio del rilascio delle pubblicazioni.
Il problema fu che Jefferson doveva sottoscrivere di non rivelare l'esistenza di quell'accordo e di non utilizzare i dati che avrebbe visto per altre ricerche ma Jefferson rifiutò e questo provocò un ulteriore "irrigidimento" dell'azienda, lo studioso italiano ha pubblicato tutta la corrispondenza con Roche. La storia cominciò a diffondersi, furono anche alcuni cronisti inglesi (Tom Clarke della rete Channel4) che provarono a trovare un punto di contatto tra l'azienda e gli studiosi ma niente, non ci fu verso di rendere disponibili quei dati (l'azienda rispose anche che i dati li aveva forniti a sufficienza, sia alla FDA che all'EMA, le agenzie sui farmaci statunitense ed europea). Nel 2009 l'azienda invia una risposta "punto per punto" al BMJ nella quale confutava, a suo dire, ogni dubbio ma continuando di fatto a nascondere i dati richiesti.
Si riuscì comunque a consultare alcuni dei dati che avrebbero dovuto fornire prove sull'efficacia del Tamiflu ma queste prove non erano così evidenti, anzi, di fronte ad un beneficio molto limitato (circa 1 giorno in meno di malattia rispetto al placebo) vi erano forti sospetti di effetti collaterali (assieme ad alcune segnalazioni poco attendibili ne esistevano altre particolarmente preoccupanti), in particolare l'allarme dei medici si basava su gravi effetti di tipo neuropsichiatrico che inizialmente erano stati imputati alle conseguenze dell'influenza ma che con i sintomi dell'influenza non hanno nulla a che vedere. Il punto principale comunque era proprio l'efficacia del farmaco.
Arriviamo ai giorni nostri.
Un divulgatore scientifico molto noto in Gran Bretagna (per me un vero mito), Ben Goldacre, dopo aver smascherato ciarlatani, alternativi, omeopati ed imbonitori, pubblica un libro sui "trucchi" delle aziende farmaceutiche e racconta la storia del Tamiflu.
Questo fa conoscere la storia al pubblico e nel frattempo il BMJ assieme ad altri scienziati, divulgatori e medici, iniziano una battaglia per l'accesso libero e pubblico dei dati riguardanti un farmaco. Alla campagna si unisce la Cochrane e persino alcune aziende farmaceutiche si dicono disponibili a sottoscrivere l'impegno, anche l'EMA (Agenzia europea del farmaco) si è occupata della storia creando un gruppo di lavoro apposito e dicendosi convinta che l'accesso libero ai dati delle sperimentazioni sia un passo ormai inevitabile. Il BMJ ha chiesto chiarimenti anche all'OMS che ha ribadito di essersi occupato della vicenda commissionando degli studi sull'efficacia del farmaco che presto saranno pubblicati. Come si vede non si tratta di una storia "nascosta" o "secondaria", qui entrano in gioco le maggiori autorità mediche del mondo e tutte convergono su un'unica conclusione: i dati degli esperimenti sui farmaci devono essere pubblici e quelli sul Tamiflu, venduto come farmaco utile e costato milioni a diversi governi devono essere forniti o l'azienda produttrice si dimostrerebbe scorretta, anche se già l'atteggiamento mantenuto finora non può che definirsi sospetto.

La storia in Italia è poco nota, da noi è arrivata solo per l'attività di Tom Jefferson, ma ora è giunto il momento di renderla pubblica. Visto l'argomento sarebbe giusto sentire anche l'altra campana. Così ho scritto alla Roche Italia per ottenere o i documenti richiesti o almeno una risposta, ecco la mia mail:
Gentile Roche s.p.a.,

sono un medico che si occupa anche di divulgazione scientifica e medica sul web e sugli altri mezzi di informazione.

Vi contatto per ottenere, se possibile, tutta la documentazione a vostra disposizione relativa al profilo di efficacia e sicurezza del Tamiflu, farmaco da voi prodotto e distribuito (oseltamivir). Ho già la scheda tecnica del farmaco e la letteratura disponibile su Medline.
Sto conducendo un'inchiesta sulla vicenda che ha avuto molto risalto in Gran Bretagna (mi riferisco a questo: http://www.bmj.com/tamiflu) e che sto seguendo ed oltre all'interesse professionale personale (sono medico ospedaliero) e da consumatore, necessito di informazioni per motivi divulgativi e per sentire la vostra opinione in merito sulla discussione che attualmente sta coinvolgendo la vostra azienda, il BMJ (British Medical Journal), l'EMA, la Cochrane e diversi soggetti interessati a vario titolo. Mi farebbe piacere conoscere la posizione di Roche Italia. Considerato che dovrò giungere a conclusioni riguardanti l'argomento che possono avere parecchio risalto sui media, ritengo opportuno e corretto rivolgermi a Voi sia per sentire la vostra versione che per ottenere notizie che eventualmente non sono disponibili sul web. Appena ricevuto il materiale ne terrò debito conto quando concluderò il lavoro che ho appena iniziato.
Darò notizia anche di questa comunicazione e dell'eventuale risposta.

Sicuro di un riscontro e ringraziandovi in anticipo, porgo cordiali saluti.

Dott. Salvo Di Grazia.
Sito web: http://medbunker.blogspot.it
Questo è quello che ho scritto alla Roche Italia s.p.a., la loro risposta è stata la seguente: silenzio assoluto.
La richiesta di chiarimenti è stata inviata il 02/12/2012. Nessuna risposta, ribadisco, da parte di Roche Italia.

L'azienda ha il dovere di rispondere a qualsiasi cittadino, a prescindere dall'eco che avrebbe un'eventuale risposta e quindi prendiamola così, la Roche non ha risposto ad un privato cittadino che è anche medico ed in questa veste prescrive anche i suoi farmaci.
La mancata risposta della Roche quindi è per me da considerare un silenzio ufficiale nei confronti di un medico e di un cittadino qualsiasi.
Se la risposta arrivasse ora, visto che la notizia probabilmente si diffonderà anche in Italia, è già condizionata, qualsiasi essa sia.



Credo siamo solo all'inizio della vicenda, che seguirò, ma tutto questo ha un unico significato: un'azienda che produce farmaci chiede ai medici ed ai cittadini di fidarsi e noi ci fidiamo assumendo le loro medicine. Non può quindi non fidarsi di chi vuole controllarla. La trasparenza è più di un dovere per un'azienda ed è un diritto di chi dall'azienda acquista i prodotti per la propria salute, a prescindere dai risultati degli studi sul Tamiflu quindi, la Roche si è già macchiata di poca trasparenza (e scorrettezza, la chiusura nei confronti di chi vuole controllare l'ho toccata con mano, almeno da cittadino).
A questo punto non resta che un'altra possibilità, la vicenda merita di essere nota a più persone possibili, ai medici ed ai pazienti, ovvero a coloro che fanno vivere l'azienda produttrice del Tamiflu, proviamo a diffonderla ed a far capire all'azienda che produce i farmaci che compriamo (da pazienti) e prescriviamo (da medici) che se non si fida di noi, noi non ci fideremo di lei e quindi potrebbe succedere che i pazienti ed i medici non si affidino più ai suoi farmaci, un'iniziativa personale ma che gioverebbe a tutti.
La proposta arriva anche da Peter Gøtzsche, componente della Cochrane di Copenhagen: boicottaggio, dice. Non faccio mai nomi di farmaci per motivi di correttezza ma forse è bene che ciascuno di noi li conosca, può essere utile quindi una lista dei farmaci Roche venduti in Italia: questi.
Ribadisco l'appello ai colleghi, ne va anche del nostro lavoro e della nostra credibilità ed ai pazienti, in farmacia ricordatevi di Roche.
Aggiornerò e seguirò la vicenda passo per passo, personalmente terrò conto di questo comportamento tenuto dalla Roche quando dovrò scegliere i farmaci da prescrivere e fino a quando l'azienda non cambierà atteggiamento dimostrandosi corretta, affidabile ed onesta.
Dite che è un argomento abbastanza convincente?

Alla prossima.

Note: Il BMJ si occupa della vicenda qui.
Media release, Basel, 7 November 2005. www.roche.com/med-cor-2005-11-07.

lunedì 10 dicembre 2012

Storia della medicina: Hahnemann, dal caffè alla psora.

