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venerdì 30 agosto 2013

MedBunker Classic: Cecità ai cambiamenti

Articolo originariamente pubblicato il 17 agosto 2010.


Traduzione dell'interessantissimo articolo di Steve Novella. Si parla di attenzione, percezione e "cecità ai cambiamenti".
Quante volte ci è capitato di non percepire differenze in una scena che è necessariamente diversa da quella che conosciamo?
Un testimone di un fatto delittuoso è attendibile?
Registriamo davvero tutto quello che vediamo?
Quando non focalizziamo l'attenzione in quello che ci interessa, cosa resta nella nostra memoria?
Sono domande interessantissime alle quali molti scienziati tentano di dare una risposta.

Noi esseri umani notiamo più facilmente un oggetto aggiunto o rimosso da una scena o facciamo più caso ai cambiamenti del contesto (colori, luminosità...)? Sono le "teorie del contrario e del sottosopra".

Leggiamo l'articolo di Steve Novella per capirne un po', poi qualche esempio per vedere chi di noi è davvero attento e chi invece è distratto per natura. Molte nostre distrazioni sono "biologicamente" prestabilite perchè il cervello memorizza solo ciò che ci interessa e più facciamo esperienza maggiormente le informazioni memorizzate sono catalogate ed archiviate nei meandri della mente. Quando ricordiamo una scena vissuta tanti anni fa, quasi sempre ne ricordiamo solo gli aspetti importanti e che ci interessano cancellando definitivamente il superfluo o ciò che non è importante ai fini del ricordo in senso stretto.

Cecità ai cambiamenti.

(di Steve Novella, MD

Il fatto che non avvertiamo tutto ciò che vediamo non ci dovrebbe sorprendere. Questa esperienza la facciamo tutti regolarmente, c'è una grandissima quantità di informazioni nel nostro campo visivo ma prestiamo attenzione solo ad una sua piccola parte. Se però contemporaneamente qualcosa lampeggia o si muove o cambia abbastanza drasticamente, può catturare la nostra attenzione. È interessante notare che, nonostante la nostra esperienza conosca i limiti della nostra attenzione visiva, le persone tendono a sovrastimare la capacità di avvertire i dettagli ed a volte si sorprendono quando un particolare importante passa inosservato.
Ecco qualche simpatico esempio di quello che i neuroscienziati chiamano cecità ai cambiamenti.

La cecità ai cambiamenti è la mancanza di notare un modifica di ciò che accade nel nostro campo visivo.

Essa è strettamente connessa ma distinta dalla cecità da distrazione, che è la completa incapacità di avvertire un elemento (non specificamente una modifica).

Gli scienziati hanno esplorato la natura della cecità ai cambiamenti.
Per inciso, sono sempre stupìto dall'approfondimento dei dettagli che è possibile trovare in qualsiasi questione strettamente scientifica. Sembra che vi sia quasi sempre un piccolo gruppo di ricercatori che hanno scavato ad incredibile profondità anche il più piccolo problema. E questo è quello che ho trovato in letteratura sulla cecità ai cambiamenti.
Credo di essermi fissato sui temi principali di questa ricerca stimolato da un recente studio che ha usato il computer per aiutare a produrre test più precisi sulla cecità ai cambiamenti.

"Al contrario" contro "sottosopra"

Come per tante questioni scientifiche esistono opinioni diverse che contengono tutte una parte di verità.
Nella cecità ai cambiamenti le due opinioni sono descritte come l'ipotesi del contrario e l'ipotesi del sottosopra, riferendosi a quello che è il cambiamento di una scena che afferra la nostra attenzione.

La teoria "al contrario" riguarda la nostra comprensione del contesto di una scena. Nell'ultimo studio si propone l'esempio della ricerca di un computer in una foto di un ufficio. La nostra attenzione va alla scrivania, perché ci rendiamo conto che è lì che un computer è più probabile che si trovi.
La teoria del "sottosopra" si concentra sulla rilevanza visiva di ciò che compone l'immagine come il contrasto, il movimento e la luminosità, i componenti più elementari del processo visivo.
Sembra che siano coinvolti tutti questi processi. Secondo il nostro obiettivo utilizziamo l'esperienza "al contrario" di ciò che dovrebbe esserci nella scena per cercare qualcosa di interessante. Ma anche in mezzo a una tale ricerca la nostra attenzione può essere attratta da un oggetto ad alto contrasto o qualcosa che inizi a lampeggiare nel nostro campo visivo.
Ciò ha senso da un punto di vista funzionale, abbiamo bisogno di bilanciare la nostra abilità di concentrare la nostra attenzione visuale ma anche di accorgerci di cambiamenti importanti nel campo visivo.
Questo però è anche un compromesso come molte funzioni biologiche.
Più ci concentriamo nei dettagli, meno ci accorgiamo dei cambiamenti, più controlliamo la scena generale meno focalizziamo i dettagli ed il contesto.
Abbiamo risorse visuali e processi cognitivi davvero limitati e li sfruttiamo al bisogno ma non possiamo fare tutto. Di questo probabilmente ce ne accorgiamo nella vita di ogni giorno.
A volte si può essere concentrati in qualcosa ed essere del tutto disattenti rispetto agli eventi attorno a noi, è quella che possiamo chiamare distrazione. Altre volte si può essere in allerta ed attenti a tutto ciò che ci succede attorno.

