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sabato 22 dicembre 2012

La fine del mondo

La fine del mondo non c'è stata.
Sicuri?

Sicuri sicuri??

La notizia che sia stata approvata la proposta della "gruppo tecnico interregionale medicine complementari, coordinato dalla regione Toscana", ovvero il fatto di dover regolare l'attività dei professionisti delle "medicine complementari" (omeopatia, agopuntura, osteopatia ed altre) assomiglia all'apocalisse.
Non tanto per quello che dice perchè in realtà cambia poco, già tutti gli ordini dei medici italiani hanno un albo per praticanti le medicine complementari che richiede, per l'iscrizione, particolari requisiti di legge e di formazione. Non è questa quindi la notizia ma la "fonte" della proposta.
Si tratta del già citato "gruppo tecnico" toscano che regola l'attività di diversi ambulatori pubblici negli ospedali della sua regione nei quali si praticano medicine "non convenzionali". Non mi dilungo.
Si sappia solo che questo gruppo è formato da 17 rappresentanti delle regioni (e 17 sono anche i professionisti che lavorano nel centro di medicina complementare toscano "Fior di prugna") e che non sarebbe un caso se questo numero ricorra così tante volte.
Che sia già "curioso" (sono buono, è Natale) che in un ospedale pubblico si pratichino cose come l'omeopatia o i "martelletti fior di prugna" (o la coppettazione...) è sicuro, ma che vi sia una ragione profonda che spieghi il ricorrere del numero 17 nel caso del centro toscano è ancora più curioso. Secondo il bollettino del centro Fior di prugna infatti:
"il 17 ha un profondo significato esoterico e iniziatico: è formato dall’uno - che rappresenta l’unità, l’essere creatore, Dio, il polo radiante e in poche parole il Serpente Ourobouros - mentre il sette rappresenta sapienza, conoscenza, saggezza e ricerca delle verità. Nei tarocchi il 17 simboleggia l’equilibrio fra uomo e creazione e ha una valenza molto positiva, mentre nella cultura popolare e nella Smorfia gli si è attribuito un significato negativo..."
Avete capito bene. Considerate le basi di partenza, possiamo dire che la desiderata "regolamentazione" degli operatori del "non convenzionale" assume un significato importante, direi quasi paranormale.



In ospedale e nella regolamentazione delle medicine non convenzionali, quindi, finalmente abbiamo l'ingresso trionfale dei tarocchi, dell'esoterismo e della "Smorfia". Se non è questa la fine del mondo...

Io intanto vado a procurarmi una tunica ed il pendolino, c'è la crisi (cit.).

Ne approfitto per augurare a tutti i miei lettori buone feste, soprattutto serene e senza stress. Visto come si sta mettendo la situazione degli ospedali italiani, sappiate che vi ho voluto bene.
Ohmmmmm.....

Aggiornamento: Per ridarvi il buon umore sappiate solo che Andrew Wakefield, il profeta dell'antivaccinismo, l'ex medico autore di una delle frodi scientifiche più vergognose della storia, è stato insignito del premio "Golden duck award" quale ciarlatano dell'anno (ha preceduto il principe Carlo d'Inghilterra, noto seguace dell'omeopatia), contattato, il vincitore non ha ancora ritirato il premio.

 

lunedì 17 dicembre 2012

Il caso Tamiflu: la trasparenza è tutto, il silenzio è peggio.

Un ciarlatano è un individuo che si approfitta della debolezza (da tutti i punti di vista, anche l'ignoranza è una debolezza) del prossimo per imbrogliarlo, facendogli credere che un suo prodotto, una sua idea, qualcosa in suo possesso, possa giovargli, quasi sempre per problemi di salute. Si tratta di una delle figure più patetiche e vergognose nel panorama umano. Il ciarlatano, ne ho parlato, è in genere una persona fallita, personalmente o professionalmente ed ha come scopo finale il guadagno di denaro, a qualsiasi costo. Smascherare un ciarlatano non è difficilissimo (almeno per un medico), basta avere voglia, tempo ed intuito.
Molto più difficile smascherare chi si traveste da persona seria ma poi si comporta esattamente come un ciarlatano. Il termine quindi, se spesso identifica una persona di basso valore umano e professionale, può applicarsi anche a chi, ufficialmente attendibile ed onesto, compie atti talmente disumani e scorretti da trasformare la sua attendibilità in disonestà. Per questo motivo identificare un ciarlatano "evidente" è molto più facile di smascherarne uno "nascosto". Un medico serio che tradisce i fondamenti della professione e dell'etica è un ciarlatano. Un operatore della salute che mette davanti ai diritti dei malati quelli personali è un ciarlatano.
E' successo, non poche volte e qui racconterò una vicenda che rischia di trasformare un operatore della salute presumibilmente serio in un ciarlatano della peggiore specie.
Le aziende farmaceutiche fanno un lavoro eccezionale. Senza di esse non avremmo farmaci o strumenti chirurgici, non riusciremmo a procurarci le medicine senza sforzo particolare. Il nostro benessere lo dobbiamo in larga parte alla loro produzione.
In cambio le aziende guadagnano una marea di denaro: poco male, è uno scambio inevitabile, per me possono pure arricchirsi, basta che si comportino con onestà, correttezza e trasparenza.
Tra aziende, medici e cittadini (i tre personaggi che si susseguono nella "catena della vendita di farmaci") deve esserci un rapporto di fiducia, è fondamentale e scontato.
L'azienda crea un farmaco e con correttezza lo mette in commercio perchè serve a qualcosa, a curare una malattia, non importa se grave o meno, lo scopo è nella stessa definizione di "farmaco".
Il medico prescrive quel farmaco perché l'azienda gli ha detto che si tratta di un prodotto sicuro ed efficace e se qualche insicurezza esiste bisogna renderla nota. Così il medico potrà prescrivere quella sostanza in scienza e coscienza, nell'interesse del malato. I successivi guadagni, stratosferici o meno, sono un altro capitolo che a me interessa meno, come ho detto, se un'azienda produce un farmaco salvavita o efficace ha pieno diritto di guadagnarci, anche tanto.
Trasparenza ed onestà quindi: finché esiste sono disposto a perdonare persino l'errore in buonafede (nonostante questo possa costare vite umane e sofferenza, ma che è sempre uno dei limiti umani).
Purtroppo in questi giorni si sta assistendo a qualcosa che fa crollare la fiducia che un medico (e di conseguenza i pazienti) deve riporre in un'azienda farmaceutica.
E' la storia del Tamiflu, vicenda che da noi stenta a diventare pubblica ma che sta squassando il mondo delle aziende farmaceutiche, della ricerca e della medicina. La molecola attiva del Tamiflu si chiama oseltamivir, è un antivirale prodotto e commercializzato per combattere l'influenza e diminuirne le complicazioni. Venduto in farmacia è stato acquistato da diversi governi per far fronte ad un'eventuale pandemia influenzale. Visto che l'influenza è una malattia inguaribile (quasi sempre benigna ed a guarigione spontanea), se non dovesse bastare il vaccino per prevenirla, potrebbe essere necessario ricorrere a farmaci ulteriori. Il Tamiflu è nato per questo. L'azienda produttrice, la svizzera Roche, ha ricavato grossissime cifre dalla vendita del farmaco, soprattutto dalle scorte che i governi si sono assicurati.