Samuel Hahnemann nacque in Sassonia nel 1755, colto ed ambizioso studiò medicina nonostante non facesse parte della classe ricca del suo paese e per questo fu costretto a frequenti spostamenti da una città all'altra per mantenersi agli studi e trovare un'università che non costasse troppo. Si iscrisse alla massoneria e cominciò ad interessarsi di chimica traducendo testi scientifici e sfruttando la sua conoscenza di diverse lingue. La scarsità di mezzi della medicina di quell'epoca (praticamente agli inizi) lo indusse ad abbandonare l'attività di medico per intraprendere quella di chimico e traduttore e fu proprio in occasione di un suo lavoro che approfondì le conoscenze relative alla malaria, una malattia diffusissima all'epoca e dovuta soprattutto agli ambienti malsani e poco igienici nei quali viveva la gran parte della popolazione europea. La malaria aveva un solo rimedio "riconosciuto", il chinino, estratto dalla corteccia dell'albero di china. Oggi sappiamo che questa sostanza, un alcaloide, distrugge letteralmente il protozoo che causa la malaria (che si chiama Plasmodio) perchè direttamente tossico (e lo è anche per l'uomo).
In quegli anni la sua azione era sconosciuta e le teorie relative al suo meccanismo d'azione si sprecavano. Chi sosteneva che la sua efficacia fosse dovuta ad un'azione "tonificante" e chi per mezzo di una sorta di disintossicazione. Un altro medico sosteneva che era l'azione astringente sullo stomaco ad essere fatale per il parassita. Hahnemann leggendo questa teoria non si mostrò convinto: erano tante le sostanze "astringenti" (compresi molti agrumi) che non miglioravano i sintomi della malattia. L'efficacia del chinino quindi doveva risiedere in un altro meccanismo.

Provò allora a sperimentare egli stesso la sostanza, ne assunse quantitativi crescenti fino a quando non fu preso da una febbre molto alta accompagnata da brividi, causata dall'azione tossica della sostanza. Fu un'illuminazione: febbre e brividi erano due tra i sintomi principali della malaria. La conclusione fu immediata: per curare una malattia bisogna utilizzare qualcosa che ne riproduce i sintomi. Nacque l'omeopatia.

Il simile cura il simile: prima legge dell'omeopatia.

E' chiaro che si tratta di un'intuizione elementare, grezza, ma a quei tempi i mezzi degli scienziati e le "sperimentazioni" erano molto limitati e così ci si accontentava dell'intuito di poche persone.
Hahnemann si rese presto conto che le dosi di chinino che gli avevano procurato la febbre simile alla malaria erano troppo elevate, tossiche e rischiavano di uccidere piuttosto che di guarire. Passò quindi ad una seconda fase (senza aver dimostrato la prima che ormai riteneva corretta). Per eliminare gli effetti negativi delle sostanze da prescrivere bastava diluirle il più possibile per renderle inoffensive; davanti all'obiezione di alcuni suoi colleghi che gli fecero notare l'assenza della sostanza di origine nei suoi preparati Hahnemann sosteneva che battere per cento volte su un tappeto di crine di cavallo (qualcuno poi sostituì il tappeto con una Bibbia) i flaconi con la medicina, attivava il principio attivo rendendolo efficace (naque così la "succussione", lo scuotimento dei preparati omeopatici praticato ancora oggi). Fu però evidente che l'eccessiva diluizione di queste sostanze, se non poteva essere rischiosa per il malato, risultava anche del tutto inefficace.



Per curare le malattie quindi il rimedio del "simile" deve essere diluito diverse volte ed agitato decine di volte: seconda legge dell'omeopatia.

Ma la medicina in quegli anni era tutt'altro che efficace: agli albori senza antibiotici, disinfettanti, strumentario e microscopi era molto più rassicurante assumere un composto senza alcun effetto che sottoporsi alle torture previste dalla medicina dell'ottocento, dal salasso (prelievo di abbondante sangue mediante piccole lame o sanguisughe) all'amputazione dell'arto malato (per una "semplice", oggi, infezione), dal fuoco vivo per cauterizzare le ferite aperte all'assenza dell'anestesia, essere malato in quegli anni significava soffrire senza appello e morire nella quasi totalità dei casi. Nel 1803 il medico tedesco pubblicò un trattato nel quale considerava il caffè quale causa della maggioranza delle malattie (le ulcere, la costipazione, l'insonnia, le malattie polmonari, gli ascessi, le carie e tante altre), teoria che gradualmente abbandonò.

Hahnemann conobbe così una certa notorietà, i suoi rimedi erano "dolci", senza effetti collaterali, indolori ed i pazienti se gravi morivano lo stesso e se non gravi...guarivano. Di fronte aveva centinaia di malati che, sottoponendosi ai rimedi della medicina dell'epoca, compresi veleni come l'arsenico o i vapori di mercurio, non miglioravano i loro disturbi.
Uno dei punti di forza di questa "nuova medicina" era la cura con la quale doveva essere analizzato il malato: bisognava ascoltarne la voce, osservarne il viso, l'epressione, toccargli la pelle e sentirne la temperatura, un sollievo per i malati del 1800 che quasi sempre dopo essere stati contagiati da una malattia venivano messi in quarantena, isolati ed abbandonati dalla stessa famiglia.
Poca concorrenza quindi, Hahnemann rappresentava ciò che la medicina di quel tempo non offriva, per capire il livello "scientifico" dell'epoca basti pensare che vi erano scuole di pensiero che credevano alla "generazione spontanea" (ovvero la vita che nasce dal nulla, idea che fu smentita da un noto esperimento sulle mosche che nascevano "spontaneamente" dalla carne).

Nel 1810 il medico tedesco pubblicò l'Organon, il libro sacro degli omeopati seguito pochi anni dopo dalla "Materia medica", librone nel quale il tedesco descriveva i sintomi legati al corrispondente rimedio omeopatico, per classificarli propinava agli allievi della sua scuola omeopatica il rimedio e questi gli riferivano cosa provavano subito dopo. Un metodo (oggi chiamato "proving") come si può comprendere, assolutamente soggettivo, incontrollabile e senza alcun significato medico, ognuno riferiva il sintomo accusato senza alcun controllo nè plausibilità. Le polemiche negli ambienti medici non mancavano ma l'oggettiva mancanza di successo nella maggioranza delle malattie da parte dei medici dell'epoca consentirono ad Hahnemann di conservare una nutrita schiera di ammiratori che andavano aumentando con il tempo. A lui si rivolgevano anche i benestanti e rappresentanti della nobiltà fino a quando alcuni incidenti (la morte di vari pazienti ed infine quella di un eroe di guerra molto noto) lo indussero a cambiare nuovamente città per fuggire da chi lo criticava aspramente.
Fu nel 1820 che il medico tedesco annunciò di aver scoperto la causa di tutte le malattie che secondo lui erano da imputare ai cosiddetti "miasmi", quattro entità invisibili (sifilide, tubercolosi, sicosi e psora) che si spandevano nell'atmosfera causando tutte le malattie, in quel momento abbandonò l'idea del caffè quale causa di tutti i mali anche se ne continuò a studiare le proprietà.  L'idea di partenza dello scienziato tedesco non si discostava dalle superstizioni dell'epoca: per "espellere" il male bisognava "buttarlo fuori". Per questo motivo le varie sostanze per curare erano scelte in base a ciò che provocavano sul corpo: una febbre, una reazione cutanea o la tosse, erano solo sintomi del male che "veniva in superficie". In realtà questi erano gli effetti tossici delle varie sostanze provate da Hahnemann che potevano essere evitati in un solo modo: diluendole talmente tanto che non esistessero più.
Nasce così l'omeopatia.
Criticata aspramente dai medici dell'epoca, furono anche alcuni suoi allievi a diventare acerrimi nemici del "maestro", ognuno apportava variazioni all'idea originale così da "inventare" una nuova cura, ma questi erano presto additati come "traditori" o "visionari" da Hahnemann ed allontanati dalla sua cerchia. L'ortodossia del medico tedesco era nota e rigidissima, per lui erano eretici anche coloro che sbagliavano a scrivere il nome della sua pratica, esiste uno scambio epistolare sulla correttezza del termine "homopatia" invece di "homeopatia". Dall'altra parte, quella della medicina, le critiche furono a volte ferocissime, c'è chi lo definì un truffatore, il diavolo in persona, chi creò addirittura l'"anti-organon", un testo che demoliva passo per passo le teorie del medico tedesco, la risposta di Hahnemann era sempre decisa e chiara: "non posso essere confutato facilmente" ed alle critiche alla sua persona: "gli rido in faccia, in breve tempo saranno tutti dimenticati".