In ogni caso i ricercatori dibattono sul contributo del "contrario" e del "sottosopra" nella cecità ai cambiamenti. Gli studi recenti forniscono al dibattito due contributi.
Per prima cosa notano che le ricerche che si sono concentrate sul contributo del fattore "al contrario" sono state contaminate involontariamente da quelle "sottosopra". Per esempio, quando un oggetto è rimosso manualmente da un'immagine o scambiato con un altro (e questo è un cambiamento "al contrario"), le caratteristiche dell'immagine (contrasto, eccetera) possono essere state inavvertitamente alterate.
Per questo hanno proposto un algoritmo computerizzato per fare dei cambiamenti ad una scena senza cambiare le caratteristiche ambientali dell'immagine e quindi separare meglio queste due variabili.

Studi al computer

Ciò che è stato fatto era mostrare una scena poi una piccola pausa e di nuovo quella scena con un piccolo cambiamento.
E' un test con un'oscillazione (la pausa, ndt) e la ricerca ha dimostrato che è più difficile notare i cambiamenti in una scena con una pausa in mezzo rispetto ad una senza pausa. L'oscillazione disturba la nostra capacità di notare il cambiamento. Qui c'è un esempio. (nota del traduttore: il cambiamento è piccolissimo ed io non sono riuscito a trovarlo. Arreso, mi sono fatto aiutare ed ora so cosa cambia).
Un fiore in basso a destra, poco sopra la biforcazione di una pianta.
Con il perfezionamento del metodo gli autori hanno notato che la gente fa più attenzione all'aggiunta o alla rimozione di un oggetto da una scena piuttosto che al cambiamento di un colore.

Conclusione

I dettagli di questa ricerca sono interessanti e possono portare ad applicazioni pratiche, come alla progettazione di segnali stradali che possano attirare maggiormente l'attenzione dei guidatori. Potrebbero essere usati anche dalle compagnie pubblicitarie per preparare spot ed annunci che richiedono la nostra attenzione e l'attenzione dei consumatori è una merce che le aziende pagano per ottenere.

Per molte persone comunque è importante un'immagine appariscente, abbiamo una capacità limitata di focalizzare i dettagli o i cambiamenti in questi dettagli.
Oltretutto ci fidiamo troppo delle nostre possibilità.
Questo si può estendere alla memoria così come all'attenzione dei nostri sensi. Questo eccesso di fiducia causa molti equivoci, come riporre eccessiva attendibilità in un testimone oculare. Contribuisce anche all'evidenza aneddotica che costituisce le argomentazioni di molte credenze paranormali. Quanto la gente vede uno strano oggetto nel cielo ad esempio e pensa sia un'astronave aliena oppure un qualsiasi altro mistero, sono generalmente troppo fiduciosi nella loro capacità di aver notato dettagli tanto importanti che potevano condurli ad una spiegazione più banale.
Comprendere la cecità ai cambiamenti inoltre, è importante per l'umiltà che contraddistingue il punto di vista scientifico e scettico. E' utile anche per tirare fuori dai guai i mariti quando non notano il nuovo colore dell'acconciatura della moglie.
Beh, forse no...

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Ed ora qualche piccolo esempio.
Alcuni di voi li conosceranno in quanto sono abbastanza noti chi non li conosce invece potrà scoprire quanto siamo distratti.
I video sono in inglese ma non è importante ciò che si dice quanto ciò che si vede (e che non si vede).
Tra i più noti la partita di basket ed il trucco della carta che cambia colore ed un terzo video segnalato nei commenti da Riccardo che merita di essere visto. Gli stessi video contengono la "soluzione".  Buona visione.

La partita di basket:
quanti passaggi fanno i componenti della squadra bianca?




Il trucco della carta che cambia colore (da Quirkology): un gioco di prestigio con sorpresa finale.




Chi è l'assassino?
Un video eccezionale che fa barcollare il significato del termine "testimone oculare":




Alla prossima.

Traduzione dell'articolo Change Blindness di Steve Novella pubblicato nel blog Neurologica Blog e tradotto con l'autorizzazione dell'autore.

.::.

NOTA:

Breve segnalazione.
Con mia sorpresa sono in nomination per il "Macchianera Italian Award 2013" (un premio assegnato annualmente a vari siti web) in due categorie:
  • Miglior sito tecnico-divulgativo (con questo blog).
Chi lo ritenesse opportuno può votarmi qui (termine votazioni 19 settembre 2013, premiazione 21 settembre 2013 a Rimini). Ricordarsi di votare almeno 10 categorie, pena voto non valido.