Ma qualcosa in questa vicenda non quadra.
Visto che da noi è arrivato solo un flebile eco, vediamo se riesco a farla conoscere come si deve.

Prima di raccontarla la introduco con una curiosità, quella che riguarda uno dei tormentoni dei ciarlatani e dei "naturale a tutti i costi". Questo con la storia c'entra poco con l'argomento centrale ma ne approfitto parlandone al volo.
Quante volte si sente dire "quel rimedio non sarà mai prodotto dalle case farmaceutiche perché deriva dalle piante e non si può brevettare!", oppure "ricavare quel prodotto dalle piante costa poco e nessuna azienda si sognerebbe di venderlo, non ci guadagnerebbe nulla!".
Sono affermazioni ambedue false. La prima: non è vero che un prodotto che deriva "dalla natura" non si possa brevettare. Naturalmente non è possibile brevettare una pianta o un fiore ma un suo derivato per uso medico (o di altro tipo) sì. Esempi noti: l'acido acetilsalicilico (la comune Aspirina) ed il Taxolo (un chemioterapico derivato dal Tasso, un arbusto che cresce spontaneamente). La seconda: il processo di purificazione, sintesi e produzione intensiva di un derivato "naturale" (termine improprio, qualsiasi sostanza è "naturale", anche il petrolio...) può essere costoso e complicato. Il caso del Tamiflu è un esempio lampante. La sostanza principale che compone il farmaco (l'acido shikimico) deriva dall'anice stellato. Il processo di purificazione è complicato e difficile. Il Tamiflu è coperto da brevetto e costa tantissimo, questo nonostante sia un farmaco del tutto "naturale" e derivato da una pianta. Chiudiamo quindi una volta per tutte questo inutile argomento.
Ma come detto non è questo il problema riguardante il farmaco.
Come per qualsiasi sostanza farmacologica posta in vendita, anche il Tamiflu, prima della commercializzazione, è stato sperimentato ed i risultati dei test (in particolare lo studio del prof. Laurent Kaiser, svizzero) dicevano che fosse efficace per migliorare i sintomi dell'influenza, modificarne il decorso e diminuire il rischio di complicazioni.
Esperimenti riusciti, vendita autorizzata, milioni di confezioni vendute in farmacia ed ai governi di mezzo mondo. Tutto lineare e standardizzato, quando si parla di medicine.
Le affermazioni della Roche sul suo farmaco erano piuttosto precise e dettagliate, come spiegato dal BMJ (British Medical Journal, una delle riviste mediche più prestigiose al mondo) che nel frattempo aveva iniziato a seguire la vicenda perché direttamente coinvolto nella pubblicazione delle ricerche sulla molecola:
Oseltamivir (brand name Tamiflu) is a multi-billion dollar drug that Roche claimed reduced hospital admissions by 61% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009); secondary complications (including bronchitis, pneumonia, and sinusitis) by 67% in otherwise healthy individuals; and lower respiratory tract infections requiring antibiotics by 55% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009). These statements, Roche said, were based on the conclusions of the Kaiser paper.

(trad.) L'oseltamivir (nome commerciale Tamifli) è un farmaco che fa ricavare miliardi di dollari e che la Roche definisce capace di ridurre i ricoveri del 61% (Tamiflu media briefing, 7 settembre 2009), le complicazioni secondarie (incluse bronchiti, polmoniti e sinusiti) del 67% in soggetti sani ed infezioni delle basse vie respiratorie che richiedono antibiotici del 55% (Tamiflu media briefing, 7 settembre 2009). Queste affermazione, dice Roche, sono basate sulle conclusioni del lavoro di Kaiser
Anche la maggioranza dei governi che decisero di fare scorta del farmaco si basarono sullo studio di Laurent Kaiser per il quale però sorgeva un "piccolo" problema, anche se in realtà già nel 2000 la FDA inviò alla Roche un avvertimento per pubblicità ingannevole sul farmaco.