Hahnemann proseguiva quindi per la sua strada anche se, a dire il vero, il successo dell'omeopatia non fu enorme, restò sempre una pratica per pochi, qualcuno la interpretava come una filosofia di vita ed altri la ridicolizzavano, così erano spesso le vicende storiche a dettare i "tempi" nel successo di questa "nuova medicina". Un'epidemia che mieteva vittime la relegava come "stregoneria" e la cura con successo di malati con malattie gravi per l'epoca (ma che oggi sappiamo possono guarire spontaneamente) la rendevano miracolosa. Il definitivo tramonto di questa nuova idea di cura iniziò con le scoperte scientifiche. I batteri, i virus, i disinfettanti, progressivamente le "intuizioni" di Hahnemann cominciarono a diventare obsolete e chiaramente sbagliate e con l'avvento della medicina moderna si chiuse definitivamente il sipario su quella che fu inizialmente dipinta come una rivoluzione storica. Ma qualcuno avvertì: "vigilate sulla lapide dell'omeopatia o presto il suo cadavere potrebbe riapparire", fu il medico ufficiale del re di Hannover.

Il medico tedesco era ormai anziano e viveva di fama, di lui si parlava nei salotti e tra gli intellettuali e l'omeopatia diventava quasi una filosofia con molti tratti in comune con il vitalismo, corrente di pensiero molto diffusa in quegli anni e che voleva la vita come un insieme di energie e flussi vitali che contribuivano allo sviluppo degli esseri viventi. Non deve stupire, ciò che oggi ci sembra sciocco ed ingenuo era quello che avevano a disposizione i nostri avi, praticamente nulla, pochissime conoscenze, la medicina per prima...ed è proprio curioso come l'uomo che sfruttò la mancanza di medicine per sviluppare una teoria fallimentare morì proprio a causa di quella mancanza e senza utilizzare la medicina che aveva inventato. Una broncopolmonite lo fulminò quando quasi novantenne era ormai vittima di una giovane moglie ed improvvisati allievi che gli facevano girare la città in carrozza vestito sontuosamente per le visite a domicilio come un fenomeno da mostrare in pubblico. Si spense nella sua casa francese nel 1843.

Del suo sogno ottocentesco ed alchimista di curare le malattie con il nulla restano alcune aziende sparse per il mondo che per ovvi motivi commerciali tentano di riportare in auge un'idea preistorica e superata di "medicina". Sono proprio i motivi commerciali che mantengono viva l'omeopatia ai giorni nostri. Analizzandola con metodo scientifico o con semplice rigore logico non vi dovrebbe essere spazio per una pratica che sostiene di curare le malattie con il nulla ma spesso gli interessi economici prevalgono su quelli della ragione.
A livello scientifico la figura di Hahnemann è ricordata come quella di un pioniere della medicina in un'epoca nella quale curare una persona era quasi una magia sovrannaturale, un personaggio per libri di storia quindi e non per niente i libri di medicina, oggi, non parlano più di lui.

Alla prossima.

martedì 4 dicembre 2012

Scienza (c)Attiva: domani seminario al Mario Negri

Domani alle ore 14,00 terrò un seminario dal titolo "Scienza (c)Attiva" sulla percezione della scienza e su quello che interpretano i media, sulle pseudomedicine che spopolano nel web, su come comunicare la scienza e su qualche esempio che ho trattato in questo blog.
Il seminario si terrà all' Istituto Mario Negri, di Milano, prestigioso centro di ricerca farmacologica, gioiello italiano della ricerca. Per questo motivo la mattina sarò impegnato in una visita dell'istituto che spero di poter documentare anche con qualche immagine. L'incontro è pubblico e non credo vi saranno riprese video.

A domani.
L'ingresso dell'istituto

Aggiornamento: la giornata al Mario Negri.
Appena metto in ordine tutti i dati che ho raccolto devo scrivere un articolo su questo istituto di ricerca. L'esperienza è stata bellissima, interessante e costruttiva. L'istituto Mario Negri è da sempre un simbolo di buona ricerca e di investimento sul futuro, sui giovani e sulle capacità dell'ingegno umano e non per niente lì dentro ho incontrato tanti giovani ed uomini che si applicano per darci altre possibilità di cura e salute.
Qui mi limiterò a dare un piccolo resoconto della giornata che ho passato.

Arrivo trafelato in istituto (organizzare la tua giornata sulla puntualità dei treni è una scommessa azzardata) e mi accoglie un Enrico Garattini gentilissimo e pronto a rispondere a tutte le mie curiosità. Volevo capire come funzionasse l'istituto, la sua attività, i mezzi che gli permettono di procedere nel campo della ricerca e sono rimasto sorpreso nel sapere che il Mario Negri è un ente di ricerca privato no profit che dedica tutta la propria attività al pubblico, in tutti i sensi.

Ancora al lavoro...

Al microscopio elettronico
La ricerca del Mario Negri non finisce con un brevetto (e già questo dovrebbe far capire le intenzioni dell'istituto), ogni scoperta è "regalata" alla comunità scientifica ed alla società e buona parte dei contributi ricevuti sono investiti in formazione e crescita professionale. L'istituto è del tutto staccato dall'industria e dallo stato (e dalla politica...), quello che fa è indipendente. Dov'è che si diceva che la ricerca dovrebbe essere indipendente e lontana dalle logiche del profitto? Un'utopia? Beh, in realtà il Mario Negri fa proprio questo.

Ricercatrice al lavoro in laboratorio
Una cosa del genere, all'estero, sarebbe un miracolo di efficienza e prestigio, per cui quando pensiamo alla ricerca in Italia, pur bistrattata, ricordiamoci che esistono situazioni come questa, di assoluto merito e valore scientifico. Proprio riguardo al valore scientifico l'Istituto è ai vertici nel mondo: migliaia di studi scientifici e ricerche all'avanguardia che escono dalle stanze di Milano lo dimostrano.

Risonanza magnetica

Dopo aver passato una mattina a visitare gli uffici dell'istituto, ho conosciuto diversi capi dipartimento (alcuni dei quali li conosceremo nei prossimi giorni perché possono spiegare alcuni degli argomenti che ci interessano, come la sperimentazione animale), ho discusso di come si mantiene l'istituto, delle iniziative sul territorio, insomma, un vero e proprio viaggio all'interno di uno dei più importanti centri di ricerca al mondo. Il Mario Negri si interessa di varie problematiche inerenti la salute. Compie studi nel campo dell'oncologia, delle malattie neurodegenerative, del cardiovascolare ed in quello farmacologico. Si occupa di salute pubblica, terapia del dolore e svolge molte iniziative "sul territorio", con progetti organizzati con i medici di famiglia, i farmacisti e le strutture ospedaliere che collaborano.
L'ora di pranzo era vicina e se non volevo rischiare il collasso durante il seminario ho dovuto mangiare qualcosa (alla mensa dell'istituto). Altre persone conosciute, altri progetti ed iniziative e via, la sala comincia a riempirsi e si inizia con proiezione delle diapositive.

La sala si riempie




L'ho detto all'inizio della relazione: ero sinceramente emozionato. Cosa avevo da "insegnare" al Mario Negri? Il mio lavoro su internet è "sul campo" ma spiegare a persone che passano le loro giornate in laboratorio o tra le statistiche, che ho scoperto un fotomontaggio di un guaritore o come mi sono fatto invitare al congresso mondiale di oncologia cinese sarà utile ed interessante?
Spero di sì.