Ringrazio di cuore chi mi ha segnalato per entrare in nomination!

mercoledì 21 agosto 2013

Non siamo provette.

Ho trovato un metodo eccezionale per curare la peggiore malattia del nostro secolo, il caffè uccide le cellule del cancro, l'ho visto con i miei occhi al microscopio e lo dicono anche gli studi.
Potrebbe essere un articolo firmato dall'ormai mitico (e lanciato verso nuove e prestigiose avventure) prof. Massimo Della Serietà, ma visto che l'argomento è serio, parlerò seriamente.
Partiamo dall'inizio.

La cellula è un complesso insieme di strutture che compone tutto il nostro corpo, dalla punta dei capelli fino al tallone, siamo semplicemente un enorme "puzzle" di cellule che formano organi, li ricoprono, producono sostanze, ormoni, trasmettono impulsi nervosi, elettricità, scambiano informazioni ed altro ancora. Tutto questo avviene grazie a strutture ancora più piccole, quelle che permettono alle cellula di funzionare: piccole formazioni che sono dentro alla cellula, altre che stanno all'esterno, organuli come i mitocondri, strutture come i recettori.
Come qualsiasi unità vivente, la cellula ha un ciclo di vita, nasce, si riproduce e muore ed ogni cellula lo fa ad una velocità diversa, con scopi diversi, in modo diverso, dipende dal suo ruolo ed ogni fase della sua vita è regolata in maniera precisa, perfetta.

Cellule normali. Notare come si "affianchino" una con l'altra in modo perfetto.

Sono i geni che dicono alla cellula cosa deve fare e quando deve finire il suo ciclo vitale, le dicono pure di stare attenta a non "invadere" il terreno delle altre cellule, pensate: quando una cellula ne tocca un'altra, sa che non deve più crescere (si chiama "inibizione da contatto") o intralcerebbe pericolosamente il lavoro ed il compito della cellula vicina. Come nei compiti anche nell'aspetto le cellule si assomigliano, ma ogni cellula appartiene ad una famiglia, così le cellule del sistema nervoso si somiglieranno ma avranno un aspetto molto diverso di quelle della cute, le cellule del pancreas saranno molto simili anche nella caratteristica di produrre certe sostanze, ma profondamente diverse dalle cellule del sangue, che quelle sostanze non devono produrle, non è il loro compito.
Noi esseri umani siamo davvero un miracolo di perfezione: riflettendoci è già è incredibile la possibilità di comandare un arto o un movimento con "la sola forza del pensiero", ma è del tutto fantastico ciò che accade all'infuori della nostra volontà, la respirazione, il battito cardiaco, la circolazione del sangue, siamo una "macchina" che nessun genio al mondo potrebbe riprodurre.
Ma le cose non vanno sempre bene.
E' proprio perché siamo frutto di migliaia di anni di evoluzione e di miglioramenti (in fondo siamo il meglio del meglio esistente al mondo) che ogni tanto qualche meccanismo si inceppa e non funziona come dovrebbe.
La cellula, che normalmente sa benissimo cosa deve fare, lo dimentica, i suoi meccanismi si inceppano e non seguono le regole che dovrebbero, invece di morire, quando opportuno, continua a vivere, invece di fermarsi alla presenza di altre cellule vicine continua a crescere una sull'altra, una sorta di "voracità" incontrollata ed incontrollabile, questo perché i geni che regolano le loro funzioni diventano (o sono sempre stati) difettosi, sono danneggiati, perdono le loro proprietà. Le cellule anormali travolgono l'architettura di un organo, ne trasformano la forma, la funzione, invadono gli organi vicini, letteralmente "impazziscono", diventano cellule tumorali.

Tumore della pelle. Notare la crescita "disordinata" delle cellule.

In una sorta di "ribellione" alle leggi della fisiologia, la cellula del cancro non ha più alcuna regola, vive in maniera anarchica ed egoista, si riproduce velocemente senza tenere conto di chi ha vicino, copre e distrugge le "sorelle" normali, non muore, distrugge l'organismo che fino a quel momento ha aiutato a vivere e trasforma il suo scopo di vita altruistico (lavorare in sintonia con le altre cellule per far vivere l'organismo a cui appartiene) in uno scopo egoistico (lavorare per il suo esclusivo interesse danneggiando tutto ciò che la circonda).
E' talmente incredibile la follia della cellula tumorale che è possibile vederla. Al microscopio le cellule tumorali sono diverse, anche profondamente, da quelle normali, reagiscono diversamente, si colorano in modo diverso, a livello "macroscopico" (cioè visibile ad occhio nudo) rendono l'organo colpito irriconoscibile, lo trasformano, lo distruggono (la parola cancro deriva dall'aspetto di certe lesioni tumorali che ricorda le zampe del granchio).