Visto che la vicenda è intricata e complessa provo a schematizzarla, non è possibile raccontare tutti i particolari (vi è una corrispondenza fittissima, tantissimi documenti ed un numero impressionante di dati, servirebbero pagine su pagine e diventerebbe tutto molto complicato) e quindi tratterò solo quelli essenziali per comprenderla meglio.
Un pediatra giapponese, Keiji Hayashi, cominciò a dubitare dei risultati di quegli studi che sembravano confermare l'efficacia del farmaco (lo studio di Kaiser e le revisioni che ne seguirono). Andando a scavare più in fondo, gli stessi autori di alcuni di questi studi si chiesero se non fosse il caso di ricontrollare i dati, le statistiche, i numeri alla fonte, questo perché ciò su cui si basavano queste "conferme di efficacia" era troppo poco (studi presentati solo a congressi, non pubblicati, report di riunioni aziendali, eccetera).
Fu così la Cochrane (organizzazione scientifica specializzata nella revisione degli studi scientifici su un certo argomento) che chiese all'azienda produttrice di fornire tutti i dati a sua disposizione per ricontrollarli e revisionarli, ma arrivò un no.
Non secco, inizialmente un "tira e molla", un continuo rimandare la consegna di quei dati, poi una nuova promessa ed un altro rinvio uniti a misteriosi smarrimenti di report (il prof. Kaiser, autore del primo studio che misurava l'efficacia del farmaco parlò di smarrimento dei dati invitando a contattare direttamente la Roche), insomma, dopo anni (e fino ad oggi), la Roche non ha consegnato tutti i dati (che sosteneva di possedere) relativi al suo prodotto.
Ci fu un altro episodio "strano".
Tom Jefferson, italiano, componente proprio di quella Cochrane che doveva ricontrollare i dati, fu invitato dalla Roche a firmare un documento in cambio del rilascio delle pubblicazioni.
Il problema fu che Jefferson doveva sottoscrivere di non rivelare l'esistenza di quell'accordo e di non utilizzare i dati che avrebbe visto per altre ricerche ma Jefferson rifiutò e questo provocò un ulteriore "irrigidimento" dell'azienda, lo studioso italiano ha pubblicato tutta la corrispondenza con Roche. La storia cominciò a diffondersi, furono anche alcuni cronisti inglesi (Tom Clarke della rete Channel4) che provarono a trovare un punto di contatto tra l'azienda e gli studiosi ma niente, non ci fu verso di rendere disponibili quei dati (l'azienda rispose anche che i dati li aveva forniti a sufficienza, sia alla FDA che all'EMA, le agenzie sui farmaci statunitense ed europea). Nel 2009 l'azienda invia una risposta "punto per punto" al BMJ nella quale confutava, a suo dire, ogni dubbio ma continuando di fatto a nascondere i dati richiesti.
Si riuscì comunque a consultare alcuni dei dati che avrebbero dovuto fornire prove sull'efficacia del Tamiflu ma queste prove non erano così evidenti, anzi, di fronte ad un beneficio molto limitato (circa 1 giorno in meno di malattia rispetto al placebo) vi erano forti sospetti di effetti collaterali (assieme ad alcune segnalazioni poco attendibili ne esistevano altre particolarmente preoccupanti), in particolare l'allarme dei medici si basava su gravi effetti di tipo neuropsichiatrico che inizialmente erano stati imputati alle conseguenze dell'influenza ma che con i sintomi dell'influenza non hanno nulla a che vedere. Il punto principale comunque era proprio l'efficacia del farmaco.
Arriviamo ai giorni nostri.
Un divulgatore scientifico molto noto in Gran Bretagna (per me un vero mito), Ben Goldacre, dopo aver smascherato ciarlatani, alternativi, omeopati ed imbonitori, pubblica un libro sui "trucchi" delle aziende farmaceutiche e racconta la storia del Tamiflu.
Questo fa conoscere la storia al pubblico e nel frattempo il BMJ assieme ad altri scienziati, divulgatori e medici, iniziano una battaglia per l'accesso libero e pubblico dei dati riguardanti un farmaco. Alla campagna si unisce la Cochrane e persino alcune aziende farmaceutiche si dicono disponibili a sottoscrivere l'impegno, anche l'EMA (Agenzia europea del farmaco) si è occupata della storia creando un gruppo di lavoro apposito e dicendosi convinta che l'accesso libero ai dati delle sperimentazioni sia un passo ormai inevitabile. Il BMJ ha chiesto chiarimenti anche all'OMS che ha ribadito di essersi occupato della vicenda commissionando degli studi sull'efficacia del farmaco che presto saranno pubblicati. Come si vede non si tratta di una storia "nascosta" o "secondaria", qui entrano in gioco le maggiori autorità mediche del mondo e tutte convergono su un'unica conclusione: i dati degli esperimenti sui farmaci devono essere pubblici e quelli sul Tamiflu, venduto come farmaco utile e costato milioni a diversi governi devono essere forniti o l'azienda produttrice si dimostrerebbe scorretta, anche se già l'atteggiamento mantenuto finora non può che definirsi sospetto.

La storia in Italia è poco nota, da noi è arrivata solo per l'attività di Tom Jefferson, ma ora è giunto il momento di renderla pubblica. Visto l'argomento sarebbe giusto sentire anche l'altra campana. Così ho scritto alla Roche Italia per ottenere o i documenti richiesti o almeno una risposta, ecco la mia mail:
Gentile Roche s.p.a.,

sono un medico che si occupa anche di divulgazione scientifica e medica sul web e sugli altri mezzi di informazione.

Vi contatto per ottenere, se possibile, tutta la documentazione a vostra disposizione relativa al profilo di efficacia e sicurezza del Tamiflu, farmaco da voi prodotto e distribuito (oseltamivir). Ho già la scheda tecnica del farmaco e la letteratura disponibile su Medline.
Sto conducendo un'inchiesta sulla vicenda che ha avuto molto risalto in Gran Bretagna (mi riferisco a questo: http://www.bmj.com/tamiflu) e che sto seguendo ed oltre all'interesse professionale personale (sono medico ospedaliero) e da consumatore, necessito di informazioni per motivi divulgativi e per sentire la vostra opinione in merito sulla discussione che attualmente sta coinvolgendo la vostra azienda, il BMJ (British Medical Journal), l'EMA, la Cochrane e diversi soggetti interessati a vario titolo. Mi farebbe piacere conoscere la posizione di Roche Italia. Considerato che dovrò giungere a conclusioni riguardanti l'argomento che possono avere parecchio risalto sui media, ritengo opportuno e corretto rivolgermi a Voi sia per sentire la vostra versione che per ottenere notizie che eventualmente non sono disponibili sul web. Appena ricevuto il materiale ne terrò debito conto quando concluderò il lavoro che ho appena iniziato.
Darò notizia anche di questa comunicazione e dell'eventuale risposta.

Sicuro di un riscontro e ringraziandovi in anticipo, porgo cordiali saluti.

Dott. Salvo Di Grazia.
Sito web: http://medbunker.blogspot.it
Questo è quello che ho scritto alla Roche Italia s.p.a., la loro risposta è stata la seguente: silenzio assoluto.
La richiesta di chiarimenti è stata inviata il 02/12/2012. Nessuna risposta, ribadisco, da parte di Roche Italia.

L'azienda ha il dovere di rispondere a qualsiasi cittadino, a prescindere dall'eco che avrebbe un'eventuale risposta e quindi prendiamola così, la Roche non ha risposto ad un privato cittadino che è anche medico ed in questa veste prescrive anche i suoi farmaci.
La mancata risposta della Roche quindi è per me da considerare un silenzio ufficiale nei confronti di un medico e di un cittadino qualsiasi.
Se la risposta arrivasse ora, visto che la notizia probabilmente si diffonderà anche in Italia, è già condizionata, qualsiasi essa sia.