Una TAC
Così ho parlato per circa 35 minuti spiegando qualche mio risultato, raccontando come sono riuscito a "divulgare" qualche argomento scientifico e medico, non sono mancati i momenti ironici (che uso spesso), soprattutto quando ho illustrato l'ultimo "lavoro scientifico" del prof. Massimo Della Serietà (che presto illustrerò anche qui), come si comunica la scienza, come arrivare alla società partendo dalla ricerca scientifica più complicata e come i media spesso riescono a "distorcere" le conclusioni di uno studio. Poi tante domande, interessanti e stimolanti.
L'argomento che ho trattato è sicuramente insolito rispetto a quelli ai quali sono abituati i ricercatori del Mario Negri nei loro incontri ma credo di aver contribuito a qualcosa, in fondo è dalle loro ricerche che dipende il nostro futuro e sottolineare come sia fondamentale saper "parlare" a chi legge la ricerca credo sia interessante anche per loro.
Finita la relazione ho fatto un altro giro in istituto ed ho parlato con altre persone, capi dipartimento, Enrico Garattini mi ha illustrato le sue ultime ricerche, per esempio quelle relative all'uso di retinoidi nella cura dei tumori mammari in donne che hanno una particolare caratteristica genetica.
Tra le cose che mi hanno colpito di più c'è sicuramente la presenza di giovani. Vedere tanti giovani e giovanissimi ricercatori è incoraggiante e vedere i più "anziani" al loro fianco è emozionante. Un'altra cosa che potrà interessare chi mi segue è che l'istituto è da sempre un baluardo nei confronti delle terapie e delle scelte non scientifiche, contrasta il diffondersi di pseudoscienza e medicina alternativa ed ha preso posizione diverse volte, anche a livello istituzionale, a proposito di questi argomenti. Non è cura della salute pubblica anche questa?

Cosa mi ha lasciato questa esperienza? Un po' di nostalgia del mio periodo universitario e la conoscenza di una realtà forse non notissima nel nostro paese.
L'Istituto Mario Negri vive anche di donazioni e può ricevere il 5 per mille che a tutti noi non costa niente e visto che in questo sito non insisto mai in donazioni o contributi, se questa volta lo faccio è perché ho visto cosa significa lavorare per la salute in maniera seria, efficente, onesta ed organizzata.
Questo è il loro sito e qui la pagina per sapere come effettuare donazioni. Si potranno aiutare dei campi di ricerca che ci interessano personalmente o aiutare in generale i giovani ricercatori o finanziare le borse di studio. Non è una buona idea?

Alla prossima.

lunedì 3 dicembre 2012

Il 70% dei pazienti omeopatici crede nell'omeopatia: ma va?

Il titolo è ironico, ma non per gli omeopati, visto che ricalca il loro "modus operandi" che pur di fare pubblicità alla loro pratica si arrampicano sugli specchi e puntualmente scivolano.
Intanto un avvenimento curioso. Da quando qualcuno ha cominciato a spiegare cos'è l'omeopatia, da un iniziale sguardo di sufficienza, gli omeopati sono passati agli insulti ed agli attacchi isterici (e persino alle minacce, come accaduto a BlogZero), qualcuno li trattava come poveri sfigati, i loro blog erano definiti "blogghetti", "piccoli siti", "fenomeni isolati", un modo per liquidare senza tante contorsioni e minimizzare chi invitava le persone a ragionare.
Qualcosa però deve aver preoccupato gli omeopati (e le multinazionali che producono i rimedi omeopatici) e così anche grandi industrie come la Boiron hanno cominciato a contattare "blogghetti" in maniera mirata, quelli dedicati alle mamme ed ai loro "pensieri" quotidiani e quando l'ho saputo, ho avuto l'impressione che i "blogghetti" qualche fastidio all'omeopatia (alle tasche dell'omeopatia) cominciavano a farlo. Così, in un eccesso di pietà nei confronti dei poveri blogger isolati e disperati che nessuno leggeva, sono state invitate decine di mamme blogger in azienda e queste, con tanto di logo in bella mostra, hanno raccontato la loro "giornata Boiron".
Che bel gesto, naturale e diluito.
Immaginate se domani una delle grandi multinazionali del farmaco invitasse mamme e bambini in azienda facendo vedere le fasi di ricerca e produzione del farmaco, il confezionamento e così via. Cosa si direbbe?
Vergogna! Plagio!! Pubblicità! Inganno!! E se domani pubblicassi un articolo con logo in primo piano ed il titolo "La mia giornata Big Pharma"?

Insomma...la Boiron punta alla pubblicità diretta e lo fa rivolgendosi direttamente ai "blogghetti" che tanto critica con mezzi a dir poco "aggressivi", ricordatevene mamme, quando andate in farmacia. Un altro boomerang, secondo me e, come sempre, un'altra mossa sbagliata dell'industria omeopatica.
Non ne azzeccano una. Compresa la scelta di dipingersi come industria "felice e contenta", che punta tutto sul benessere dei consumatori e dei dipendenti, salvo poi chiudere bottega per risparmiare, lasciando a piedi decine di famiglie, in questo caso la "felicità" è solo dei padroni.

A costo di ripetermi quindi lo riscrivo: se c'è una categoria che prima tra tutte dimostra davvero l'inconsistenza dell'omeopatia è quella degli omeopati.
Non avendo argomenti scientifici da proporre si lanciano in affermazioni trionfalistiche che finiscono per dimostrare, a chi ha un po' di sale in zucca, che si discute del nulla.
L'ultima "sparata" omeopatica si legge proprio nei siti omeopatici, la riporta il dott. Alberto Magnetti, omeopata, che ha una rubrica sull'edizione on line de "La Stampa" e si trova nel sito della Boiron. Si tratta di un sondaggio (loro la chiamano "ricerca" e conoscendo il livello delle ricerche omeopatiche non stupisce) effettuato con un questionario a centinaia di pazienti di medici omeopatici.
Su Lancet? BMJ? Almeno sul Giornale Italiano di Medicina? No, su una rivista di consumatori: "Altroconsumo".
I risultati sono esilaranti, ma gli omeopati buttano tutto nel mucchio, chi vuoi che vada a sindacare...
La Boiron scrive:
"Da questi dati emerge che oltre il 70% dei pazienti si rivolge a un omeopata, il più delle volte seguendo il consiglio di parenti e amici, dopo avere inizialmente affrontato, senza successo, un problema di salute attraverso la medicina convenzionale."
Il titolo della pagina dice "Ecco cosa emerge dall'esperienza dei pazienti che utilizzano i medicinali omeopatici, secondo una ricerca di Altroconsumo". Ma che succede?
Il 70% dei pazienti che utilizzano omeopatia si rivolge all'omeopata? Alla faccia che risultato...che shock...quasi inaspettato. Il dottor Magnetti scrive sul suo blog su "La Stampa":
Dall’inchiesta è emerso che nella maggior parte dei casi (oltre il 70%) ci si rivolge a un omeopata dopo avere inizialmente affrontato il problema attraverso la medicina convenzionale
Potrebbe sembrare che la notizia stoni un po' con i dati più recenti che vogliono l'omeopatia in costante ed importante calo di successo e vendite, invece non stona affatto. La notizia sconvolgente sarebbe che quasi tutti coloro che usano omeopatia vanno dall'omeopata e come lo hanno scoperto? Chiedendo a chi si trovava nello studio di un omeopata!
Si tratta insomma del solito gioco di parole ai quali si appoggiano gli omeopati per darsi pacche sulle spalle e sorridere felici. Un po' come se dicessi: "il 99% dei pazienti che vanno dal medico si affidano alla medicina". Alla faccia della "ricerca".

I questionari sono stati consegnati ai pazienti da medici omeopatici in occasione della loro prima visita (ed un secondo questionario dopo 6 mesi) nel loro ambulatorio. Cioè non si tratta di un questionario consegnato a persone a caso delle quali il 70% va dall'omeopata, ma di domande fatte a chi era già dall'omeopata.

Ah! Le cose cambiano quindi...traduciamo: non è il 70% dei pazienti che si rivolge all'omeopata ma il 70% dei pazienti degli omeopati...va dagli omeopati e di questi la maggioranza ci va su consiglio di amici...umh...ma che fanno, prendono in giro?

Oltretutto, scoprire che i pazienti omeopatici vadano dall'omeopata, cosa c'entra con il successo di questa pratica? Suonerebbe strano il contrario, per esempio che quasi tutti quelli che usano omeopatia vadano dal salumiere per le prescrizioni, non quello che hanno "scoperto" gli omeopati...