Differenze al microscopio tra cellule normali e tumorali: A) Prostata B) Rene C) Pancreas D) Cervello. Notare le differenze di forma, "ordine", colore.

Per questi motivi (e per altri ancora) fermare il cancro non è facile, le cellule tumorali non sono estranee e non vivono all'esterno del corpo, sono parte di noi, vivono grazie a noi e la loro tipica invasione (che può essere localizzata o a distanza) non sempre permette una rimozione della malattia. Il fatto di riuscire ad invadere organi vitali, vasi sanguigni e linfatici, può rendere impossibile estirpare alla radice il male e quando non è possibile farlo (con la chirurgia ad esempio) l'unico tentativo possibile è utilizzare farmaci, sostanze velenose che distruggano quante più cellule tumorali possibili. Per questo motivo le terapie per il cancro sono molto aggressive, spesso ricche di effetti collaterali, il cancro non è un gioco né un'influenza e necessita di maniere forti per essere vinto. Ma perché allora ogni tanto si legge di sostanze apparentemente "banali" con la capacità di uccidere le cellule tumorali? Perché la maggioranza delle medicine alternative che proclamano di poter guarire da vari tumori, sono evidenti bufale?

Se chiedessi come si può uccidere un essere vivente, è chiaro, le risposte sarebbero le più varie: sparandogli, avvelenandolo, colpendolo con un corpo contundente ed in decine di altri modi.
Ma come si uccide una cellula tumorale?
Bella domanda...una cellula è un'unita vivente e può essere uccisa utilizzando gli stessi mezzi che si utilizzerebbero per uccidere un uomo: un esplosivo la farebbe saltare in aria, il fuoco la brucerebbe, una sostanza velenosa la eliminerebbe per sempre.
Ma allora perché non uccidere la cellula tumorale con una pistola? Oppure con un litro di benzina o con del cianuro?
Semplicemente perché per uccidere lei dovremmo uccidere l'organismo che la ospita.
Serve allora qualcosa che, uccidendo la cellula "malata", non uccida l'intero organismo ma è chiaro che per fare questo non possiamo usare un mezzo troppo potente ma nemmeno un inutile mezzo troppo "debole", serve una via di mezzo, qualcosa di molto potente ma non tanto da uccidere un uomo. Ecco che nascono i chemioterapici: talmente potenti e tossici per la cellula, ma non sufficientemente tossici da uccidere un uomo.
Così la medicina si serve di diverse armi (che dipendono dal tipo di tumore, dalla sua estensione, grandezza, localizzazione, eccetera). La chirurgia tende a rimuovere la "massa" tumorale, la chemioterapia prova a fare "piazza pulita" di ciò che resta e quando non si può operare è possibile utilizzare la chemioterapia o la radioterapia per arrivare dove non arriva la mano dell'uomo. Quando serve si possono utilizzare sostanze antiormonali, anticorpi, immunostimolanti, varie forme di energia (come il calore) ed altro.
L'estrema difficoltà nel distruggere tutte (e solo) le cellule del tumore può fare comprendere perché sia così difficile (quando non impossibile) sconfiggere questa malattia, ma nonostante tutto i passi avanti, gli effetti positivi ed i successi della medicina, sono eloquenti.
Sicuramente un giorno troveremo di meglio, ma noi abbiamo già "di meglio" rispetto ai nostri avi di pochi anni fa, i passi avanti ci sono e sono evidenti e se analizziamo i tumori che non hanno altra cura che quella chemioterapica (quelli del sangue, ad esempio, che non si possono certo operare) persino la tanto bistrattata chemioterapia ha dimostrato di funzionare più che egregiamente.


Sopravvivenza da Leucemia acuta in bambini (0-14 anni): negli anni '60 del 4% negli anni '90 dell'80% (anni 2000: 90,4%)

Si deve migliorare, è chiaro e probabilmente i nostri discendenti guarderanno alla nostra epoca come ad un'era di preistoria della medicina, ma oggi, rispetto a poche decine di anni fa, di cancro si guarisce e non è una cosa così scontata, per niente.
Nonostante questa realtà, periodicamente sembra che escano fuori incredibili risultati su una o l'altra sostanza che "uccida" le cellule tumorali, con il consueto corollario di commenti stupefatti su una o l'altra molecola usate dal ciarlatano di turno che finalmente avrebbe avuto la "rivincita" sulla medicina o avrebbe previsto il futuro con le sue scoperte. Succede anche con la medicina "seria", non sono rari i titoli di giornali che parlano di "nuova molecola contro il cancro", ma non è sempre una notizia veritiera.