Credo siamo solo all'inizio della vicenda, che seguirò, ma tutto questo ha un unico significato: un'azienda che produce farmaci chiede ai medici ed ai cittadini di fidarsi e noi ci fidiamo assumendo le loro medicine. Non può quindi non fidarsi di chi vuole controllarla. La trasparenza è più di un dovere per un'azienda ed è un diritto di chi dall'azienda acquista i prodotti per la propria salute, a prescindere dai risultati degli studi sul Tamiflu quindi, la Roche si è già macchiata di poca trasparenza (e scorrettezza, la chiusura nei confronti di chi vuole controllare l'ho toccata con mano, almeno da cittadino).
A questo punto non resta che un'altra possibilità, la vicenda merita di essere nota a più persone possibili, ai medici ed ai pazienti, ovvero a coloro che fanno vivere l'azienda produttrice del Tamiflu, proviamo a diffonderla ed a far capire all'azienda che produce i farmaci che compriamo (da pazienti) e prescriviamo (da medici) che se non si fida di noi, noi non ci fideremo di lei e quindi potrebbe succedere che i pazienti ed i medici non si affidino più ai suoi farmaci, un'iniziativa personale ma che gioverebbe a tutti.
La proposta arriva anche da Peter Gøtzsche, componente della Cochrane di Copenhagen: boicottaggio, dice. Non faccio mai nomi di farmaci per motivi di correttezza ma forse è bene che ciascuno di noi li conosca, può essere utile quindi una lista dei farmaci Roche venduti in Italia: questi.
Ribadisco l'appello ai colleghi, ne va anche del nostro lavoro e della nostra credibilità ed ai pazienti, in farmacia ricordatevi di Roche.
Aggiornerò e seguirò la vicenda passo per passo, personalmente terrò conto di questo comportamento tenuto dalla Roche quando dovrò scegliere i farmaci da prescrivere e fino a quando l'azienda non cambierà atteggiamento dimostrandosi corretta, affidabile ed onesta.
Dite che è un argomento abbastanza convincente?

Alla prossima.

Note: Il BMJ si occupa della vicenda qui.
Media release, Basel, 7 November 2005. www.roche.com/med-cor-2005-11-07.

lunedì 10 dicembre 2012

Storia della medicina: Hahnemann, dal caffè alla psora.

Samuel Hahnemann nacque in Sassonia nel 1755, colto ed ambizioso studiò medicina nonostante non facesse parte della classe ricca del suo paese e per questo fu costretto a frequenti spostamenti da una città all'altra per mantenersi agli studi e trovare un'università che non costasse troppo. Si iscrisse alla massoneria e cominciò ad interessarsi di chimica traducendo testi scientifici e sfruttando la sua conoscenza di diverse lingue. La scarsità di mezzi della medicina di quell'epoca (praticamente agli inizi) lo indusse ad abbandonare l'attività di medico per intraprendere quella di chimico e traduttore e fu proprio in occasione di un suo lavoro che approfondì le conoscenze relative alla malaria, una malattia diffusissima all'epoca e dovuta soprattutto agli ambienti malsani e poco igienici nei quali viveva la gran parte della popolazione europea. La malaria aveva un solo rimedio "riconosciuto", il chinino, estratto dalla corteccia dell'albero di china. Oggi sappiamo che questa sostanza, un alcaloide, distrugge letteralmente il protozoo che causa la malaria (che si chiama Plasmodio) perchè direttamente tossico (e lo è anche per l'uomo).
In quegli anni la sua azione era sconosciuta e le teorie relative al suo meccanismo d'azione si sprecavano. Chi sosteneva che la sua efficacia fosse dovuta ad un'azione "tonificante" e chi per mezzo di una sorta di disintossicazione. Un altro medico sosteneva che era l'azione astringente sullo stomaco ad essere fatale per il parassita. Hahnemann leggendo questa teoria non si mostrò convinto: erano tante le sostanze "astringenti" (compresi molti agrumi) che non miglioravano i sintomi della malattia. L'efficacia del chinino quindi doveva risiedere in un altro meccanismo.

Provò allora a sperimentare egli stesso la sostanza, ne assunse quantitativi crescenti fino a quando non fu preso da una febbre molto alta accompagnata da brividi, causata dall'azione tossica della sostanza. Fu un'illuminazione: febbre e brividi erano due tra i sintomi principali della malaria. La conclusione fu immediata: per curare una malattia bisogna utilizzare qualcosa che ne riproduce i sintomi. Nacque l'omeopatia.

Il simile cura il simile: prima legge dell'omeopatia.

E' chiaro che si tratta di un'intuizione elementare, grezza, ma a quei tempi i mezzi degli scienziati e le "sperimentazioni" erano molto limitati e così ci si accontentava dell'intuito di poche persone.
Hahnemann si rese presto conto che le dosi di chinino che gli avevano procurato la febbre simile alla malaria erano troppo elevate, tossiche e rischiavano di uccidere piuttosto che di guarire. Passò quindi ad una seconda fase (senza aver dimostrato la prima che ormai riteneva corretta). Per eliminare gli effetti negativi delle sostanze da prescrivere bastava diluirle il più possibile per renderle inoffensive; davanti all'obiezione di alcuni suoi colleghi che gli fecero notare l'assenza della sostanza di origine nei suoi preparati Hahnemann sosteneva che battere per cento volte su un tappeto di crine di cavallo (qualcuno poi sostituì il tappeto con una Bibbia) i flaconi con la medicina, attivava il principio attivo rendendolo efficace (naque così la "succussione", lo scuotimento dei preparati omeopatici praticato ancora oggi). Fu però evidente che l'eccessiva diluizione di queste sostanze, se non poteva essere rischiosa per il malato, risultava anche del tutto inefficace.



Per curare le malattie quindi il rimedio del "simile" deve essere diluito diverse volte ed agitato decine di volte: seconda legge dell'omeopatia.

Ma la medicina in quegli anni era tutt'altro che efficace: agli albori senza antibiotici, disinfettanti, strumentario e microscopi era molto più rassicurante assumere un composto senza alcun effetto che sottoporsi alle torture previste dalla medicina dell'ottocento, dal salasso (prelievo di abbondante sangue mediante piccole lame o sanguisughe) all'amputazione dell'arto malato (per una "semplice", oggi, infezione), dal fuoco vivo per cauterizzare le ferite aperte all'assenza dell'anestesia, essere malato in quegli anni significava soffrire senza appello e morire nella quasi totalità dei casi. Nel 1803 il medico tedesco pubblicò un trattato nel quale considerava il caffè quale causa della maggioranza delle malattie (le ulcere, la costipazione, l'insonnia, le malattie polmonari, gli ascessi, le carie e tante altre), teoria che gradualmente abbandonò.