Magnetti intitola il suo articolo "Continua ad aumentare il successo dell'omeopatia tra i cittadini europei" ma c'è sicuramente un errore di stampa ed il collega lo correggerà. L'articolo potrebbe intitolarsi: "Continuano ad aumentare i pazienti mandati dagli amici" per esempio, oppure "i pazienti degli omeopati vanno dagli omeopati" ma se vuol essere corretto e preciso dovrebbe scrivere: "il 30% dei pazienti degli omeopati non credono all'omeopatia"...insomma, non si cava un ragno dal buco.
Ma la parte più bella è quella che analizza i risultati (si tratta sempre di un questionario eh? Nessuna pretesa di scienza e questo lo ammette pure il dott. Magnetti) dopo sei mesi di cure.

Aho, è una strage.
Intanto si analizzano solo malattie autolimitanti e passeggere, quasi sempre stagionali, ma i risultati sono devastanti!
Riguardo ai bambini (neretti miei):

Disturbi della pelle: Peggiorato o stabile: 67%; migliorato: 33%
Disturbi respiratori: Peggiorato o stabile: 51%; migliorato: 49%
Disturbi psicologici (nei bambini? ndr.): Peggiorato o stabile: 36%; migliorato: 64%

E sugli adulti:

Disturbi della pelle: Peggiorato o stabile: 54%; migliorato: 46%
Disturbi respiratori: Peggiorato o stabile: 54%; migliorato: 46%
Disturbi psicologici: Peggiorato o stabile: 52%; migliorato: 48%
Esofago/stomaco/intestino: Peggiorato o stabile: 57%; migliorato: 43%
Muscolo-scheletrici: Peggiorato o stabile: 34%; migliorato: 66%
Allergia: Peggiorato o stabile: 37%; migliorato:63%
Stress/ansia: Peggiorato o stabile: 38%; migliorato: 62%

OmeoTafazzi
Non ho incluso i risultati riguardanti disturbi non specificati ed in neretto solo i disturbi che hanno ottenuto un miglioramento più elevato rispetto ai peggioramenti.
Come si vede i risultati sono del tutto casuali ed a dir poco disastrosi, esattamente quello che succede in natura, puoi migliorare o peggiorare ma se non fai nulla rischi di stare peggio. I risultati poi, non sono oggettivi ma "percepiti", quindi molti dei miglioramenti potrebbero pure non essere reali. Un disastro che un medico omeopata non ha esitato a divulgare (la Boiron in quanto azienda si fa semplicemente pubblicità).

I miglioramenti quasi sempre non riescono a raggiungere nemmeno la metà dei casi, cioè, quando con una cura riesci a fare migliorare a stento la metà dei tuoi pazienti, non stai curando quella malattia. Da notare anche che i "malanni" che hanno ottenuto un certo miglioramento sono quelli più condizionabili dal tempo (ansia, allergie, dolori muscolari), ovvero quelli che possono passare anche senza assumere nulla.

Se non è prova di inefficacia questa...e l'hanno pubblicata loro eh? Poi ditemi che gli omeopati non sono autolesionisti...
Chiudo copiando il finale dell'articolo del dott. Magnetti, che commentando questo splendido questionario ha scritto:
questi tipi di valutazione si avvicinano maggiormente a quelli che, secondo me,  rispettano al meglio le caratteristiche dell’approccio omeopatico cioè gli studi osservazionali. Questi ultimi esprimono maggiormente il concetto di effectiveness, cioè quanto un trattamento funziona nella pratica clinica, quindi in modo reale sul territorio, rispetto al concetto di efficacy che misura quanto il trattamento funziona in studi clinici o studi di laboratorio.
Studi osservazionali? Efficacy? Effectiveness?!
Il collega crede che l'"effectiveness" di un trattamento si possa scoprire con un questionario lasciato nello studio di un omeopata, quattro domande e via, abbiamo lo studio osservazionale pronto, una valutazione superficiale  con le domandine di "Altroconsumo", un esperimento alla "volemose bene" insomma...
Siamo a posto...
Il quadro come si vede è desolante. Stiamo parlando di cure, non di estrazioni del lotto. Se nella maggioranza dei disturbi (in pazienti che credono all'omeopatia...) non migliora nemmeno la metà dei pazienti, quale migliore dimostrazione che state somministrando acqua fresca? E gli omeopati per sapere l'"effectiveness" delle loro medicine si basano sui questionari di Altroconsumo, ma complimenti...

Perché gli omeopati non sanno presentare dati seri invece di appoggiarsi ai questionari di "Altroconsumo" che alla fine riescono pure a dargli torto?
Non possono ed a loro non resta che continuare con questo livello di "scienza" autorelegandosi nelle riviste in edicola, accanto agli oroscopi.

Io più che di effectiveness, parlerei di  facciatosteness.

Alla prossima.

sabato 24 novembre 2012

Il contesto è tutto: il dhmo è mortale

Non so quanti conoscano questa storia, credo in tanti (almeno chi naviga sul web con regolarità) ma ogni volta che la racconto vedo facce riflettenti (no, non che diventano specchi ma che riflettono, pensano), come se raccontassi qualcosa che nessuno ha mai pensato.
Chi conosce la storia la rileggerà con piacere, chi non la conosce resterà stupito.

Parlo del monossido di diidrogeno (DHMO), composto presente praticamente dovunque, sul nostro pianeta e nel nostro organismo, negli alimenti e nell'ambiente. Per non parlare di ciò che beviamo, praticamente è quasi tutto DHMO. Non sto facendo una scoperta ed oltretutto, come ho detto, la storia è pure vecchia ma visto che la rete è abituata a toni allarmistici, ricordare il "dramma" del monossido di diidrogeno non è mai troppo.

Nel mondo se ne parla abbastanza, esiste un sito (che ha la sua versione italiana) ed altri che si occupano di questa situazione, abbastanza completi ed assolutamente attendibili.
Il monossido di diidrogeno è un composto inodore, incolore (nella sua forma originale), che contiene idrossido (componente tra l'altro dell'acido solforico). I chimici sapranno che è conosciuto anche come idrossido di idrogeno ed in alcune nomenclature è definito acido idrico per la sua formula. In natura si trova praticamente dovunque ma è possibile sintetizzarlo anche in laboratorio. E' utilizzato come refrigerante, componente di sostanze tossiche, armi chimiche e processi industriali semplici e complessi. Lo rinveniamo in abbondanza nei servizi igienici, in genere come prodotto di pulizia, ma era presente anche nei campi di sterminio (in piccole quantità, sembra), nei laboratori chimici ed in quelli che si occupano di sperimentazione animale.
La cosa preoccupante è che praticamente tutti gli acquedotti comunali hanno segnalato quantità enormi di questa sostanza nelle loro condutture che evidentemente arriva ai nostri rubinetti.

Ma si tratta di una sostanza pericolosa?
Basterebbe sottolineare che è provato come sia quasi sempre letale l'inalazione e, non per niente, questa sostanza compone buona parte delle piogge acide e dei farmaci chemioterapici endovena. Si tratta di sostanza spesso corrosiva per i metalli (e non sorprende, il suo effetto è visibile ad occhio nudo!). Basterebbe una prova facilissima: anche a casa, il monossido di diidrogeno riesce a sciogliere tantissime sostanze di consumo comune (da certi zuccheri al cloruro di sodio), è per questo che è usato come solvente da industrie e nelle lavorazioni farmaceutiche.
Ormai da decenni, questa sostanza chimica trasparente, è stata rinvenuta nelle cellule tumorali (di tutti i tipi!) e nonostante sia potenzialmente pericoloso, l'esposizione è frequente (addirittura incoraggiata) sui bambini e gli anziani, come sappiamo la fascia di popolazione più esposta ai danni ambientali, ma non solo: alcol, caffè e bibite gassate ne sono pieni, per non parlare dei farmaci (anche quelli pediatrici ed omeopatici!).

Scarico industriale con forte contenuto di DHMO

Come proteggersi?
Praticamente impossibile, viviamo circondati dal DHMO, ne assumiamo quantità ingenti ogni giorno, tanto che esistono associazioni di studio ed analisi dei danni del composto che per ora sembra non abbiano ottenuto alcun risultato. L'unico dato certo finora è che gli animali acquatici non subiscono alcun danno dalla sostanza.