Quando leggi che un noto farmaco o una vitamina "uccide le cellule tumorali in una provetta", ricorda: lo fa anche una pistola. (sottotitolo: Ora, se questo uccide  solo le cellule tumorali in una provetta, puoi essere sicuro che questo possa essere un grande traguardo per chiunque soffra di cancro della provetta). Da xkcd.com
Praticamente tutte le sostanze "velenose" per l'uomo, distruggono le cellule tumorali così come tutto ciò che ha un'azione dannosa in generale: se "fanno male" all'organismo intero, qualche azione dannosa da qualche parte ci sarà. Ma questo risultato si puo ottenere anche con sostanze apparentemente innocue, il limone uccide le cellule cancerose in provetta, così come il bergamotto (un altro agrume) o il pompelmo, ma anche la propoli (un prodotto di lavorazione delle api), il pomodoro o certi tipi di fungo velenoso. Varie piante come un tipo di senna, il peperoncino, l'orchidea ed una specie di alloro, persino il caffè di cui ho parlato all'inizio.

Non sto ad elencare le prove che consentono di stabilire come la fiamma ossidrica o l'acido cloridrico possano distruggere completamente le cellule tumorali. Se poi usassimo un'esplosione nucleare il risultato sarebbe evidente e totale, piazza pulita.


Ma allora, perché non usiamo queste possibilità contro i tumori?
Perché non facciamo mordere un malato di tumore da un serpente velenoso, visto che il veleno di serpente uccide le cellule tumorali?
Perché noi esseri umani siamo complicati, diversi da quelli che percepiamo di essere. Il nostro organismo assimila, cambia, metabolizza, estrae, espelle queste sostanze, in una marea di meccanismi e trasformazioni che possono comportare una fortissima differenza tra la sostanza che "entra" nel corpo e quella che "arriva" dove desideriamo e spesso ciò che "arriva" sull'organo che ci interessa non ha più nulla a che vedere con la sostanza di partenza. La molecola iniziale, inoltre, può essere troppo tossica per il corpo umano o, trasformata, perdere del tutto le sue proprietà "benefiche".
L'entità di un'azione "sperimentale" (in provetta) e "clinica" (sul malato) di una sostanza, può essere quindi completamente diversa, quando non opposta a quella osservata inizialmente.
Per questo motivo gli studi "in vitro" (in provetta), hanno un'utilità limitata, servono a controllare gli effetti della sostanza studiata, ad analizzarne il comportamento, a confermare o meno un'ipotesi, sono solo il primo passo: se una sostanza mostra attività antitumorale in provetta, il passo successivo potrebbe essere quello di comprenderne i motivi e di sfruttarli nell'uomo, di trovare altre sostanze simili ma più funzionanti o meno tossiche, di estrarre un principio attivo o uno che all'interno dell'organismo non si trasformi vanificando gli effetti benefici, di capirne il meccanismo e trasferirlo in altri esperimenti, insomma, un risultato in provetta non sarà quasi mai identico a quello che si otterrebbe somministrando la stessa sostanza "in vivo" (quindi all'organismo vivente) ma è una prima ipotesi, una tessera del grande puzzle.
Altre volte si può procedere con un secondo passo, osservando ciò che provoca la sostanza che ha mostrato effetti benefici in provetta sulle cavie animali (quindi su un organismo vivo, più simile all'uomo di un gruppo di cellule in provetta), notarne la tossicità, gli effetti collaterali e poi, se confermato un vantaggio terapeutico, provare a trasferirlo nell'uomo e così si spiega anche l'enorme fatica ed il tempo necessario per trasformare un'ipotesi in esperimento e questo in cura, quando tutto va bene. Se tutti questi passaggi (che durano anni, anche decenni) confermano le proprietà in provetta, si può arrivare anche all'uso clinico, come è successo per alcuni chemioterapici che derivano direttamente da piante che diedero nei lontani anni '70 alcuni risultati positivi "in vitro" o per altri che derivano da batteri e che hanno subìto lo stesso percorso sperimentale. Insomma quando una molecola "funziona", prima di parlare di "cura per l'uomo" bisogna controllare se questa molecola cura il cancro che colpisce la nostra specie (e capire quale cancro potrebbe curare), non se uccide le cellule neoplastiche, sono due concetti (basilari) totalmente differenti.

Impariamo allora questo concetto:
La capacità di uccidere le cellule tumorali di una sostanza non equivale necessariamente a quella di curare i tumori umani.

Questo significa che ogni volta che si legge "scoperta nuova molecola anticancro", non si può cantare vittoria né si deve pensare che quella molecola sia per forza utile all'uomo. Bisogna leggere lo studio, comprenderlo, attenersi ai suoi scopi ed ai suoi limiti. Lo studio può essere anche del tutto inutile come esperienza singola ma rappresentare un passo importante nella costruzione di una teoria, può servire a chi l'esperimento lo ripeterà o a chi da quell'esperienza ne trarrà altre idee o può dimostrare come una sostanza apparentemente promettente, in realtà non riesca a danneggiare le cellule tumorali neanche in vitro (figuriamoci "in vivo"). Questo è il cammino del metodo scientifico.