Hahnemann conobbe così una certa notorietà, i suoi rimedi erano "dolci", senza effetti collaterali, indolori ed i pazienti se gravi morivano lo stesso e se non gravi...guarivano. Di fronte aveva centinaia di malati che, sottoponendosi ai rimedi della medicina dell'epoca, compresi veleni come l'arsenico o i vapori di mercurio, non miglioravano i loro disturbi.
Uno dei punti di forza di questa "nuova medicina" era la cura con la quale doveva essere analizzato il malato: bisognava ascoltarne la voce, osservarne il viso, l'epressione, toccargli la pelle e sentirne la temperatura, un sollievo per i malati del 1800 che quasi sempre dopo essere stati contagiati da una malattia venivano messi in quarantena, isolati ed abbandonati dalla stessa famiglia.
Poca concorrenza quindi, Hahnemann rappresentava ciò che la medicina di quel tempo non offriva, per capire il livello "scientifico" dell'epoca basti pensare che vi erano scuole di pensiero che credevano alla "generazione spontanea" (ovvero la vita che nasce dal nulla, idea che fu smentita da un noto esperimento sulle mosche che nascevano "spontaneamente" dalla carne).

Nel 1810 il medico tedesco pubblicò l'Organon, il libro sacro degli omeopati seguito pochi anni dopo dalla "Materia medica", librone nel quale il tedesco descriveva i sintomi legati al corrispondente rimedio omeopatico, per classificarli propinava agli allievi della sua scuola omeopatica il rimedio e questi gli riferivano cosa provavano subito dopo. Un metodo (oggi chiamato "proving") come si può comprendere, assolutamente soggettivo, incontrollabile e senza alcun significato medico, ognuno riferiva il sintomo accusato senza alcun controllo nè plausibilità. Le polemiche negli ambienti medici non mancavano ma l'oggettiva mancanza di successo nella maggioranza delle malattie da parte dei medici dell'epoca consentirono ad Hahnemann di conservare una nutrita schiera di ammiratori che andavano aumentando con il tempo. A lui si rivolgevano anche i benestanti e rappresentanti della nobiltà fino a quando alcuni incidenti (la morte di vari pazienti ed infine quella di un eroe di guerra molto noto) lo indussero a cambiare nuovamente città per fuggire da chi lo criticava aspramente.
Fu nel 1820 che il medico tedesco annunciò di aver scoperto la causa di tutte le malattie che secondo lui erano da imputare ai cosiddetti "miasmi", quattro entità invisibili (sifilide, tubercolosi, sicosi e psora) che si spandevano nell'atmosfera causando tutte le malattie, in quel momento abbandonò l'idea del caffè quale causa di tutti i mali anche se ne continuò a studiare le proprietà.  L'idea di partenza dello scienziato tedesco non si discostava dalle superstizioni dell'epoca: per "espellere" il male bisognava "buttarlo fuori". Per questo motivo le varie sostanze per curare erano scelte in base a ciò che provocavano sul corpo: una febbre, una reazione cutanea o la tosse, erano solo sintomi del male che "veniva in superficie". In realtà questi erano gli effetti tossici delle varie sostanze provate da Hahnemann che potevano essere evitati in un solo modo: diluendole talmente tanto che non esistessero più.
Nasce così l'omeopatia.
Criticata aspramente dai medici dell'epoca, furono anche alcuni suoi allievi a diventare acerrimi nemici del "maestro", ognuno apportava variazioni all'idea originale così da "inventare" una nuova cura, ma questi erano presto additati come "traditori" o "visionari" da Hahnemann ed allontanati dalla sua cerchia. L'ortodossia del medico tedesco era nota e rigidissima, per lui erano eretici anche coloro che sbagliavano a scrivere il nome della sua pratica, esiste uno scambio epistolare sulla correttezza del termine "homopatia" invece di "homeopatia". Dall'altra parte, quella della medicina, le critiche furono a volte ferocissime, c'è chi lo definì un truffatore, il diavolo in persona, chi creò addirittura l'"anti-organon", un testo che demoliva passo per passo le teorie del medico tedesco, la risposta di Hahnemann era sempre decisa e chiara: "non posso essere confutato facilmente" ed alle critiche alla sua persona: "gli rido in faccia, in breve tempo saranno tutti dimenticati".

Hahnemann proseguiva quindi per la sua strada anche se, a dire il vero, il successo dell'omeopatia non fu enorme, restò sempre una pratica per pochi, qualcuno la interpretava come una filosofia di vita ed altri la ridicolizzavano, così erano spesso le vicende storiche a dettare i "tempi" nel successo di questa "nuova medicina". Un'epidemia che mieteva vittime la relegava come "stregoneria" e la cura con successo di malati con malattie gravi per l'epoca (ma che oggi sappiamo possono guarire spontaneamente) la rendevano miracolosa. Il definitivo tramonto di questa nuova idea di cura iniziò con le scoperte scientifiche. I batteri, i virus, i disinfettanti, progressivamente le "intuizioni" di Hahnemann cominciarono a diventare obsolete e chiaramente sbagliate e con l'avvento della medicina moderna si chiuse definitivamente il sipario su quella che fu inizialmente dipinta come una rivoluzione storica. Ma qualcuno avvertì: "vigilate sulla lapide dell'omeopatia o presto il suo cadavere potrebbe riapparire", fu il medico ufficiale del re di Hannover.

Il medico tedesco era ormai anziano e viveva di fama, di lui si parlava nei salotti e tra gli intellettuali e l'omeopatia diventava quasi una filosofia con molti tratti in comune con il vitalismo, corrente di pensiero molto diffusa in quegli anni e che voleva la vita come un insieme di energie e flussi vitali che contribuivano allo sviluppo degli esseri viventi. Non deve stupire, ciò che oggi ci sembra sciocco ed ingenuo era quello che avevano a disposizione i nostri avi, praticamente nulla, pochissime conoscenze, la medicina per prima...ed è proprio curioso come l'uomo che sfruttò la mancanza di medicine per sviluppare una teoria fallimentare morì proprio a causa di quella mancanza e senza utilizzare la medicina che aveva inventato. Una broncopolmonite lo fulminò quando quasi novantenne era ormai vittima di una giovane moglie ed improvvisati allievi che gli facevano girare la città in carrozza vestito sontuosamente per le visite a domicilio come un fenomeno da mostrare in pubblico. Si spense nella sua casa francese nel 1843.