Il lato più inquietante della vicenda è che esistono industrie (anche in Italia) che producono DHMO (in genere confezionato in contenitori di plastica oblunghi) e che realizzano guadagni enormi dalla vendita e diffusione del prodotto, si può dire con sicurezza che il nostro paese è tra i maggiori produttori e consumatori della sostanza, con multinazionali che assicurano l'esportazione e la diffusione mondiale senza alcuna limitazione particolare. Nonostante qualcuno provi a promuovere l'uso della sostanza (un gruppo californiano ne condivide l'uso), esistono movimenti sparsi nel mondo che cercano di diffondere la notizia che il DHMO è una sostanza chimica potenzialmente pericolosissima e persino letale. Sono state descritte persino gravissime ustioni causate dall'uso improprio anche in ambiente domestico.

Campi devastati da una fuga di DHMO da un fiume vicino

Anche in Italia, tempo fa, un "noto naturopata" iniziò una raccolta firme e delle analisi nei suoi laboratori speciali per identificare la particolare sostanza (questa è una copia della pagina che comparve nel suo sito). Nonostante il suo tentativo di fare chiarezza sul tema, come testimoniano le sue dichiarazioni subito dopo le prime analisi:
 "I tempi delle risposte dei laboratori NON sono quelli che vorrei e poi il problema non e' molto semplice, occorre il suo tempo.
Per ora so solo che sarebbe meglio evitare di utilizzare questa acqua chimica per il fatto che il CEM di quest'acqua NON e' identico a quella dell'acqua naturale e cio' mi basta per sapere che puo' produrre dei danni, sicuramente nel tempo." [...] "Il domicnio (sic.) di coerenza di quel tipo di acqua chimica NON e' identico a quello naturale."
la sua iniziativa si interruppe pochi giorni dopo, improvvisamente.
Poi il nulla. Sull'argomento nessuno spende più parole. Nonostante questo, grossi bacini di raccolta di DHMO e quantità sempre costanti di esso, sono presenti in tutte le città del mondo civilizzato e sono frequenti gli scavi che cercano fonti di questa, a quanto pare preziosa, sostanza. Sarà un caso che le regioni povere non riescono ad ottenerne scorte sufficienti?

Caratteristiche fisico-chimiche del DHMO

Fino a qui ci siamo?
Per rendere tutto più misterioso potrei aggiungere qualcosa come: sveglia!!!1!!11, urlo di battaglia di tutti i complottisti.

Fate girare!!1!
Bene. Un po' di termini tecnici, qualche dato allarmante, il termine "chimico" ripetuto diverse volte e termini "ambigui": anche senza dire la minima bugia ho descritto la terribile pericolosià del monossido di diidrogeno, la cui formula chimica è H2O.
Ovvero acqua.

Il monossido di diidrogeno è l'acqua.

Ogni affermazione fatta è assolutamente reale e comprensibile solo se si sa di cosa stiamo parlando e se si inserisce tutto nel contesto corretto. Se invece estraggo i dati un po' in disordine ed evito di approfondire, ecco che una sostanza "naturale" ed inoffensiva diventa un pericoloso incubo chimico, letale e tossico. Qualsiasi dato o notizia, estrapolato dal contesto o isolato dal discorso può diventare strumento per appoggiare le proprie teorie anche se non corrette. Se poi aggiungiamo frasi ad effetto, ambigue e poco comprensibili possiamo rendere torbido anche un concetto limpido, la mancanza di chiarezza, il linguaggio confuso o chiaramente terroristico, l'apparente presenza di riferimenti scientifici, possono confondere chiunque ed indurre false conoscenze.
Il caso del DHMO (l'acqua, ripeto, la semplice acqua) è abbastanza noto in rete ma è molto simbolico. In un'epoca nella quale siamo bombardati di informazioni di tutti i tipi, non sappiamo di chi fidarci e fino a che punto, rischiamo di essere diffidenti quando non è necessario e creduloni quando bisognerebbe mantenere un atteggiamento critico. Questo spesso non succede. Quanti di noi davanti agli sproloqui degli antivaccinisti non si sono chiesti "e se fosse vero?", quanti davanti alla testimonianza di un "guarito" da una cura alternativa hanno pensato "possibile che menta?", non ha più senso nemmeno fidarsi dell'autorità, perché abbiamo visto diverse volte che l'autorità non è per forza e sempre nella ragione (e qualcuno di questa "autorità" si approfitta).
Le fonti, che sarebbero la prima garanzia per controllare la veridicità di una notizia" sono tante, troppe, spesso tecniche e specialistiche per poter essere comprese da chiunque, non può stupirci quindi se anche in parlamento o in sedi prestigiose arrivano argomenti come "le scie chimiche" o "gli UFO".
Alla conferenza sul clima di Cancun (Messico, 2010), diversi delegati delle Nazioni Unite hanno firmato un appello per bandire il DHMO dal nostro pianeta, proposto da una presunta (ed ironica) organizzazione umanitaria di volontari. Tutto questo non è bello, anche se fa ridere.
Per questo motivo è fondamentale che chi ci governa abbia la cultura e la preparazione come principale dote, non importa lo schieramento o il partito, serve gente seria, preparata, sveglia, sarebbe inutile una rivoluzione degli ignoranti, serve una rivoluzione delle menti. Essere governati da caproni è la maledizione peggiore che possa capitare ad un popolo. Per lo stesso motivo sarebbe auspicabile che la stampa divulgasse solo notizie scientifiche controllate, veritiere, attendibili.
Sono piccoli accorgimenti che in realtà servono ad un futuro migliore.

Alla prossima.

Del temutissimo DHMO ne hanno parlato anche Dario Bressanini nel suo blog su Le Scienze, Wikipedia e Paolo Attivissimo .
Alla prossima.

venerdì 16 novembre 2012

Primarie: sei domande per la scienza

Aria di politica, anche se di politica in questo blog non se ne fa.
Quando però mi lamento dell'assoluta mancanza di cultura scientifica del nostro paese, forse, un piccolo spazio politico bisogna aprirlo, rimboccandosi un po' le maniche.
I vari schieramenti presentano i loro candidati per le primarie, tutti a parlare di lavoro, tasse, voti ma nessuno che abbia avuto il benché minimo pensiero per gli argomenti della scienza e della cultura.
Eggià, perché cosa vuoi che gliene freghi alla casalinga di Mongiuffi (per non prendersela sempre con quelle di Voghera) della legge sulla procreazione assistita o dell'omeopatia, il voto si "chiama" con argomenti molto più "popolari".
Allora facciamoci sentire. Va benissimo occuparsi di disoccupazione e di tasse, ma uno spazio per la cultura esiste? Un futuro per la ricerca ed il progresso, possiamo sperarlo? Ci lamentiamo della deriva superstiziosa del nostro paese? I giovani vivranno in un modo governato dalle profezie o dagli esperimenti? Possiamo chiederlo a chi ci governerà? Possiamo capire come la pensa?
Proviamoci.

Tanti divulgatori scientifici italiani, studiosi, blogger, professionisti e semplici simpatizzanti (aumentano sempre di più), si sono messi in testa la strana idea di porre alcune domande ai candidati alle primarie dei vari partiti politici, è nel nostro diritto capire con chi avremo a che fare. Basta aderire all'iniziativa, con la collaborazione di "Le Scienze" e chiunque può sottoscrivere le sei domande da porre ai vari candidati delle primarie di tutti gli schieramenti politici. I candidati risponderanno alle domande inviando una mail a: redazione@lescienze.it

I primi a essere interpellati sono i candidati del centrosinistra: Bersani, Puppato, Renzi, Tabacci, Vendola. Le stesse domande saranno poste ai candidati delle primarie del PDL e di tutti i partiti/movimenti che sceglieranno il loro leader con questo strumento. In una seconda fase, saranno preparate le domande per le elezioni politiche. L'iniziativa non sostiene alcun movimento politico.


Le domande (solo sei) sono precise, toccano vari argomenti ed aspettano risposte.

Le domande
  • Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?
  • Quali misure adotterà per la messa in sicurezza del territorio nazionale dal punto di vista sismico e idrogeologico?
  • Qual è la sua posizione sul cambiamento climatico e quali politiche energetiche si propone di mettere in campo?
  • Quali politiche intende adottare in materia di fecondazione assistita e testamento biologico? In particolare, qual è la sua posizione sulla legge 40?
  • Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l'etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?
  • Qual è la sua posizione in merito alle medicine alternative, in particolare per quel che riguarda il rimborso di queste terapie da parte del SSN? 