L'operazione di "cultura scientifica" e "buon senso" utile a comprendere il valore di uno studio non è per tutti. Spesso i giornalisti cercano il titolo ad effetto, altre volte sono solo ignoranti e non capiscono ciò che stanno descrivendo, altre volte ancora sfruttano l'argomento per appoggiare una o l'altra cura alternativa. Una notizia interessante, un'ipotesi utile, è resa spazzatura, disprezzata e svalutata perché diventa (per ignoranza o malafede) una prova a favore di una tra le tante false cure che si trovano su internet. Ma a volta è l'incapacità comunicativa degli studiosi a far stravolgere il significato di una novità scientifica.

Abbiamo distrutto il dieci per cento di cellule tumorali in una cavia  "Trovata la cura per il cancro" Non abbiamo trovato la cura per il cancro, ci muoviamo solo più velocemente verso un trattamento del futuro "Scoperti i viaggi nel tempo" Ma vaff**** "Scienziato aggredisce giornalista"
 

 
Un esempio (recente, ma ne esistono decine) di come interpretare male una notizia scientifica trasformandola in una di cronaca rosa è quella relativa alla scoperta ("naturalmente" segreta e censurata secondo qualcuno) di una nuova molecola anticancro da parte di "ricercatori precari" italiani.
La scoperta, anche questa volta, è relativa ad una molecola (il maltolo, presente per esempio nel malto) che, sempre "in vitro" (con prove anche su cavie animali), riesce a bloccare le cellule cancerose. I ricercatori, italiani e non precari, sono stati inondati di messaggi e mail stupite ed hanno dovuto chiarire anche nella loro pagina professionale come stanno realmente le cose, ovvero che la loro scoperta è solo il primo passo del lungo cammino della scienza. Ah! La notizia è talmente segreta da essere stata pubblicata pure sui giornali, su internet e, cosa più importante, in riviste scientifiche, alla faccia della segretezza e della notizia "censurata".

Anche qui, oltre alla bufala della censura, brucare un "campo di malto" purtroppo non salverà nessuno dal tumore.

Ricordate quindi che, se è vero che una tanica di benzina ucciderà inesorabilmente le cellule del tumore in una provetta, berla o, peggio ancora, versarsela addosso è morte sicura per gli ingenui che lo fanno, vittime perfette dei ciarlatani.
Un invito dunque ai divulgatori compulsivi di link e bufale, informatevi su ciò che divulgate siete un mezzo di disinformazione o peggio il mezzo pubblicitario (gratuito) preferito dai truffatori.

Alla prossima.

venerdì 9 agosto 2013

L'importanza del riccio

Chi fa un lavoro notturno sa cosa significhi svegliarsi in pieno sonno e dover essere immediatamente attivo e pronto all'azione, non ti abitui mai. Con il passare dell'età, poi, i risvegli sono davvero traumatici. Per un medico che lavora con le urgenze questo è "pane quotidiano" anzi notturno, ma penso anche a chi lavora nelle forze dell'ordine, nella sicurezza, pompieri o mezzi di trasporto, turnisti insomma. La notte, quando non dormi, in un certo senso ti fa compagnia con il suo silenzio, i ritmi lenti, tutto ti induce a riflettere ed il pensiero vaga, dai temi esistenziali all'ultimo film che hai visto in TV, fino a quando non crolli in un sonno profondo fino alla prossima chiamata. Per non parlare dell'inverno: svegliarsi di botto ed essere catapultati all'esterno con una temperatura glaciale è terribile, tremi tutto, persino i capelli sembrano vibrare, ma questo è solo il senso di malessere fisico che è talmente profondo che ti provoca una sorta di allucinazione, ti senti peggio di chi ha preso una sonora sbronza. Se fai un lavoro delicato, malessere o meno, devi scattare, dopo pochi secondi devi possedere le facoltà  mentali ed i riflessi che un essere umano in condizioni normali avrebbe dopo almeno 40 minuti, ma non c'è tempo, bisogna essere pronti e subito.