Del suo sogno ottocentesco ed alchimista di curare le malattie con il nulla restano alcune aziende sparse per il mondo che per ovvi motivi commerciali tentano di riportare in auge un'idea preistorica e superata di "medicina". Sono proprio i motivi commerciali che mantengono viva l'omeopatia ai giorni nostri. Analizzandola con metodo scientifico o con semplice rigore logico non vi dovrebbe essere spazio per una pratica che sostiene di curare le malattie con il nulla ma spesso gli interessi economici prevalgono su quelli della ragione.
A livello scientifico la figura di Hahnemann è ricordata come quella di un pioniere della medicina in un'epoca nella quale curare una persona era quasi una magia sovrannaturale, un personaggio per libri di storia quindi e non per niente i libri di medicina, oggi, non parlano più di lui.

Alla prossima.

martedì 4 dicembre 2012

Scienza (c)Attiva: domani seminario al Mario Negri

Domani alle ore 14,00 terrò un seminario dal titolo "Scienza (c)Attiva" sulla percezione della scienza e su quello che interpretano i media, sulle pseudomedicine che spopolano nel web, su come comunicare la scienza e su qualche esempio che ho trattato in questo blog.
Il seminario si terrà all' Istituto Mario Negri, di Milano, prestigioso centro di ricerca farmacologica, gioiello italiano della ricerca. Per questo motivo la mattina sarò impegnato in una visita dell'istituto che spero di poter documentare anche con qualche immagine. L'incontro è pubblico e non credo vi saranno riprese video.

A domani.
L'ingresso dell'istituto

Aggiornamento: la giornata al Mario Negri.
Appena metto in ordine tutti i dati che ho raccolto devo scrivere un articolo su questo istituto di ricerca. L'esperienza è stata bellissima, interessante e costruttiva. L'istituto Mario Negri è da sempre un simbolo di buona ricerca e di investimento sul futuro, sui giovani e sulle capacità dell'ingegno umano e non per niente lì dentro ho incontrato tanti giovani ed uomini che si applicano per darci altre possibilità di cura e salute.
Qui mi limiterò a dare un piccolo resoconto della giornata che ho passato.

Arrivo trafelato in istituto (organizzare la tua giornata sulla puntualità dei treni è una scommessa azzardata) e mi accoglie un Enrico Garattini gentilissimo e pronto a rispondere a tutte le mie curiosità. Volevo capire come funzionasse l'istituto, la sua attività, i mezzi che gli permettono di procedere nel campo della ricerca e sono rimasto sorpreso nel sapere che il Mario Negri è un ente di ricerca privato no profit che dedica tutta la propria attività al pubblico, in tutti i sensi.

Ancora al lavoro...

Al microscopio elettronico
La ricerca del Mario Negri non finisce con un brevetto (e già questo dovrebbe far capire le intenzioni dell'istituto), ogni scoperta è "regalata" alla comunità scientifica ed alla società e buona parte dei contributi ricevuti sono investiti in formazione e crescita professionale. L'istituto è del tutto staccato dall'industria e dallo stato (e dalla politica...), quello che fa è indipendente. Dov'è che si diceva che la ricerca dovrebbe essere indipendente e lontana dalle logiche del profitto? Un'utopia? Beh, in realtà il Mario Negri fa proprio questo.

Ricercatrice al lavoro in laboratorio
Una cosa del genere, all'estero, sarebbe un miracolo di efficienza e prestigio, per cui quando pensiamo alla ricerca in Italia, pur bistrattata, ricordiamoci che esistono situazioni come questa, di assoluto merito e valore scientifico. Proprio riguardo al valore scientifico l'Istituto è ai vertici nel mondo: migliaia di studi scientifici e ricerche all'avanguardia che escono dalle stanze di Milano lo dimostrano.

Risonanza magnetica

Dopo aver passato una mattina a visitare gli uffici dell'istituto, ho conosciuto diversi capi dipartimento (alcuni dei quali li conosceremo nei prossimi giorni perché possono spiegare alcuni degli argomenti che ci interessano, come la sperimentazione animale), ho discusso di come si mantiene l'istituto, delle iniziative sul territorio, insomma, un vero e proprio viaggio all'interno di uno dei più importanti centri di ricerca al mondo. Il Mario Negri si interessa di varie problematiche inerenti la salute. Compie studi nel campo dell'oncologia, delle malattie neurodegenerative, del cardiovascolare ed in quello farmacologico. Si occupa di salute pubblica, terapia del dolore e svolge molte iniziative "sul territorio", con progetti organizzati con i medici di famiglia, i farmacisti e le strutture ospedaliere che collaborano.
L'ora di pranzo era vicina e se non volevo rischiare il collasso durante il seminario ho dovuto mangiare qualcosa (alla mensa dell'istituto). Altre persone conosciute, altri progetti ed iniziative e via, la sala comincia a riempirsi e si inizia con proiezione delle diapositive.

La sala si riempie




L'ho detto all'inizio della relazione: ero sinceramente emozionato. Cosa avevo da "insegnare" al Mario Negri? Il mio lavoro su internet è "sul campo" ma spiegare a persone che passano le loro giornate in laboratorio o tra le statistiche, che ho scoperto un fotomontaggio di un guaritore o come mi sono fatto invitare al congresso mondiale di oncologia cinese sarà utile ed interessante?
Spero di sì.