Io ho aderito.
Chiunque può diffondere l'iniziativa o aderire se interessato, scrivendo a:

redazione@lescienze.it (specificando nel soggetto "Dibattito Scienza")

Si può seguire il dibattito su Facebook o su Twitter (hashtag #dibattitoscienza #primarieCSX).

Grazie.

Aggiornamento: Cominciano ad arrivare le prime risposte, saranno pubblicate sul sito di Le Scienze (e casomai le riporterò qui), gli organizzatori stanno decidendo come pubblicarle e quando.
Quando arriveranno le varie risposte commenterò solo quelle relative alle medicine alternative.

Sono arrivate tutte le risposte, le trovate sul sito de Le Scienze, qui.

Presto commenterò quelle relative all'ultima domanda (medicine alternative).

Commento alle risposte.

Bersani: mi sembra accettabile, non esistono medicine "alternative" ma solo medicine scientificamente provate e questo è il requisito minimo per un eventuale rimborso tramite il SSN.
Puppato: Dimostra di essere poco informata. La direttiva UE (che non è nemmeno "nuova") è già in vigore in Italia. In ogni caso la sua frase "l'omeopatia, ritengo sia una branca della medicina che ha dimostrato la sua utilità" è significativa delle sue convinzioni. Mi sembra la meno "approfondita" ed interessante delle risposte.
Renzi: Secondo me non ha nemmeno risposto. Dopo una spiegazione su cosa si intende per medicine alternative, parla della situazione relativa alla regolamentazione ed alla formazione degli operatori. Per quanto mi riguarda non è questo che desideravo sapere.
Tabacci: Un risposta corretta ed equilibrata, spazio alle medicine "alternative" sempre relativamente all'approvazione consolidata e diffusa da parte della comunità scientifica.

Vendola: Anche lui si poggia sulle basi scientifiche per convalidare qualsiasi pratica medica. Risposta corretta. Mi è piaciuto il riferimento alla cultura scientifica quale mezzo di crescita e sviluppo di un paese.

Nota finale: molti potrebbero sottovalutare il significato di questa (riuscita) iniziativa. Un gruppo di cittadini (prima) e cultori di scienza (dopo) ha posto una serie di domande a candidati politici i quali (onestamente) hanno risposto. Scegliere chi ci governa è democratico, sapere come la pensa ancora di più. Questa iniziativa quindi, oltre ad un significato politico ne ha uno molto più importante che spero tutti vogliano cogliere. Complimenti quindi ai ragazzi di "Dibattito scienza".

sabato 10 novembre 2012

Perchè ho creduto ad una cura alternativa

Mi arrivano tantissimi messaggi di posta elettronica (e mi scuso con chi non ha ricevuto risposta ma è davvero un'impresa farlo, assicuro che comunque leggo tutto ed approfitto per ringraziare chi mi scrive) e se molti sono messaggi di segnalazione o di incoraggiamento, altri sono storie personali, casi delicati e vicende umane durissime. Non pubblico spesso le lettere che mi colpiscono di più ma (sempre dopo aver chiesto autorizzazione) qualcuna merita di essere letta.

Quella che pubblicherò oggi mi è stata inviata da una persona gentilissima, colta ed educata, con la quale è piacevole conversare e scambiare opinioni. Lei ha fatto uso (non personalmente ma per la malattia di sua madre) di una cura alternativa abbastanza nota. Non serve commentare più di tanto le parole di Maria (nome inventato) perchè fanno riflettere. Quando ci chiediamo i motivi di tanta "ingenuità" nel cadere tra le braccia (avide) di ciarlatani e guaritori, quando restiamo a bocca aperta davanti a persone apparentemente ragionevoli ma che si trasformano in sprovveduti davanti ad un'evidente cura senza utilità, possiamo avere una risposta dalle parole scritte in questo messaggio.
Il messaggio è lungo anche se ho tagliato parti non fondamentali, ma spiega tante cose.

==

Buongiorno dottore,

volevo intanto ringraziarla [...].
Vorrei anche raccontarle la mia storia uguale sicuramente a tante altre che ha conosciuto [...]

Sono laureata in biologia e svolgo il mio lavoro in un'industria chimico-biologica, mi piace tutto ciò che è scienza, innovazione e cultura, non ho mai utilizzato medicine alternative, dalla popolare omeopatia a quelle più "estreme", mai fino ad 6 anni fa.

Accompagnando mia mamma ad un controllo medico per disturbi che la colpivano da qualche mese, ho avuto la notizia peggiore che potessi aspettarmi. Mia madre era stata colpita da un tumore all'utero, più precisamente da un sarcoma uterino allo stadio IIB. Come lei sicuramente saprà alla sfortuna della diagnosi si è aggiunta la sfortuna del tipo di tumore e dell'estensione (diffusa oltre l'utero), [...].
Passata la prima fase (disperata, perchè non volevo spiegare esattamente di cosa si trattasse, mia madre era un tipo apprensivo e pessimista), ci siamo affidati con tutte le nostre buone intenzioni al reparto del ginecologo che seguiva da una vita la mamma (e che mi aveva pure fatto nascere).
Ci tengo a sottolineare l'umanità, la professionalità e la passione con la quale mia mamma è stata curata dai medici, dagli infermieri e dal personale tutto dell'ospedale [...], a loro devo molto anche io perchè una buona parola la riservavano anche a me ed alle mie sorelle.
Dopo una prima chemioterapia (che aveva ridotto l'estensione a quasi la metà), mia mamma ha fatto un intervento chirurgico e poi radioterapia e nuova chemioterapia.
Devo dire che i nostri timori di effetti collaterali terribili ed ingestibili non si sono avverati, oltre a qualche disturbo facilmente sopportabile mia mamma si è ripresa subito dall'intervento e non ha sofferto particolarmente durante tutta la fase di cura.
Ero felice per due motivi: mia mamma era viva, per prima cosa e poi non soffriva. La prima paura di quando affronti un tumore è proprio quella legata al dolore ed alla sofferenza.
Tutti i controlli successivi andavano bene e mia mamma ha potuto godere della nascita di una nipotina, ha viaggiato, ha coltivato i suoi hobby e nessuno avrebbe potuto definirla "ammalata".

Poi il momento della ricaduta, esattamente un anno fa, quando il risultato di uno dei vari controlli periodici (sempre negativi fino ad allora) faceva sospettare qualcosa di poco piacevole. Così fu: una recidiva.
Per la sede della lesione e per il tipo di malattia il medico fu chiaro: c'è poco da fare, la mamma era inoperabile e l'unica speranza era una chemioterapia palliativa e forse delle sedute di radioterapia. Alla mia domanda sulla possibile sopravvivenza il medico rispose che in genere non si supera l'anno.


Me lo aspettavo ma speravo che questo momento arrivasse il più tardi possibile ma era arrivato. Accettai le cure proposte dal nostro medico (che ebbero il loro effetto, le masse crescevano molto lentamente ed inizialmente erano pure regredite) ma contemporaneamente mi misi alla disperata ricerca di altre possibilità.
Mentre cercavo su internet e leggevo delle cure più incredibili [...] in un forum fui letteralmente catturata da un gruppo di sedicenti "guariti" da una di queste cure.
Era la famigerata "cura [...]". Quelle persone erano felici, esaltate, mi ricordavano le riunioni di rappresentanti di oggetti per la casa alle quali partecipavo quando cercavo lavoro, piene di luci, suoni, urla, tutto creava un'atmosfera surreale, ti ipnotizzava, volevano a tutti i costi trascinarti nel loro gruppo, una sorta di cerchio magico che ti attirava come sirene suadenti.