Una notte mi chiamano a casa, ero reperibile (chiamato cioè solo in caso di bisogno, spesso urgente). Dal tono e dalle parole della collega al telefono non era certo una bella situazione: "corri subito in sala operatoria, un taglio cesareo urgentissimo!" e sullo sfondo un trambusto che non faceva presagire nulla di buono. Sonno o meno, non hai neanche il tempo di controllare lo stato dei tuoi capelli, ma neanche se le scarpe che metti ai piedi appartengano allo stesso paio, tanto alle 4 di notte chi vuoi che si accorga del paio di scarpe. In pochi secondi passi dal caldo letto alle scale che fai a coppie, con quell'urgenza non hai certo altri pensieri, poi provi la fantastica sensazione che deve aver provato il primo uomo sulla Luna, passando da 23 gradi di casa tua allo zero dell’esterno in un secondo.
Quel muro di freddo sferza il cervello ma anche il resto, non è bello, ma è quello il tuo lavoro, potevi pensarci prima quando hai scelto di farlo. Il freddo ha ormai reso insensibili i polpastrelli delle dita e questo, misto al tremore inevitabile, ti fa perdere secondi preziosi, quelli che avevi guadagnato mettendo un paio di scarpe a caso li hai già persi nel vano tentativo di infilare la chiave nella serratura della sbarra automatica che devi aprire per poter fare uscire la macchina, poi ci riesci, ma con uno sforzo di concentrazione pari a quello che usi normalmente per cose molto più importanti ed a pensarci bene ti gira pure un po’ la testa. Pazienza, è inutile disperarsi ora, l'unica cosa è correre, poi si vedrà. Tutto liscio comunque, macchina fuori, strada libera (chi vuoi che ci sia a quell'ora e con quel freddo), posso premere l'acceleratore.

In fondo i tempi sono perfetti, dalla chiamata al trovarmi in auto sono passati quattro minuti, più di così  non si può fare e sto arrivando, mancheranno altri cinque minuti al massimo e nel frattempo mi chiedo cosa mi debba aspettare appena arrivato, ce la faremo, come altre volte...e mi concentro di nuovo sulla guida, meno male che l'ospedale è vicino. Mentre tocco velocità che sarebbero  vergognose in altre occasioni, in lontananza, stringendo gli occhi, proprio nella mia direzione, vedo qualcosa sull'asfalto, piccola, una pietra o no, forse un semplice pezzo di carta trasportato dal vento. Sono vicino e quel pezzo di carta si muove ed i fari arrivano ad illuminarlo, non è carta e nemmeno pietra, sembra un animaletto, forse un topo, ma è troppo lento per essere un topo ed in ogni caso io devo andare, ma quando i fari lo illuminano meglio capisco che si tratta di un riccio, Erinaceus europaeus si chiama, ma mai fu più adatto il nome popolare, sapete quegli animaletti spinosi che se minacciati si appallottolano, quelli simpatici, non ne avevo mai visto uno ed ora è proprio davanti a me, anzi alla mia macchina ormai lanciata per lo sprint finale. Il riccio è un animale notturno, trovarlo in giro con quelle temperature non è normale, in genere sono in letargo, ma a volte se hanno bisogno di cibo interrompono il loro sonno per cercare qualcosa da mangiare e l'asfalto è il luogo ideale per spostarsi, liscio, asciutto, semplice da attraversare.
Il riccio si muove, sta attraversando la strada, proprio ora, in quel momento, se non avessi avuto fretta mi sarei fermato a raccoglierlo, almeno a vederlo da vicino, invece la sua direzione era perfettamente coincidente con quella dei miei pneumatici. Andare dritto significava schiacciarlo, metterlo sotto, ma cosa potevo fare? Non era il momento per i sentimentalismi e poi c'era un essere umano che aspettava il mio arrivo, non lo faccio certo apposta, non lo ucciderei per cattiveria, capita, ero giustificato, che alternative avevo...rallento bruscamente perché non ce la faccio a passargli sopra violentemente, non lo vedo più ormai si trova talmente vicino che non riesco a vederlo.
Rallento ancora e cammino a passo d'uomo, poi ancora più lentamente, cerco di calcolare la direzione giusta per fargli passare le ruote accanto, non sopra, ma quei secondi mi sembrano ore, vista la fretta che avevo, magari sentendo la macchina si fermerà o andrà più veloce, insomma farà  qualcosa per evitare di essere messo sotto, ma io devo andare, non posso perdere troppo tempo, non è che gli aculei del riccio riescono a bucare una gomma e resto a piedi in mezzo alla strada?
Ma ci sono quasi, anche le ruote posteriori sono ormai avanzate e non ho sentito nessun rumore, né ostacolo, probabilmente l’ho evitato e non so nemmeno come possa esserci riuscito, ora basta guardare lo specchietto retrovisore e se lo vedo intero...è fatta. Ricomincio a prendere velocità  e sullo specchietto appare il riccio, si muove, avanza, evidentemente non l'ho toccato, forse non si è nemmeno accorto di cosa sia successo. L'ospedale è a pochi metri, lampeggio per segnalare il mio arrivo, la sbarra si apre, posteggio, corro verso la sala operatoria, mentre il malessere, ancora presente, passa in secondo piano perché il cervello comincia a connettersi e mi cambio in pochissimo tempo, guardo l'orologio, da quando sono partito erano passati 12 minuti, pochi? Troppi? Pochi, pochi, dai che ce la faccio, in genere il tempo considerato accettabile è anche superiore, fino a 20 minuti, umanamente accettabile, sono pronto, entro in sala, l'equipe è pronta, non mi resta che prepararmi senza tante chiacchiere ed iniziare. "Sei stato un fulmine!" mi dice l'infermiera, "sì, sì", farfuglio io, mentre l'intervento inizia velocemente: era una donna in procinto di partorire, ma il battito cardiaco del feto aveva mostrato una sofferenza per la quale era necessario intervenire subito. La sofferenza fetale acuta (cioè "improvvisa", senza fattori che la possano fare prevedere) è una condizione relativamente rara in un travaglio di parto, la diagnosi avviene perché durante il travaglio la donna è monitorata con uno strumento che si chiama "cardiotocografo" che amplifica e registra il battito cardiaco del feto che ancora deve nascere. Il battito cardiaco fetale ha delle caratteristiche ben precise, molto diverse da quelle del battito cardiaco di un adulto. Già la frequenza cardiaca (il numero di battiti cardiaci al minuto) è del tutto diversa (un adulto ha una frequenza di circa 70 battiti al minuto, un feto di circa 120-140), ma anche la "monotonia" del battito è diversa (un adulto ha una frequenza "costante" che cambia se cambiano le sue attività, di corsa ad esempio o durante uno sforzo, un feto ha il battito che cambia frequenza continuamente, passando da frequenze relativamente basse, per esempio 90 battiti al minuto a frequenze alte, di 130 battiti al minuto, in maniera repentina) e delle anomalie di queste caratteristiche fanno sospettare una sofferenza. Se questa avviene a ridosso del parto è possibile accelerarlo per evitare danni fetali, se il momento del parto è ancora lontano e la sofferenza non si risolve, bisogna espletare il parto velocemente: il taglio cesareo d'urgenza è l'unica scelta disponibile in questi casi e serve per evitare che il feto soffra in maniera irrecuperabile.
Così è successo, tutto procede con velocità ma senza problemi. Il pianto del bambino, poi quello della mamma, routine, la routine dell''urgenza. Tutto risolto.