Una TAC
Così ho parlato per circa 35 minuti spiegando qualche mio risultato, raccontando come sono riuscito a "divulgare" qualche argomento scientifico e medico, non sono mancati i momenti ironici (che uso spesso), soprattutto quando ho illustrato l'ultimo "lavoro scientifico" del prof. Massimo Della Serietà (che presto illustrerò anche qui), come si comunica la scienza, come arrivare alla società partendo dalla ricerca scientifica più complicata e come i media spesso riescono a "distorcere" le conclusioni di uno studio. Poi tante domande, interessanti e stimolanti.
L'argomento che ho trattato è sicuramente insolito rispetto a quelli ai quali sono abituati i ricercatori del Mario Negri nei loro incontri ma credo di aver contribuito a qualcosa, in fondo è dalle loro ricerche che dipende il nostro futuro e sottolineare come sia fondamentale saper "parlare" a chi legge la ricerca credo sia interessante anche per loro.
Finita la relazione ho fatto un altro giro in istituto ed ho parlato con altre persone, capi dipartimento, Enrico Garattini mi ha illustrato le sue ultime ricerche, per esempio quelle relative all'uso di retinoidi nella cura dei tumori mammari in donne che hanno una particolare caratteristica genetica.
Tra le cose che mi hanno colpito di più c'è sicuramente la presenza di giovani. Vedere tanti giovani e giovanissimi ricercatori è incoraggiante e vedere i più "anziani" al loro fianco è emozionante. Un'altra cosa che potrà interessare chi mi segue è che l'istituto è da sempre un baluardo nei confronti delle terapie e delle scelte non scientifiche, contrasta il diffondersi di pseudoscienza e medicina alternativa ed ha preso posizione diverse volte, anche a livello istituzionale, a proposito di questi argomenti. Non è cura della salute pubblica anche questa?

Cosa mi ha lasciato questa esperienza? Un po' di nostalgia del mio periodo universitario e la conoscenza di una realtà forse non notissima nel nostro paese.
L'Istituto Mario Negri vive anche di donazioni e può ricevere il 5 per mille che a tutti noi non costa niente e visto che in questo sito non insisto mai in donazioni o contributi, se questa volta lo faccio è perché ho visto cosa significa lavorare per la salute in maniera seria, efficente, onesta ed organizzata.
Questo è il loro sito e qui la pagina per sapere come effettuare donazioni. Si potranno aiutare dei campi di ricerca che ci interessano personalmente o aiutare in generale i giovani ricercatori o finanziare le borse di studio. Non è una buona idea?

Alla prossima.

lunedì 3 dicembre 2012

Il 70% dei pazienti omeopatici crede nell'omeopatia: ma va?

Il titolo è ironico, ma non per gli omeopati, visto che ricalca il loro "modus operandi" che pur di fare pubblicità alla loro pratica si arrampicano sugli specchi e puntualmente scivolano.
Intanto un avvenimento curioso. Da quando qualcuno ha cominciato a spiegare cos'è l'omeopatia, da un iniziale sguardo di sufficienza, gli omeopati sono passati agli insulti ed agli attacchi isterici (e persino alle minacce, come accaduto a BlogZero), qualcuno li trattava come poveri sfigati, i loro blog erano definiti "blogghetti", "piccoli siti", "fenomeni isolati", un modo per liquidare senza tante contorsioni e minimizzare chi invitava le persone a ragionare.
Qualcosa però deve aver preoccupato gli omeopati (e le multinazionali che producono i rimedi omeopatici) e così anche grandi industrie come la Boiron hanno cominciato a contattare "blogghetti" in maniera mirata, quelli dedicati alle mamme ed ai loro "pensieri" quotidiani e quando l'ho saputo, ho avuto l'impressione che i "blogghetti" qualche fastidio all'omeopatia (alle tasche dell'omeopatia) cominciavano a farlo. Così, in un eccesso di pietà nei confronti dei poveri blogger isolati e disperati che nessuno leggeva, sono state invitate decine di mamme blogger in azienda e queste, con tanto di logo in bella mostra, hanno raccontato la loro "giornata Boiron".
Che bel gesto, naturale e diluito.
Immaginate se domani una delle grandi multinazionali del farmaco invitasse mamme e bambini in azienda facendo vedere le fasi di ricerca e produzione del farmaco, il confezionamento e così via. Cosa si direbbe?
Vergogna! Plagio!! Pubblicità! Inganno!! E se domani pubblicassi un articolo con logo in primo piano ed il titolo "La mia giornata Big Pharma"?

Insomma...la Boiron punta alla pubblicità diretta e lo fa rivolgendosi direttamente ai "blogghetti" che tanto critica con mezzi a dir poco "aggressivi", ricordatevene mamme, quando andate in farmacia. Un altro boomerang, secondo me e, come sempre, un'altra mossa sbagliata dell'industria omeopatica.
Non ne azzeccano una. Compresa la scelta di dipingersi come industria "felice e contenta", che punta tutto sul benessere dei consumatori e dei dipendenti, salvo poi chiudere bottega per risparmiare, lasciando a piedi decine di famiglie, in questo caso la "felicità" è solo dei padroni.

A costo di ripetermi quindi lo riscrivo: se c'è una categoria che prima tra tutte dimostra davvero l'inconsistenza dell'omeopatia è quella degli omeopati.
Non avendo argomenti scientifici da proporre si lanciano in affermazioni trionfalistiche che finiscono per dimostrare, a chi ha un po' di sale in zucca, che si discute del nulla.
L'ultima "sparata" omeopatica si legge proprio nei siti omeopatici, la riporta il dott. Alberto Magnetti, omeopata, che ha una rubrica sull'edizione on line de "La Stampa" e si trova nel sito della Boiron. Si tratta di un sondaggio (loro la chiamano "ricerca" e conoscendo il livello delle ricerche omeopatiche non stupisce) effettuato con un questionario a centinaia di pazienti di medici omeopatici.
Su Lancet? BMJ? Almeno sul Giornale Italiano di Medicina? No, su una rivista di consumatori: "Altroconsumo".
I risultati sono esilaranti, ma gli omeopati buttano tutto nel mucchio, chi vuoi che vada a sindacare...
La Boiron scrive:
"Da questi dati emerge che oltre il 70% dei pazienti si rivolge a un omeopata, il più delle volte seguendo il consiglio di parenti e amici, dopo avere inizialmente affrontato, senza successo, un problema di salute attraverso la medicina convenzionale."
Il titolo della pagina dice "Ecco cosa emerge dall'esperienza dei pazienti che utilizzano i medicinali omeopatici, secondo una ricerca di Altroconsumo". Ma che succede?
Il 70% dei pazienti che utilizzano omeopatia si rivolge all'omeopata? Alla faccia che risultato...che shock...quasi inaspettato. Il dottor Magnetti scrive sul suo blog su "La Stampa":
Dall’inchiesta è emerso che nella maggior parte dei casi (oltre il 70%) ci si rivolge a un omeopata dopo avere inizialmente affrontato il problema attraverso la medicina convenzionale
Potrebbe sembrare che la notizia stoni un po' con i dati più recenti che vogliono l'omeopatia in costante ed importante calo di successo e vendite, invece non stona affatto. La notizia sconvolgente sarebbe che quasi tutti coloro che usano omeopatia vanno dall'omeopata e come lo hanno scoperto? Chiedendo a chi si trovava nello studio di un omeopata!
Si tratta insomma del solito gioco di parole ai quali si appoggiano gli omeopati per darsi pacche sulle spalle e sorridere felici. Un po' come se dicessi: "il 99% dei pazienti che vanno dal medico si affidano alla medicina". Alla faccia della "ricerca".