Approfondii la conoscenza della cura [...] ed approfittando dei miei studi ho letto libri, studi, ho raccolto centinaia di dati di letteratura, ho letteralmente rivoltato il sito della cura, ho perso sonno e persino qualche ora di lavoro, quando mi recavo distante per parlare con qualcuno.
Mi resi conto che ero in preda ad un'isteria mai provata, quello che leggevo erano banali storie di chi deve convincerti di qualcosa che non esiste, la "famosa" cura [...] era una delle tante versioni che si trovano su internet per illudere i malati. Non c'era niente di interessante o "scientifico", mi trovavo di fronte al nulla spacciato per "scienza", [...] e non era credibile e lo stesso pensava il medico curante di mia mamma, il mio, due parenti medici (che nemmeno sapevano che esistesse acora una cura del genere). Parlai pure con alcune persone guarite grazie alla cura e due le incontrai personalmente.
Mi fecero leggere dei documenti e, anche se con un po' di difficoltà, riuscìi a capire che quella cura non aveva niente a che fare con la loro guarigione, quelle donne erano state curate completamente in ospedale esattamente come mia madre, con un intervento chirurgico ed una anche con le consuete sedute di chemio e radio ma per loro questa parte delle cure non esisteva, era stata rimossa, era stata tossica e pericolosa e doveva essere cancellata, nonostante le avesse mantenute in vita. Arrivai a tante delle conclusioni che anche lei ha scritto nel suo sito su questo metodo.
Tutto il merito del loro stato di salute era dovuto alla cura che avevano fatto, anche se questa arrivò dopo quelle effettuate in ospedale, ne erano realmente sicure e in buonafede, anche loro erano esaltate ed in preda a una specie di crisi mistica nei confronti del loro "santone" ed anche io, nonostante l'evidenza mi diceva di non avere trovato una soluzione al mio problema mi buttai in quella specie di "fede cieca" che non mi faceva notare nemmeno i migliaia di euro spesi per le medicine.

Prenotai non senza qualche difficoltà una visita dal dott. [...] e mi trovai davanti ad una persona che restava sul vago ma mi dava le speranze che i medici non mi avevano dato. Mi prometteva risultati, "in tanti anni sono tantissime le persone ancora tra noi", sorridente, suadente, anche un po' viscido, ma ipnotico, con l'aria da saggio, mi passa una ricetta stampata raccomandandomi di acquistare i farmaci in una farmacia ben precisa che era l'unica "autorizzata", mi colpì la sua espressione quasi sofferente da maschera di commedia greca, aveva una espressione che sembrava recitare una parte e sussurrava.
Dopo aver pagato mi resi conto di essere uscita da una specie di santuario, provavo la stessa cosa che si prova quando si esce da una chiesa nella quale si è pregato per ricevere una grazia o una concessione, mi sentivo libera, soddisfatta, piena di speranza e fiduciosa, ero piena di fede. Ha presente quando viene voglia di gridare con tutta la forza possibile e dopo averlo fatto ti senti libera? Ecco, io avevo quella sensazione: la realtà dell'ospedale e la speranza dell'impossibile.

Mi superai per fare quella cura in maniera perfetta, seguendo pedissequamente le indicazioni del dottore che visitò mia mamma. Orari precisi, decine di pillole, somministrazioni temporizzate, cavi, batterie e rituali di somministrazione. [...], spendevo tanti di quei soldi che la mia condizione di persona benestante passò in poche settimane a quella di una piena di debiti e senza alcuna possibilità di concedersi uno svago o un piacere extralavorativo.

Ero felice però, più di mia mamma che non sopportava tutte quelle medicine, che voleva essere lasciata in pace e mi rimproverava ma io credevo di farlo per lei, che era tutto per aiutarla.
Al controllo successivo, dopo tre mesi, la malattia era stabile, nessun miglioramento. Il medico mi disse che non era un male e sottintese che era meglio ripetere il controllo in un altro ospedale perchè spesso i medici boicottavano e falsificavano i risultati degli esami di chi era sotto cura da lui. Inoltre un risultato degli esami del sangue era diminuito di un po': ecco, mi disse il medico, visto che la cura comincia ad agire?
Io, come la fedele alla liturgia, ripetevo lo stesso esame in un altro ospedale (altri soldi, altra fatica, giorni di lavoro saltati, sacrifici...). Risultato praticamente identico.
Però mia mamma stava bene, usciva, mangiava, come se non avesse nulla e così mi catapultavo nei luoghi di ritrovo virtuali dei "fedeli" della cura e parlavo di miglioramenti, l'esame era sceso un po' e mia mamma stava benissimo, forse era tutto vero, forse quella cura serviva veramente, ero sommersa di complimenti, abbracci, cuoricini, tutti contentissimi che la cura "stava funzionando".
Il medico continuava ad essere ottimista: "non deve preoccuparsi, se fa bene la cura sua mamma avrà benefici", mi rispondeva il dottore con un sorriso e così facevo, continuavo la cura rischiando l'esaurimento per la complessità delle cose, sopportavo gli effetti collaterali (che per ironia della sorte erano più pesanti di quelli della chemio) e passavano i giorni, sicura che al prossimo controllo tutto si sarebbe risolto.
Invece no al controllo successivo era tutto peggiorato, un linfonodo però, all'altezza dell'inguine, era quasi sparito e mi aggrappavo a quello. Per il medico, per me e per tutti i miei nuovi "amici" conosciuti su internet, la cura andava alla grande, quella era la prova certa che la cura funzionava. Il medico mi disse che avrebbe presentato il caso nel suo prossimo congresso perché era soddisfatto dei risultati.
Mia mamma cominciò a stare male, giorno dopo giorno cominciò a spegnersi fino a quando fu necessario il ricovero in terapia intensiva.

Dopo solo una settimana nella quale io, come una fissata, continuavo a somministrarle di nascosto quello che potevo la riportammo a casa.
Morì esattamente quando aveva previsto il suo oncologo, dopo meno di un anno, senza nessun beneficio, senza miglioramenti, senza vantaggi. Mi sono trovata senza mamma, senza soldi e vuota nell'anima.

Frattanto il gruppo di internet che mi aveva fatto conoscere la cura era sempre sorridente, incoraggiante, festante, dopo le condoglianze, passavano al prossimo malato: ce la fai! Siamo con te! Coraggio!...
Dove trovi decine di persone che ti dicono che sconfiggere quella malattia è possibile e semplice, che sorridono di continuo, che incoraggiano?

Ho autoanalizzato il mio comportamento e credo di aver capito che la vera malata ero io. Avevo bisogno di una spalla, di un gruppo di sostegno. Mi servivano certezze e tutte queste cose la medicina non può (ovviamente) dartele. Me le davano quelle persone, il medico, la speranza. Ero in uno stato di ipnosi tale che avrei potuto giurare che mia madre stava meglio quando invece si spegneva giorno per giorno. Mia mamma è stata curata ed è sopravvissuta grazie al lavoro di un ospedale pubblico che io ho presto dimenticato e per questo mi sento in colpa profonda. Quando faceva la cura alternativa, non ne ha ricevuto nessun beneficio se non quello di aver perso tutti i suoi risparmi, ma io raccontavo di miglioramenti, di passi da gigante che esistevano solo nella mia testa e probabilmente ho contribuito a convincere qualcun altro a seguire questa strada folle e pericolosa, ma non pensavo di raccontare un sogno e non la realtà.
Mia mamma non ha avuto nessun sollievo, nessun giovamento, nessun aiuto dalla cura alternativa: l'ho presa in giro per farmi sopportare la sofferenza, in quel modo ho aiutato me non lei. La cura alternativa è servita a me, non a lei e la cosa che più mi ha fatto soffrire è averla messa nelle mani di certe persone per mia consolazione non per suo giovamento.

Sono uscita fuori da una crisi successiva a quello che per me è stato un errore. Affidando mia mamma nelle mani degli alternativi le ho rubato salute e speranza, le ho mentito ed ho mentito a me stessa. Questo non me lo perdonerò mai, ma la cosa che più mi dispiace è che non ho reso giustizia a chi ha curato davvero la mamma con amore e professionalità, tutto il personale dell'oncologia e di ginecologia dell'ospedale [...].
Loro mi hanno chiesto notizie di mia mamma, il dottore alternativo oggi ha nel suo sito il caso elencato tra quelli "guariti" (gli ho scritto per farlo togliere ma non lo ha fatto) e mentre mia mamma moriva, lui era al congresso che raccontava una guarigione che non era mai avvenuta e non ha mai chiesto come fosse andata a finire, per lui mia mamma è ancora viva.

Il mio unico grazie va ai medici ed al personale di Milano, al dottore della cura alternativa non devo nulla e spero che di lui, per chi crede, si occuperà una giustizia molto più severa di quella terrena. Non mi resta altro da fare [...].

La ringrazio [...]

Maria

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Alla prossima.