Finisce l'intervento ed in un bagno di sudore mi tolgo gli abiti chirurgici, mi siedo un attimo per riprendere fiato e posso salutare tutti. Situazione risolta, tutto perfettamente riuscito, saluto tutti di nuovo e vado a cambiarmi. Nel frattempo penso a quanto sono stato stupido, per un riccio ho rischiato di arrivare tardi, ma chi me lo fa fare, se fosse successo qualcosa come mi sarei giustificato? Certo non potevo raccontare del riccio...ma guarda in che storie devo infilarmi...ma guarda un po’ certe volte…
Nel frattempo torno in macchina, con tutta quell'adrenalina non senti neanche il freddo ormai.
Riprendo la strada per casa, stavolta con calma e rilassato e mentre ripasso con l’auto proprio sul punto del mio incontro con il riccio, noto che non c’è più niente: nessun riccio ma nemmeno tracce di tragedie animalesche della strada. Questo significa che il riccio si era messo in salvo come sembrava all'inizio della storia.
Ormai non avevo più fretta, "meglio così" pensai, in fondo è finito tutto bene, per tutti.
Arrivo a casa cercando di non fare rumore mi infilo sotto le coperte: "in due ore si è incrociata la vita di un essere umano con quella di un riccio, anzi, la vita di due esseri umani" sembra una cosa insignificante, ma chissà  quante volte la nostra vita ha cambiato strada o è stata condizionata da cose insignificanti...com'era quel film? Sliding Doors? Ecco, chissà quante volte un piccolo evento ha segnato la nostra vita, fare o non fare una cosa può aver cambiato il nostro futuro, ognuno ha un riccio che gli può sbarrare la strada o un altro che quel giorno è restato a dormire. Per quella persona che aveva bisogno di un intervento urgente la presenza di un semplice riccio poteva costare cara, ma anche per me, quei minuti di indecisione sarebbero potuti diventare un guaio serio, come mi sarei mai potuto giustificare, per il riccio invece, la mia indecisione è stata fondamentale, in positivo dico. Chi avrebbe mai immaginato che un riccio avesse tutta questa importanza per tante persone? "Vabbè dai, sono quelle cose strane che succedono nella vita...niente di importante". Poi per un attimo ho pensato pure al riccio, chissà dove sarà ora, sicuramente non si è accorto di nulla e starà cercando qualche verme da divorare, poveraccio. Ma chissà quanti ricci, ognuno di noi ha incontrato o non ha incontrato nel suo cammino.
Le coperte mi tengono caldo, ormai il freddo della notte è solo un ricordo, i muscoli si rilassano e mentre ripercorrevo con la mente la scena sento il mio cervello annebbiarsi, mi addormento, domani di ricomincia, meglio riposarsi, che le notti sono sempre pesanti.


Un saluto dalla spiaggia.
:)
Alla prossima.