I questionari sono stati consegnati ai pazienti da medici omeopatici in occasione della loro prima visita (ed un secondo questionario dopo 6 mesi) nel loro ambulatorio. Cioè non si tratta di un questionario consegnato a persone a caso delle quali il 70% va dall'omeopata, ma di domande fatte a chi era già dall'omeopata.

Ah! Le cose cambiano quindi...traduciamo: non è il 70% dei pazienti che si rivolge all'omeopata ma il 70% dei pazienti degli omeopati...va dagli omeopati e di questi la maggioranza ci va su consiglio di amici...umh...ma che fanno, prendono in giro?

Oltretutto, scoprire che i pazienti omeopatici vadano dall'omeopata, cosa c'entra con il successo di questa pratica? Suonerebbe strano il contrario, per esempio che quasi tutti quelli che usano omeopatia vadano dal salumiere per le prescrizioni, non quello che hanno "scoperto" gli omeopati...

Magnetti intitola il suo articolo "Continua ad aumentare il successo dell'omeopatia tra i cittadini europei" ma c'è sicuramente un errore di stampa ed il collega lo correggerà. L'articolo potrebbe intitolarsi: "Continuano ad aumentare i pazienti mandati dagli amici" per esempio, oppure "i pazienti degli omeopati vanno dagli omeopati" ma se vuol essere corretto e preciso dovrebbe scrivere: "il 30% dei pazienti degli omeopati non credono all'omeopatia"...insomma, non si cava un ragno dal buco.
Ma la parte più bella è quella che analizza i risultati (si tratta sempre di un questionario eh? Nessuna pretesa di scienza e questo lo ammette pure il dott. Magnetti) dopo sei mesi di cure.

Aho, è una strage.
Intanto si analizzano solo malattie autolimitanti e passeggere, quasi sempre stagionali, ma i risultati sono devastanti!
Riguardo ai bambini (neretti miei):

Disturbi della pelle: Peggiorato o stabile: 67%; migliorato: 33%
Disturbi respiratori: Peggiorato o stabile: 51%; migliorato: 49%
Disturbi psicologici (nei bambini? ndr.): Peggiorato o stabile: 36%; migliorato: 64%

E sugli adulti:

Disturbi della pelle: Peggiorato o stabile: 54%; migliorato: 46%
Disturbi respiratori: Peggiorato o stabile: 54%; migliorato: 46%
Disturbi psicologici: Peggiorato o stabile: 52%; migliorato: 48%
Esofago/stomaco/intestino: Peggiorato o stabile: 57%; migliorato: 43%
Muscolo-scheletrici: Peggiorato o stabile: 34%; migliorato: 66%
Allergia: Peggiorato o stabile: 37%; migliorato:63%
Stress/ansia: Peggiorato o stabile: 38%; migliorato: 62%

OmeoTafazzi
Non ho incluso i risultati riguardanti disturbi non specificati ed in neretto solo i disturbi che hanno ottenuto un miglioramento più elevato rispetto ai peggioramenti.
Come si vede i risultati sono del tutto casuali ed a dir poco disastrosi, esattamente quello che succede in natura, puoi migliorare o peggiorare ma se non fai nulla rischi di stare peggio. I risultati poi, non sono oggettivi ma "percepiti", quindi molti dei miglioramenti potrebbero pure non essere reali. Un disastro che un medico omeopata non ha esitato a divulgare (la Boiron in quanto azienda si fa semplicemente pubblicità).

I miglioramenti quasi sempre non riescono a raggiungere nemmeno la metà dei casi, cioè, quando con una cura riesci a fare migliorare a stento la metà dei tuoi pazienti, non stai curando quella malattia. Da notare anche che i "malanni" che hanno ottenuto un certo miglioramento sono quelli più condizionabili dal tempo (ansia, allergie, dolori muscolari), ovvero quelli che possono passare anche senza assumere nulla.

Se non è prova di inefficacia questa...e l'hanno pubblicata loro eh? Poi ditemi che gli omeopati non sono autolesionisti...
Chiudo copiando il finale dell'articolo del dott. Magnetti, che commentando questo splendido questionario ha scritto:
questi tipi di valutazione si avvicinano maggiormente a quelli che, secondo me,  rispettano al meglio le caratteristiche dell’approccio omeopatico cioè gli studi osservazionali. Questi ultimi esprimono maggiormente il concetto di effectiveness, cioè quanto un trattamento funziona nella pratica clinica, quindi in modo reale sul territorio, rispetto al concetto di efficacy che misura quanto il trattamento funziona in studi clinici o studi di laboratorio.
Studi osservazionali? Efficacy? Effectiveness?!
Il collega crede che l'"effectiveness" di un trattamento si possa scoprire con un questionario lasciato nello studio di un omeopata, quattro domande e via, abbiamo lo studio osservazionale pronto, una valutazione superficiale  con le domandine di "Altroconsumo", un esperimento alla "volemose bene" insomma...
Siamo a posto...
Il quadro come si vede è desolante. Stiamo parlando di cure, non di estrazioni del lotto. Se nella maggioranza dei disturbi (in pazienti che credono all'omeopatia...) non migliora nemmeno la metà dei pazienti, quale migliore dimostrazione che state somministrando acqua fresca? E gli omeopati per sapere l'"effectiveness" delle loro medicine si basano sui questionari di Altroconsumo, ma complimenti...

Perché gli omeopati non sanno presentare dati seri invece di appoggiarsi ai questionari di "Altroconsumo" che alla fine riescono pure a dargli torto?
Non possono ed a loro non resta che continuare con questo livello di "scienza" autorelegandosi nelle riviste in edicola, accanto agli oroscopi.

Io più che di effectiveness, parlerei di  facciatosteness.

Alla prossima.